Il più grande ospedale di tutta la Striscia, al Shifa, è stato colpito ieri mattina, causando la morte di 13 persone e decine di molte altre, mentre si intensificavano i combattimenti nel centro di Gaza. Sui social è stato diffuso un video – verificato dal New York Times – di un razzo israeliano che colpisce il cortile del complesso ospedaliero dove erano rifugiate centinaia di persone. L’esercito israeliano ha ripetutamente preso di mira al Shifa perché sostiene che l’ospedale sia uno dei quartier generali di Hamas.

Non è un’affermazione delle ultime settimane, già il mese scorso, a guerra appena iniziata, il portavoce dell’Idf Daniel Hagari, aveva detto ai giornalisti che Hamas «esercita il comando e il controllo in diversi reparti dell’ospedale». Il vicesegretario generale della Jihad islamica, Mohamad al-Hindi, ha però smentito queste dichiarazioni.

Al Shifa non è stato l’unico attaccato ieri, il suo direttore ha parlato di una «giornata di guerra contro gli ospedali» e per questo «tragica in ogni senso della parola». Ashraf al Qidra, portavoce del ministero della Sanità retto da Hamas, ha detto che il principale ospedale pediatrico di Gaza, al Nasr, è stato ripetutamente attaccato dall’Idf, impedendo alle ambulanze di raggiungere la struttura ed evacuare i feriti.

Sempre Hamas ha riferito che i carri armati israeliani sono entrati nel complesso dell’ospedale al Rantisi di Gaza City, l’unico per i bambini malati di cancro e situato a circa due chilometri a nord di al Shifa. L’Oms ha provveduto a evacuare 12 bambini malati di cancro e le loro famiglie in Egitto e in Giordania.

Per quanto riguarda l’ospedale di al Quds, già isolato da qualche giorno e a corto di carburante, la Mezzaluna Rossa ha riportato che cecchini israeliani hanno sparato sull’edificio uccidendo una persona e ferendone altre venti. L’idf ha risposto alle accuse dichiarando che «se scorgiamo terroristi di Hamas fare fuoco dagli ospedali li uccidiamo».

Il sud (in)sicuro

Dall’inizio della guerra Israele ordina ai gazawi di sposarsi a sud attraverso il corridoio di Salah al Dini Road, assicurando che si tratta di una zona sicura. Ma più volte l’esercito ha dimostrato che così non è. Ieri è stata attaccata la scuola di al Buraq nel quartiere di al Nasr. Tanti dei migliaia di rifugiati che avevano intrapreso il viaggio erano rifugiati nell’istituto quando è stato bombardato.

Si contano almeno 50 morti. Non solo, secondo al Jazeera, l’esercito ha mirato il corridoio mentre centinaia di rifugiati lo stavano attraversando. I sopravvissuti hanno raccontato di aver visto due missili colpire il centro della strada. «Gli aerei da guerra israeliani hanno sparato contro donne e bambini. I loro corpi sono stati fatti a pezzi, non possiamo nemmeno raccogliere ciò che ne resta».

Il fronte arabo

Nel frattempo la diplomazia araba continua a lavorare. Ieri il leader del Qatar, Emir Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, si è recato in Egitto per per discutere col suo omologo Abdel Fattah al Sisi sulla fine delle violenze nell’enclave e l’aiuto umanitario ai 2,3 milioni di civili. Il Qatar ha affermato che sono stati discussi «sforzi congiunti per fermare l’aggressione contro Gaza, ridurre l’escalation e portare aiuti umanitari urgenti».

In vista del vertice arabo di emergenza previsto oggi in Arabia Saudita in cui verranno discusse «le modalità per fermare l’aggressione israeliana a Gaza», la Lega araba ha già espresso la sua opinione: «Le tregue umanitarie non sono al centro della posizione araba, poiché questa richiede un cessate il fuoco completo.

Per i funzionari statunitensi, riferisce il New York Times, l’esercito israeliano ha poco tempo per portare a termine le sue operazioni a Gaza prima che la rabbia tra gli arabi nella regione e la frustrazione negli Stati Uniti e in altri paesi per il crescente numero di vittime civili limitino l’obiettivo di Israele di sradicare Hamas. Ieri un missile anticarro libanese ha gravemente ferito tre soldati israeliani e un secondo ha colpito altri due militari, suscitando la reazione dell’artiglieria israeliana.

Pazienza limitata

L’amministrazione Biden sta intensificando la pressione sul premier Netanyahu affinché faccia di più per limitare i danni ai civili. «Troppi palestinesi sono stati uccisi. Vogliamo fare tutto il possibile per prevenire i danni e massimizzare l’assistenza che arriva ai civili» ha detto Blinken durante un punto stampa a Nuova Delhi.

Intanto, si discute ancora del numero dei morti gazawi diffuso da Hamas e non ritenuto affidabile dal presidente degli Stati Uniti Biden.

Alla commissione per le relazioni estere della Camera dei rappresentanti, il vicesegretario di Stato americano per gli affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf, ha detto che «è difficile capire quante siano davvero le vittime, fino a che non saranno cessate le ostilità», ma pensa che il numero «sia molto alto, forse anche più di quello riferito» .

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