Posizione comune dei paesi arabi al summit nel Qatar: previste azioni di deterrenza e un meccanismo congiunto di difesa. A Tel Aviv il segretario di Stato Usa ribadisce il sostegno americano a Netanyahu. A gaza cambio di strategia di Hamas: tutti gli ostaggi fuori dai tunnel per fare da scudo ai raid dell’idf
Il bombardamento su Doha contro Hamas dell’Idf ha scatenato una reazione unitaria tra i leader arabi che non si vedeva da tempo. Almeno questo è quello che emerge dal vertice convocato ieri dal Qatar con l’obiettivo di elaborare una risposta non solo per far pagare a Israele l’aggressione di settimana scorsa, ma anche per evitare che vengano eseguiti altri raid in paesi che finora non sono stati colpiti come, per esempio, l’Egitto.
I leader arabi si sono riuniti attorno a un avversario politico comune che sta mettendo in discussione gli equilibri consolidati negli ultimi venti anni, spesso da lui stesso innescati, ed è Benjamin Netanyahu. In quello che hanno definito un «evento storico» i leader hanno chiesto di attivare il «meccanismo di difesa congiunto e rafforzare le capacità di deterrenza».
Isolamento internazionale
Ieri il premier israeliano si è assunto la «piena responsabilità» dell’attacco su Doha, aggiungendo che non c’è sovranità che non possa essere violata per chi ospita i terroristi. Netanyahu ha ribadito di aver agito proprio come gli Stati Uniti fecero dopo gli attentati dell’11 settembre. Una giustificazione che non basta non solo ai leader arabi ma anche ai famigliari degli ostaggi ora che i loro cari nella Striscia sono più vulnerabili al fuoco di Israele. Per fermare la distruzione di Gaza City e l’uccisione di decine di civili ogni giorno, Hamas ha infatti cambiato strategia. Secondo quanto riportano diversi media, gli ostaggi sarebbero stati portati fuori dai tunnel e ora si troverebbero in case e tende nella città sotto assedio.
Per la prima volta – dopo aver ricordato l’attivista Charlie Kirk annunciando che anche lui stesso è minacciato – Netanyahu ha ammesso che Israele è sempre più isolato a livello diplomatico.
«Incontreremo alcune barriere nel commercio globale, viviamo in un mondo molto difficile. Potremmo trovarci in una situazione in cui le nostre industrie della difesa saranno bloccate», ha spiegato alla nazione. E ha aggiunto: «Almeno nei prossimi anni, dovremo affrontare questi tentativi di isolamento. Ciò che ha funzionato finora non funzionerà più d’ora in poi». Dopo l’embargo annunciato dal premier spagnolo Pedro Sanchez ora si temono misure simili da parte di altri paesi europei oltre che dagli arabi.
Il risveglio arabo
Sono lontani i tempi delle sanzioni economiche dei paesi del Golfo contro il Qatar, o il gelo nelle relazioni tra gli stati che hanno firmato gli accordi di Abramo con Israele e chi invece si rifiutava di avere alcun tipo di rapporto diplomatico con Tel Aviv. Ci voleva un attacco al mondo arabo “ricco" per risvegliare il cane che dorme. Al vertice di Doha – a cui era presente anche il ministro degli Esteri iraniano – tutti i leader hanno lanciato dichiarazioni di fuoco.
Primo fra tutti il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi che teme l’allargamento del conflitto nel suo territorio. «Vorrei essere chiaro: questa belligeranza riflette chiaramente che le pratiche israeliane sono andate oltre la logica diplomatica e militare. Hanno oltrepassato ogni limite», ha detto ieri il generale chiedendo «una visione condivisa per la sicurezza e la cooperazione regionale». Secondo il presidente egiziano, l’attacco d’Israele al Qatar «blocca ogni possibilità di nuovi accordi di pace e persino danneggia gli accordi di pace esistenti con i paesi della regione».
Il re della Giordania Abdullah II ha chiesto invece una risposta «chiara, decisa e, soprattutto, deterrente». Il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit ha definito Israele uno «stato canaglia». L’Iraq, invece, ha chiesto un’alleanza sulla sicurezza in stile Nato, idea a cui starebbe pensando anche il Cairo.
Nella bozza del documento finale adottato dai leader il messaggio è netto: «Il brutale attacco israeliano in Qatar e la prosecuzione delle azioni ostili di Israele minacciano le prospettive di pace e convivenza nella regione e mettono in pericolo tutto ciò che è stato raggiunto lungo il percorso di normalizzazione dei rapporti con Israele, inclusi gli accordi attuali e quelli futuri». Il dialogo, per il momento è in standby così come anche l’eventuale allargamento degli Accordi di Abramo, di cui ieri Rubio ha celebrato il quinto anniversario. Netanyahu «sogna che la regione araba diventi una sfera di influenza israeliana» ma è «una pericolosa illusione» ha detto il primo ministro del Qatar.
A cercare di calmare le acque ci ha pensato il Segretario di stato Usa Marco Rubio. In visita in Israele ha detto che Washington continua a sostenere il «ruolo costruttivo» del Qatar ma al tempo stesso ha ribadito il «sostegno incrollabile» alle strategie di Tel Aviv su Gaza.
L’obiettivo della visita di Rubio era anche quello di pensare a contromisure contro il riconoscimento di uno stato palestinese da parte dei paesi occidentali. Secondo l’emissario di Trump gli annunci di Francia e Regno Unito sono puramente simboliche e non hanno alcun effetto se non quello di «incoraggiare Hamas». Oggi Rubio è atteso a Doha, dove avrà incontri di primo piano con la leadership qatarina con l’intento di calmare le tensioni e non farsi sfuggire il suo alleato principale.
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