Da giorni l’esercito israeliano si prepara all’invasione di Gaza. I bombardamenti della Striscia continuano incessantemente dall’attacco del 7 ottobre che ha causato la morte di 1.400 israeliani, per lo più civili. Buona parte dei 360.000 riservisti richiamati per la guerra ad integrare i 170.000 soldati in servizio permanente dell’esercito, sono ammassati nel sud del Paese pronti all’offensiva di terra.

Quella che sarà la più grande operazione militare israeliana dalla guerra col Libano del 1982 è data come imminente dalla settimana scorsa. Comprensibilmente non si sa quando inizierà, ciò che sembra certo è che sarà una guerra lunga, piena di insidie per gli israeliani e che rischia di causare molte vittime tra i civili palestinesi della Striscia, come pure tra le forze armate israeliane e si teme anche tra i più di 200 ostaggi catturati da Hamas e portati dentro Gaza.

«Hanno preparato una serie di trappole per noi, ma noi cercheremo di sorprenderli. Nel frattempo, stiamo accumulando intelligence sempre più accurata per questo, prima di sferrare l’offensiva di terra» dice Kobi Michael, ricercatore senior all’Institute for National Security Studies di Tel Aviv ed ex vicedirettore generale e capo del desk per la Palestina al Ministero degli Affari Strategici.

La rete di tunnel

Il problema principale per gli israeliani è l’enorme struttura di tunnel che Hamas ha costruito a Gaza, una specie di città sotterranea dove i miliziani possono trovare rifugio, stipare provviste e, quindi, riuscire a nascondersi per giorni. Si parla di una lunghezza di circa 500 chilometri per la “metro di Gaza”, come gli analisti militari chiamano l’enorme network di tunnel sotterranei, in un territorio lungo appena 40 chilometri e largo 10.

Già nell’invasione di una piccola porzione del territorio di Gaza del 2014, durata sette settimane e costata la vita a 66 soldati israeliani e 2.251 palestinesi, di cui due terzi civili secondo dati dell’agenzia delle Nazioni Unite, UNRWA, i combattimenti urbani hanno causato non pochi problemi alle forze armate di Israele. Lo scopo di questa foresta sotterranea di tunnel è proprio quella di contrastare la supremazia tecnologica e militare degli israeliani. È difficile, infatti, che i sistemi di intelligence riescano a carpire, anche con droni estremamente sofisticati, informazioni su ciò che succede nel sottosuolo della Striscia, considerando anche che alcuni tunnel possono trovarsi a più di 60 metri di profondità.

Questo implica anche che è complicato per l’esercito israeliano individuare la presenza e posizione di persone nei tunnel. I sistemi GPS e le comunicazioni via radio dei soldati israeliani possono non funzionare là sotto e i bombardamenti dell’aviazione possono fare poco per distruggerli.

Come sono fatti

Sono spesso dotati di illuminazione e, oltre a conservare provviste per la sussistenza dei miliziani, possono anche fungere da depositi di armi e permettere di realizzare imboscate alle truppe israeliane. Non ultimo, molti degli ostaggi potrebbero essere stati nascosti nei tunnel. Ma eliminare militarmente e politicamente Hamas da Gaza, l’obiettivo dichiarato da governo ed esercito israeliani e ripetuto come un mantra dalla maggior parte dei cittadini del Paese, non può che passare per la distruzione totale di questa struttura di guerra, secondo vari analisti militari.

In più varie parti della Striscia, tra le zone più densamente popolate del pianeta, si trovano molti centri abitati composti da edifici alti, dove si possono posizionare cecchini ma anche da stradine strette e tortuose, dove i combattimenti sono più insidiosi. Anche edifici semi distrutti e macerie possono fornire dei nascondigli per i miliziani, avvantaggiandoli nei confronti delle truppe dello Stato ebraico.

Anche se molti soldati israeliani sono stati addestrati in simulacri di tunnel e di città arabe e hanno accumulato esperienza di guerriglia urbana nei Territori occupati, specialmente negli ultimi due anni in città come Jenin e Nablus, i rischi per i soldati che entreranno a Gaza sono molti.

I civili e gli ostaggi

«Non c’è maniera efficace di sradicare Hamas solo con l’aviazione. Dobbiamo entrare. C’è anche una forte pressione da parte dell’opinione pubblica per farlo» sintetizza Efraim Inbar, presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security.

«Ma la guerra sottoterra e la guerriglia urbana sono i due elementi che rendono questa operazione difficile e potenzialmente costosa». A complicare le operazioni via terra è anche l’ingente presenza di civili, per quanto le autorità israeliane abbiano intimato alla popolazione del nord della Striscia, dove si pensa sia il “centro di gravità di Hamas” e dove risiedono più di un milione di civili, di spostarsi al sud dell’enclave. Molti, però, non l’hanno fatto, perché sono anziani, malati o disabili, altri perché hanno ascoltato Hamas che ha detto loro di non farlo, altri ancora perché temono di non poter fare più ritorno nelle loro case.

A questo Inbar aggiunge la serie di reazioni che la recrudescenza del conflitto causata dall’invasione via terra e le notizie, video ed immagini, che usciranno da lì facendo il giro del mondo, possono innescare l’apertura di altri fronti di guerra o comunque problemi diplomatici per Israele.

Si potrebbe aprire il fronte libanese con un massiccio attacco, non solo missilistico, da parte di Hezbollah a nord. Israele ha già evacuato circa 43 centri abitati nelle vicinanze del confine col Libano. Scontri con Hezbollah lungo il confine si sono intensificati nelle ultime ore.

ll ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha affermato il 16 ottobre scorso alla TV di Stato che nelle ore successive ci si poteva aspettare «un’azione preventiva» da parte del fronte della resistenza contro Israele, aggiungendo che non sarebbe stato consentito «al regime sionista di intraprendere alcuna azione a Gaza». «Tutte le opzioni sono aperte e non possiamo rimanere indifferenti di fronte ai crimini di guerra commessi contro il popolo di Gaza».

L’escalation

Gli analisti considerano anche la possibilità che la guerra si allarghi, coinvolgendo altri stati ostili ad Israele e trasformando il conflitto in una guerra regionale dagli esiti imponderabili, il cui rischio vari leader occidentali stanno cercando di disinnescare attraverso vie diplomatiche.

Le tensioni già esistenti in Cisgiordania, dove peraltro vivono circa 700.000 coloni israeliani, potrebbero intensificarsi, richiedendo anche in quel caso uno spiegamento di forze militari israeliane per sedare eventuali rivolte di massa in quelle zone.

Inbar sostiene che anche dalla popolazione di circa due milioni di arabo-israeliani potrebbero sorgere dei problemi per il Paese in questo frangente.

«La stragrande maggioranza sono cittadini pacifici rispettosi della legge. Ma basterebbero poche migliaia di persone che organizzano proteste o bloccano le strade per creare gravi problemi e per di più, sul territorio israeliano» spiega Inbar.

Nel momento in cui le immagini di guerra urbana emergeranno da Gaza è possibile che l’appoggio internazionale a Israele, per ora manifestatosi in maniera molto ferma dai suoi tradizionali alleati, potrebbe indebolirsi, conclude Inbar.

L’esercito israeliano non ha risposto alla richiesta di Domani di commentare i rischi connessi all’operazione via terra.

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