- L’esecutivo guidato da Draghi ha aumentato gli investimenti negli scenari fondamentali per il nostro paese, ma l’efficacia del nostro apparato militare è pregiudicata da problemi cronici che richiedono interventi radicali.
- Si tratta della questione del personale, troppo anziano, della sproporzione dei fondi, troppo sbilanciati verso la componente stipendiale, a scapito dell’addestramento, e di un impiego dello strumento militare spesso troppo sbilanciato verso la dimensione domestica.
- Questo testo fa parte del nuovo numero di Scenari: “Cosa resterà della politica estera di Draghi”, in edicola e in digitale dal 23 settembre.
L’esecutivo guidato da Mario Draghi ha dovuto affrontare numerosi episodi che hanno riguardato in maniera molto stretta la dimensione della difesa, tra i quali il ritiro frettoloso della Nato e degli Usa dall’Afghanistan e l’offensiva russa in Ucraina. Se il primo evento è stato letto dagli europei come un invito a dotarsi di una difesa più significativa, il secondo ha conferito una nuova centralità alla garanzia militare della Nato sul continente europeo. Qual è stata la reazione dell’esecut



