«Il cellulare squillava continuamente, quel giorno sembrava interminabile» dice Corinne Vella ricordando l’assassinio di sua sorella Daphne Caruana Galizia avvenuto il 16 ottobre del 2017. Una data, per Malta, tra le più significative della sua storia contemporanea. Quell’omicidio scioccò un intero paese, danneggiò una famiglia e portò, qualche anno più tardi, alla caduta di una parte di una classe dirigente che godeva di enorme potere e consenso.

I killer di Daphne Caruana Galizia ora si trovano in carcere, l’hanno uccisa facendola saltare con quattrocento chili di tritolo piazzati sulla sua Peugeot 108. Daphne Caruana Galizia era considerata una delle giornaliste d’inchiesta più esperte dell’Isola, in grado di spostare e influenzare l’opinione pubblica grazie ai suoi articoli e alle sue indagini, tra queste rientrano i lavori sui Panama Papers che hanno riguardato esponenti politici locali di spicco. Più volte, infatti, aveva denunciato presunte tangenti ottenute da esponenti del governo laburista per la realizzazione di macro progetti energetici.

«Daphne ha esposto una storia di corruzione dopo l’altra e nessuno del governo si dimise, nessuno fu mai arrestato o perseguito» dice Corinne Vella. Racconta che l’impunità degli uomini al governo ha portato alla creazione di un clima ostile nei confronti della 53enne giornalista maltese. «C’era una campagna di propaganda che la prendeva direttamente di mira» dice. Ma non è solo la rabbia e lo sgomento ancora vivo dopo quattro anni di distanza che parlano per lei. Lo scorso 29 luglio, tre giudici maltesi (Michael Mallia, Joseph Said Pullicino e Abigail Lofaro) hanno pubblicato un’inchiesta indipendente di 437 pagine commissionata dallo stato per far luce sull’assassinio della giornalista maltese. Il risultato del loro lavoro non ha equivoci: il governo laburista di allora, capeggiato da Joseph Muscat nella figura di primo ministro, ha creato un clima che ha portato all’indebolimento della democrazia nell’Isola. «Si è creata un’atmosfera di impunità, generata dalle più alte sfere dell’amministrazione all’interno della Castiglia, i cui tentacoli si sono poi estesi ad altre istituzioni, come la polizia e le autorità di regolamentazione, portando a un crollo dello stato di diritto» si legge nel documento.

I procedimenti penali

Il rapporto non arriva a fare i nomi dei mandanti politici dell’omicidio sul quale invece sono in corso tre procedimenti penali diversi che viaggiano su linee parallele. Il primo è quello sui killer e vede imputati i fratelli George e Alfred Degiorgio e Vince Muscat, quest’ultimo ha deciso di confessare lo scorso febbraio in cambio di una riduzione della pena. È stato lui a dichiarare alla polizia maltese che l’omicidio inizialmente prevedeva un’esecuzione con armi di precisione, un piano poi andato fallito per alcuni difetti dell’arsenale. Da qui la decisione di utilizzare uno dei metodi mafiosi più conosciuti durante gli anni dello stragismo per far fuori investigatori e magistrati: la bomba.

Il secondo procedimento è quello che prova a far luce sui mandanti, per ora le accuse si sono rivolte verso Yorgen Fenech, uno dei business man più influenti dell’Isola che nell’autunno del 2019 è stato arrestato mentre cercava di scappare a bordo del suo yatch. Secondo le inchieste di Daphne Caruana Galizia, Fenech era a capo dell’azienda 17Black una società offshore con sede a Dubai che sarebbe stato il mezzo attraverso il quale il magnate maltese versava presunte tangenti a due società offshore di Panama di proprietà di Keith Schembri e Konrad Mizzi, all’epoca rispettivamente capo di gabinetto e ministro del Turismo del governo di Joseph Muscat.

Il terzo procedimento, invece, vede incriminati Robert Agius e Jamie Vella accusati di aver fornito l’esplosivo. Il primo è legato a un gruppo noto della malavita maltese, mentre Vella è uno dei suoi più stretti collaboratori e il suo nome compare anche in alcune indagini degli investigatori italiani in cui è coinvolto il clan Santapaola di Catania. Ma per questa vicenda non è mai stato iscritto nel registro degli indagati.

Sono procedimenti penali complessi che al loro termine marcheranno un prima e un dopo nella piccola Isola, ma quello che Corinne Vella tiene a sottolineare è che «finora nessuno è stato perseguito per la corruzione politica che Daphne ha denunciato». Il suo lavoro le ha portato premi e riconoscimenti in tutta Europa e lo stesso Parlamento Europeo ha dato vita a un premio giornalistico in suo onore, la cui prima edizione è stata consegnata ai giornalisti che hanno lavorato all’inchiesta Pegasus.

Gli attestati di stima di cui gode oggi Daphne Caruana Galizia hanno un valore significativo per i suoi famigliari: «È importante vedere Daphne commemorata, perché si oppone al tentativo feroce di metterla a tacere e di uccidere la sua memoria, ma è triste che lei non sia qui per vedere i suoi frutti».

L’eredità

La vicenda di Daphne Caruana Galizia ha scosso la società civile maltese che da anni organizza eventi e manifestazioni per chiedere giustizia e fare luce sui mandanti politici del suo assassinio. Per continuare le sue inchieste iniziate e mai portate a termine i famigliari hanno dato vita alla Daphne Caruana Galizia Foundation, un’organizzazione che ha anche lo scopo di promuovere un ambiente favorevole al giornalismo e incoraggiare una cultura per l'interesse pubblico che possa portare al rafforzamento della democrazia di Malta. Proprio per questo all’inizio dell’anno la fondazione ha lanciato il Malta investigation journalism centre (Mijc), una piattaforma che tutela il giornalismo indipendente, con la pubblicazione dei Passport Papers, un’inchiesta congiunta insieme ad altri media tra cui anche il Guardian sul business delle consegne dei passaporti passaporti maltesi, e quindi europei, a cittadini stranieri.

A difesa della libertà di stampa

Dal 2019 a oggi Malta continua a discendere la classifica del World Press Freedom Index, l’indicatore che misura la libertà di stampa in 180 paesi, scendendo dalla 77esima posizione all’81esima. Secondo Corinne è un dato che evidenzia come «i problemi che hanno preceduto l’omicidio di Daphne non sono stati risolti e sono aggravati dalle pressioni economiche che, a loro volta, rendono i media vulnerabili alle pressioni politiche». Proprio per questo è necessario dare vita alle raccomandazioni chieste dal rapporto pubblicato a luglio in cui i giudici hanno sollecitato al governo guidato da Robert Abela, l’avvocato laburista subentrato a Joseph Muscat nel gennaio del 2020, la necessità di approvare riforme per tutelare non solo la libertà di stampa ma per inserire nuovi criteri di trasparenza nei legami che intercorrono tra il mondo politico e imprenditoriale. «È necessario – dice Corinne Vella – affinché nessun giornalista venga mai più ucciso».

© Riproduzione riservata