Cinque primi ministri, una uscita dall’Unione europea e un partito ridotto a brandelli. È il bilancio degli ultimi 13 anni (quasi 14) in cui i conservatori hanno governato il Regno Unito ininterrottamente. La maggioranza della popolazione britannica sembra convinta a cambiare, con il Labour pronto a «riprendersi il futuro della Gran Bretagna».

Lo slogan scelto dal partito di Keir Starmer è una risposta a quello usato dai brexiteers più convinti, il «Take back control» che aveva convinto la popolazione britannica – soprattutto quella inglese – a optare per l’uscita dall’Unione europea.

Stavolta, però, l’Europa c’entra poco. Perché se è vero che il leader dei laburisti Starmer ha promesso di ripensare (e migliorare) il rapporto tra Londra e Bruxelles in caso di vittoria alle elezioni, è chiaro che la partita alle urne nei prossimi mesi riguarda più che altro la credibilità politica all’interno del Regno Unito, a prescindere dal suo legame con l’Ue.

Dopo gli ultimi anni di straordinario caos a Downing street, la sensazione è che i britannici, stanchi di un partito conservatore logorato da troppi anni al potere, desiderino un cambiamento che possa garantire stabilità.

I sondaggi e la data delle elezioni

I sondaggi da più di un anno sono inequivocabili: il distacco tra i laburisti e i conservatori, infatti, a seconda degli istituti di rilevazione va dai 15 ai 25 punti percentuali. Con il partito di centrosinistra che, con picchi del 42 per cento nelle indagini di voto, avrebbe una maggioranza solida a Westminster.

In tutto questo non c’è ancora un appuntamento certo per le elezioni. Il parlamento – se non sciolto prima – cesserà le sue funzioni il 17 dicembre 2024, a quel punto la chiamata alle urne deve avvenire entro 25 giorni. La data ultima, quindi, per la tornata elettorale è a gennaio 2025, ma re Carlo III su richiesta del primo ministro può chiudere prima Westminster.

Rishi Sunak, infatti, ha confermato che le urne saranno aperte nel 2024, con il premier che proverà a sfruttare possibili momenti favorevoli ai Tories, quantomeno per arginare le proporzioni della sconfitta.

La primavera o l’autunno del prossimo anno sono le due opzioni verosimili, e trovare il giusto giovedì – giorno tradizionale dedicato al voto nel Regno Unito – potrebbe far la differenza per la conformazione del prossimo parlamento. Tuttavia, il voto anticipato potrebbe essere anche una scelta obbligata per il premier, in caso di una sconfitta della maggioranza a Westminster.

I laburisti verso il potere

A veleggiare verso la guida del paese è quindi Starmer, il segretario del Labour eletto nel 2020, a seguito della pesante sconfitta di Jeremy Corbyn nelle urne nel 2019, per imprimere una svolta al partito. Per Starmer non è stato facile, ma in questi quattro anni di opposizione è stato capace di sfruttare le debolezze dei Tories e di crescere personalmente sotto il profilo dell’autorevolezza.

Difatti, nonostante sia stato eletto con più del 56 per cento dei voti alle primarie dei laburisti, il 61enne avvocato dei diritti umani è stato considerato per molto tempo un politico senza il necessario carisma per fronteggiare la leadership di una personalità come quella che aveva di fronte ai tempi, Boris Johnson. Ma quattro anni di opposizione, di cui quasi due passati a prepararsi per governare, sono serviti a Starmer per crescere e per plasmare il partito secondo la sua visione.

Il leader ha infatti archiviato la stagione corbynista, con più ombre che luci, e riportato su posizioni centriste il Labour. Uno stravolgimento che Starmer ha orgogliosamente rivendicato negli ultimi mesi, promettendo di cambiare il paese così come ha cambiato il partito. E per farlo ha scelto una strategia chiara: strappare quei voti moderati, finiti ai conservatori negli ultimi anni, con promesse concrete su immigrazione, sanità e soprattutto sull’economia.

Starmer ragiona già come premier, incontrando i leader europei, promettendo cambi di marcia con i paesi dell’Unione in settori come la difesa e il commercio. L’unico intoppo nel suo percorso verso Downing Street potrebbe essere la recente crisi in Medio Oriente che ha fatto risorgere alcune divisioni all’interno del partito.

