Il Canada valuta di rivedere le sue relazioni con Tel Aviv. Il gelo dell’Arabia Saudita. Mistero sull’identità dei miliziani di Hamas uccisi. Il Qatar prepara azioni legali
Un raid che rischia di stravolgere gli equilibri geopolitici in Medio Oriente ma dalla portata ancora incerta. A 24 ore dall’attacco aereo dell’aviazione israeliana a Doha contro l’edificio che ospitava i vertici politici di Hamas non è ancora chiaro quali leader siano stati uccisi. Il gruppo ha annunciato cinque morti, sarebbero membri di secondo piano dell’organizzazione.
L’obiettivo dichiarato del bombardamento, il capo negoziatore Khalil al-Hayya, sarebbe sopravvissuto. Secondo il presidente israeliano Isaac Herzog, era nel mirino perché era uno degli ideatori del 7 ottobre e ostacolava il raggiungimento di un accordo per la tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi. Ma ad agosto Hamas aveva già dato l’ok all’ultima proposta dei mediatori che prevedeva il rilascio dei prigionieri israeliani in più fasi. Una bozza che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha rifiutato anche solo di discutere, creando malumore tra l’Idf e l’esecutivo. E ha detto di aver agito come fecero gli Usa dopo l’11 settembre.
Unione di intenti
Dopo i raid in Libano, Siria, Iran, Yemen e ora Qatar le certezze di prosperità e sicurezza suggellate anche dagli accordi di Abramo firmati nel 2020 non ci sono più. E un primo effetto dell’attacco israeliano è quello di aver portato sullo stesso tavolo i leader del Golfo. A Doha hanno fatto visita il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, e il principe giordano Hussein bin Abdullah II. Israele è sempre più isolato: l’Ue pensa a sanzioni contro Tel Aviv e il Canada valuta di rivedere le sue relazioni con lo Stato ebraico.
La tensione è massima. Parlando al Consiglio della Shura saudita, bin Salman ha chiesto alla comunità internazionale di agire per contrastare «l’aggressione israeliana», ha respinto il raid a Doha e ha ribadito che «Gaza è territorio palestinese e i diritti del suo popolo sono inalienabili e non possono essere violati da alcuna aggressione». Un’escalation militare nella regione è ancora lontana, nessun paese è interessato a uno scontro armato che metterebbe in discussione gli ultimi vent’anni di relazioni internazionali. Gli interessi economici con Israele e con gli Stati Uniti sono preponderanti. Un conflitto armato esteso non giova a nessuno. E per ora il Qatar segue la via della “giustizia”.
Il premier e ministro degli Esteri, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, ha annunciato che una squadra di legali è stata incaricata di intraprendere azioni legali. «Netanyahu sta conducendo la regione verso un punto di non ritorno e serve una risposta unitaria alla sua barbarie. Non si può chiudere un occhio sulle azioni di Israele, occorre adottare tutte le misure», ha detto al Thani. «La storia registrerà questo episodio e le leggi e consultazioni internazionali dovranno tenerne conto», ha aggiunto.
Per tutelare le relazioni con Washington l’emiro ha detto di aver ricevuto la chiamata di Donald Trump dopo l’attacco e che «l'operazione non è stata coordinata con gli Stati Uniti».
Dalla Casa Bianca non ci sono dichiarazioni di condanna nei confronti del suo alleato fedele. «Il presidente ha detto chiaramente di non essere contento», si è limitato a dire il vicepresidente Usa JD Vance, il quale ha aggiunto che «l'unica cosa positiva è che sembra che (Israele) abbia probabilmente eliminato un paio di cattivi di Hamas».
Anche gli Stati Uniti usano il condizionale sull’efficacia del raid che ha creato di fatto una rottura diplomatica che ora devono risanare per tutelare i propri interessi nell’area. Ma i leader politici dello Stato ebraico non hanno intenzione di fermarsi. Israele «agirà contro i suoi nemici ovunque, non c'è posto dove nascondersi», ha detto il ministro della Difesa, Israel Katz. Ci sono altri paesi che ora tremano: Egitto e Turchia fra tutti. Per oggi è attesa una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Si sarebbe dovuta tenere ma è stata rinviata per far partecipare il premier.
Gli altri fronti
Mentre la comunità internazionale condanna Israele, lo ha fatto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella («inaccettabile che si violi la sovranità di un paese»), l’Idf prosegue la sua guerra. In giornata è stato nuovamente colpito lo Yemen con dieci aerei che hanno sganciato bombe anche nella capitale Sana’a. Secondo il ministero della Salute degli Houthi sono 9 le persone morte e 118 quelle rimaste ferite. Anche a Gaza prosegue l’offensiva. E altri 50 palestinesi sono stati uccisi. Confermano la media di una carneficina che va avanti da settimane.
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