L’accordo di pace in Etiopia del novembre 2022 è minacciato dalla prosecuzione della disputa sui confini regionali tra tigrini e amhara. Dopo una guerra che ha provocato più di 600.000 morti (per fare un confronto, la stima delle vittime in Ucraina è di circa la metà), l’intero paese rimane sull’orlo del conflitto etnico.

Il patto stipulato tra il governo federale di Addis Abeba e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) ha lasciato irrisolte molte controversie territoriali: più di un milione di tigrini etnici sono fuggiti dalle terre di Alamata, Raya, Welkait e Humera considerate da Macallè come “Tigray occidentale”, mentre gli amhara, che ne hanno ora il controllo, sostengono che si tratti della loro regione.

La polemica su questi territori non è nuova. Nei 27 anni di governo di Meles Zenawi e del Tplf, erano stati annessi al Tigray. Con il recente conflitto sono passati sotto il controllo delle milizie amhara Fano e delle forze armate regionali. Il governo amhara insiste sul legame ancestrale con le aree contese. Esiste anche un tema di sfollati interni: alcune associazioni dei diritti umani affermano che i tigrini sono stati espulsi con la forza e contro la loro volontà.

Il governo del premier Abiy Ahmed ha proposto un referendum ma gli amhara si oppongono. Anche se fosse indetto rimarrebbe il problema di stabilire chi ha il diritto di voto. Molti temono – anche diverse ambasciate occidentali – che la lentezza nel risolvere la controversia territoriale possa gettare l’Etiopia in una nuova fase di guerra civile.

Il governo regionale del Tigray ha fatto appello all'Unione africana per forzare il ritiro delle forze amhara soprattutto dal Welkait. Le ultime settimane hanno visto numerose proteste nelle aree reclamate, con appelli rivolti sia alle autorità federali che alla comunità internazionale per stabilire i confini interni del paese una volta per tutte.

Il mese scorso l'ambasciata degli Stati Uniti ha inviato una delegazione ad Alamata, occupata dalle milizie amhara, nel Tigray meridionale, provocando l’ira del governo tigrino che ha accusato gli Usa di avallare l’occupazione amhara. Si tratta di una situazione paradossale dal momento che Washington è sempre stata considerata più vicina a Macallè.

Ognuna delle due parti accusa l’altra di propositi genocidari, con un lungo macabro elenco di massacri. A complicare la disputa c’è anche il coinvolgimento eritreo: Asmara teme ogni rafforzamento tigrino, considerato una minaccia. Durante la guerra gli eritrei hanno appoggiato militarmente il governo federale risultando decisivi per la sconfitta tigrina. Ma oggi Asmara sostiene le rivendicazioni amhara e qualcuno sostiene che sarebbe disposta a un nuovo intervento, questa volta contro Addis Abeba. La controversia è ulteriormente esacerbata dalla diatriba sulla costituzione etiopica adottata nel 1995. Secondo quest’ultima le aree rivendicate apparterrebbero al Tigray ma gli amhara non riconoscono più quel testo, promulgato quando il Tplf era ancora al potere, e sostengono che l’unione con Macallè è illegale. 

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