Dopo il 7 ottobre, con un forte sostegno a Israele, Starmer ha allontanato il labour dalle accuse di antisemitismo derivanti dalla gestione Corbyn. Ma la sua posizione ha trovato il malcontento degli esponenti del partito più vicini alla causa palestinese, così come degli elettori laburisti musulmani. Non sono mancati voti ribelli, dimissioni di dirigenti locali e di figure del governo ombra per la contrarietà di Starmer a invocare un cessate il fuoco a Gaza.

Richiamando l’unità del partito, Starmer dovrà rimanere in equilibrio tra la sua linea filo israeliana e la fronda interna filo palestinese, per non rischiare di perdere il vantaggio accumulato in questi anni.

Le sorti del partito conservatore

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Sunak, invece, sta provando a tenere uniti i Tories e a convincere il proprio elettorato che non tutto è perduto. Delle due missioni è difficile capire quale sia la più complicata: il partito conservatore, infatti, sembra ormai irrimediabilmente straziato dai troppi anni al potere, dalle congiure interne, dalle dimissioni, dai cambi al vertice e dalle recenti sconfitte alle suppletive.

Rishi Sunak è entrato a Downing Street nell’ottobre del 2022 dopo la breve e sfortunata parentesi di Liz Truss. Prima di lei, l’amato e odiato Boris Johnson, una figura ancora oggi ingombrante all’interno del partito. Caduti per motivi diversi - BoJo per gli scandali, Truss per avventate riforme economiche - entrambi i leader sono finiti nel mirino dei ribelli Tories con le loro lettere di sfiducia.

Una sorte che rischia anche l’attuale premier: Sunak ha infatti superato il primo test alla Camera dei comuni con la nuova legge sull’immigrazione e sul piano Ruanda, ma la frangia radicale del partito ritiene il provvedimento insufficiente e ha minacciato di votare contro il governo nelle prossime votazioni se non verranno approvati emendamenti. Se dovesse essere bocciata la discussa legge, per Sunak si farebbe dura.

Anche perché se i laburisti si preparano a governare, c’è chi tra i conservatori si prepara già a diventare forza di opposizione. La lotta per la leadership è aperta: Sunak in caso di tracollo alle elezioni farebbe fatica a mantenere la guida del partito, con l’ex Home Secretary Suella Braverman – esponente dell’ala destra sempre più influente nel partito – pronta a rivendicare un ruolo di primo piano. Una competizione interna che con l’avvicinarsi delle elezioni sarà sempre più accesa.

I libdem e il vecchio partito di Farage

Non sono solo i laburisti di Starmer a cercare i voti perduti dai Tories. Sulle spoglie del partito conservatore, infatti, vogliono banchettare in molti, da destra a sinistra. Dopo alcune elezioni suppletive in cui hanno raggiunto discreti successi, i liberal democratici ora aspirano a un risultato importante alle urne.

Non si vuole dire troppo ad alta voce, viste le grandi aspettative deluse nelle elezioni degli ultimi anni, ma il proposito per i libdem è diventare il terzo partito a Westminster, superando lo Scottish national party. Raddoppiare i 15 seggi attuali potrebbe essere un obiettivo verosimile, in modo da poter avere maggiore voce in capitolo nella prossima legislatura.

E per farlo puntano a far bene a scapito dei conservatori, cercando di far leva su quei moderati disillusi dai Tories che non vogliono astenersi o dare il proprio voto ai laburisti. Il partito liberal democratico vuole concentrarsi soprattutto su quei seggi in cui possono presentarsi come principale forza contro il candidato conservatore, quelli in cui i laburisti hanno meno presa, in particolare nello storico “Blue Wall” nel sud dell’Inghilterra.

Se al centro sono stretti da laburisti e libdem, a destra i Tories sono incalzati da Reform Uk. Il partito, creato ai tempi da Nigel Farage con il nome di Brexit Party, ha registrato un balzo non indifferente nei sondaggi tanto che a metà dicembre, secondo YouGov, è addirittura all’11 per cento.

Reform Uk, da partito populista di destra anti sistema che dopo la Brexit si è impegnato contro le restrizioni nella pandemia del Covid, ora punta sulla linea dura contro l’immigrazione e contro l’ambientalismo. E rispetto all’ultima volta, Reform ha promesso di presentare un proprio candidato anche nelle roccaforti Tories. Sunak è avvisato. La campagna elettorale è già iniziata.

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