Mentre rullano i tamburi di guerra nel Donbass con centinaia di violazioni e incursioni, la Bielorussia annuncia che le truppe russe resteranno indefinitamente nel suo territorio, Emmanuel Macron concorda con il Cremlino un vertice a tre Mosca, Kiev e Osce per oggi, la Casa Bianca fa sapere ancora una volta che «Mosca potrebbe attaccare in qualsiasi momento».

«Crediamo che Putin abbia preso la sua decisione», ha ribadito la vicepresidente Usa, Kamala Harris, durante un colloquio con la stampa sulla conferenza sulla Sicurezza di Monaco, riferendosi all’invasione dell’Ucraina. Secondo Harris, l’Europa è sull'orlo di una possibile «guerra».

«Speriamo ancora che si possa percorrere un percorso diplomatico» per uscire dalla crisi ucraina, ma la finestra per raggiungere questa soluzione «si sta restringendo».

La Russia, assente alla conferenza di Monaco, ha replicato alle accuse: «Noi non abbiamo mai attaccato nessuno».

Anche Londra è pessimista. La Russia sta pianificando «la più grande guerra in Europa dal 1945» e le prove raccolte dall’intelligence confermano questa previsione.

Lo ha affermato il premier britannico, Boris Johnson, in un'intervista alla Bbc a margine della Conferenza di Monaco. Secondo il premier britannico, «il piano di invasione» russo «è già iniziato». «Temo che il piano che stiamo vedendo è qualcosa che potrebbe essere davvero la più grande guerra in Europa dal 1945», ha rimarcato Johnson.

Draghi a Mosca

Il presidente francese Macron ha avuto una telefonata durata due ore con Putin e i due si sono trovati d’accordo nell’avviare lunedì una trattativa nel formato a tre, Mosca, Kiev e Osce.

Al Cremlino, dopo Parigi e Berlino sembra essere il turno di Roma. Dopo la videoconferenza di venerdì sera tra il presidente Usa, Biden e i leader dei Paesi alleati di Nato e Ue (tra cui Italia, Canada, Francia, Germania, Regno Unito), ora l’attenzione degli analisti è concentrata sull’incontro tra il premier Mario Draghi e il presidente Putin.

Draghi dovrebbe recarsi a Mosca la prossima settimana. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha dichiarato due giorni or sono che la visita del premier italiano a Mosca non è stata ancora definita ma che sono stati avviati i necessari contatti diplomatici.

Il presidente del Consiglio ha rivelato che una data ancora non c’è, «ma dovrebbe essere a breve». Inoltre, Draghi ha raffermato che «il colloquio è stato chiesto da Putin e che l'atteggiamento dell’Italia e degli altri, è l’unità della Nato», ribadendo che «l’ambizione è portare tutti allo stesso tavolo», sia Mosca che Kiev.

Alcuni osservatori russi pensano che Putin potrebbe pianificare di seguire in Ucraina le operazioni della campagna Nato del 1999 contro la Jugoslavia in Kosovo. Alcuni segnali sembrano confermarlo: l’uso da parte di Putin della parola “genocidio” e la creazione di una “crisi dei rifugiati” spostando i cittadini del Donbas in Russia.

L’ombra russa in Europa 

Il Cremlino ha varie opzioni al suo arco per condizionare i suoi vicini: può decidere di attaccare l’Ucraina, ma provocherebbe una guerra devastante e sanzioni pesantissime; può invadere solo alcuni territori di confine abitati da minoranze russofone ed annetterle; ed infine può semplicemente mantenere le truppe ai confini come monito.

Se Putin decidesse di non invadere il territorio ucraino come invece fece nel 2008 in Georgia, comunque riuscirebbe ad influenzare il governo di Kiev con la sua minacciosa presenza ai confini.

Basta guardare le dinamiche politiche nell’est Europa: dalla Serbia, alla Macedonia del Nord, dalla Romania all’Ungheria, dalla Moldavia in Transnistria e infine all’Ucraina, la politica interna nell’Europa orientale non è una dialettica tra destra e sinistra, come avviene da due secoli nell’Europa occidentale, ma spesso si risolve in uno scontro tra formazioni pro e anti-Russia.

Con relative accuse tra i due partiti in lizza di ricevere finanziamenti russi o cyber aiuti sui social attraverso i troll gestiti, secondo le accuse, nell’ombra dal Cremlino.

L’Ibizagate a Vienna

L’influenza russa ha colpito non solo l’est Europa ma anche la neutrale Austria. Recentemente uno degli ultimi governi austriaci, formato da destra estrema e popolari, è saltato dopo lo scandalo detto “Ibizagate”, quando Heinz-Christian Strache (ex vicecancelliere e segretario dell’Fpö), fu costretto alle dimissioni dopo le rivelazioni dello Spigel e della Suddeutsche Zeitung, che pubblicarono un video dove una attrice che dichiarava di essere la nipote di un fantomatico oligarca russo prometteva di fornire all’Fpö finanziamenti e l'appoggio di alcuni media austriaci, in cambio di appalti e di favorire gli interessi russi in Austria. Un caso di scuola.

Di certo Washington, che si è concentrata negli ultimi anni solo sulla deterrenza, deve cambiare passo, gestire risposte dirette e indirette all’aggressione russa e tornare ad alimentare l’azione diplomatica in Europa orientale. La storia non è finita per le liberal-democrazie, dopo la caduta del muro di Berlino.

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