A Gaza il conflitto sta entrando in una nuova fase. Come se non bastassero gli oltre 19 mesi di bombardamenti per mano dell’esercito israeliano e oltre 52mila uccisioni, il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato che siamo «alla vigilia di un’invasione massiccia» della Striscia di Gaza.

Netanyahu ha spiegato i nuovi piani di distruzione in un video pubblicato su X. In pochi minuti, sorseggiando un bicchiere di soda, ha spiegato che «la raccomandazione del capo di stato maggiore Eyal Zamir» è «puntare alla sconfitta di Hamas». Un obiettivo fallito miseramente. Netanyahu ha detto che la popolazione di Gaza «sarà spostata, per la sua stessa protezione» e ha confermato le notizie mattutine secondo cui il suo esercito manterrà il controllo militare sui territori conquistati.

«Questo ci aiuterà a liberare gli ostaggi. Non molleremo su questo tema e non ci arrenderemo con nessuno». In mattinata il portavoce del governo israeliano, David Mencer, ha precisato che «il gabinetto di Sicurezza ha approvato all’unanimità il piano operativo per sconfiggere Hamas a Gaza e restituire gli ostaggi».

La popolazione civile sarà trasferita forzatamente verso sud e gli aiuti umanitari entreranno – dopo oltre due mesi di completo assedio – bypassando le Nazioni Unite. Non è ancora stato reso noto da chi saranno distribuiti gli aiuti, al momento si pensa a contractor privati. E non è ancora chiaro quando inizieranno le nuove operazioni militari, secondo i media israeliani, si aspetterà la visita di stato del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di settimana prossima.

Un viaggio che serve per saldare il consenso politico intorno alla nuova invasione via terra e ottenere anche nuovi aiuti militari. Sullo sfondo gli aggiornamenti sul nucleare iraniano.

Per portare al termine i suoi piani l’esercito israeliano ha iniziato a emettere ordini di chiamata per decine di migliaia di riservisti (diretti anche agli ebrei ortodossi), sintomo che i preparativi sono iniziati.

«Occupare per rimanere»

Israele «occuperà Gaza per rimanerci». «Non ci sarà alcun ritiro, nemmeno in cambio degli ostaggi», ha detto invece il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, in una conferenza a Gerusalemme. «Conquisteremo territorio e ci rimarremo. Prenderemo il controllo di tutti gli aiuti umanitari, in modo che non riforniscano Hamas». Dichiarazioni opposte alle “rassicurazioni” dell’Idf secondo cui il controllo territoriale, per ora, sarà momentaneo.

I nuovi piani preoccupano la comunità internazionale. Il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, «è allarmato» perché la nuova invasione «porterà a innumerevoli altre morti civili e a ulteriore distruzione nella Striscia». Il suo portavoce ha ribadito che in base al diritto internazionale Gaza è «parte integrante di un futuro stato palestinese». Un portavoce della Commissione Ue ha fatto sapere che anche Bruxelles è preoccupata e monitora la situazione.

Per il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Eyal Zamir, le apprensioni sono altre. Secondo Channel 13, Zamir avrebbe avvertito i ministri del governo dei possibili rischi per gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas durante la nuova invasione militare.

Ne sono consapevoli anche le famiglie degli ostaggi, che accusano il governo di averli abbandonati. «Il piano approvato dal gabinetto merita il nome di “Piano Smotrich-Netanyahu” per la rinuncia agli ostaggi, alla sicurezza e alla resilienza di Israele», scrive in una nota il Forum delle famiglie che dal 7 ottobre 2023 esercita pressioni sul premier. «Il governo ha ammesso questa mattina di scegliere i territori rispetto agli ostaggi, e questo contro la volontà di oltre il 70 per cento della popolazione», continua la nota citando recenti sondaggi politici.

Nel pomeriggio centinaia di persone sono scese in piazza per un sit-in di protesta di fronte agli uffici governativi a Gerusalemme. La polizia è intervenuta con la violenza e il corteo si è spostato verso la Knesset, dove ha ricevuto lo stesso trattamento.

Raid su Hodeida

S’intensifica lo scenario bellico anche in Yemen dove 30 jet dell’aviazione israeliana hanno sganciato sul porto di Hodeida oltre cinquanta bombe. L’attacco è la rappresaglia al missile lanciato dagli Houthi che ha colpito l’aeroporto di Ben Gurion.

Il porto di Hodeida è stato «distrutto», dicono alcuni funzionari della sicurezza israeliana. «È un attacco molto forte, e non sarà l’ultimo. I giochi sono finiti», ha aggiunto. L’Idf ha confermato di aver condotto i raid aerei insieme agli alleati del Pentagono.

Nel pomeriggio i ribelli Houthi avevano annunciato l'imposizione di un «blocco aereo totale» contro Israele. «Lo Yemen non accetterà la continuazione dello stato di violazione che il nemico sta cercando di imporre prendendo di mira paesi arabi come Libano e Siria, e questo conferma che questa nazione non teme il confronto e rifiuta la sottomissione», ha detto uno dei portavoce Yahya Saree.

Il capo della diplomazia iraniana Abbas Araghchi ha affermato che gli attacchi yemeniti contro Israele sono stati decisi in maniera indipendente dagli Houthi e ha attaccato il premier israeliano. «Netanyahu sta tentando di dettare sfacciatamente ciò che il presidente (americano Donald) Trump può e non può fare nella sua diplomazia con l'Iran», ha detto Araghchi. «Un accordo è raggiungibile e c'è una sola via per raggiungerlo: la diplomazia basata sul rispetto reciproco e sugli interessi reciproci», ha aggiunto.

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