Attaccare i cronisti durante un conflitto ed evitare che altri possano documentarlo è un grave limite alla libertà di stampa e ha un
obiettivo chiaro: evitare che eventuali crimini di guerra e crimini contro l’umanità vengano denunciati attraverso i media. Dal 7 ottobre nella Striscia ne sono stati uccisi circa 200, più di quelli morti durante le guerre mondiali, in Corea, Vietnam, Jugoslavia e Afghanistan. Le loro storieIl 19 novembre 2023 Bilal Jadallah si trovava in macchina nel quartiere di Zeitoun. Era partito da Gaza city e si stava dirigendo nel sud della Striscia, quando è stato colpito da un colpo di un carro armato dell’esercito israeliano. Jadallah era il direttore di Press House-Palestine, un’organizzazione no-profit che supportava lo sviluppo dei media indipendenti palestinesi collaborando anche con organizzazioni internazionali come l’Unesco.
Jadallah era considerato un mentore per tanti gazawi, ai quali ha fornito tutoraggio e insegnamenti. Dal 7 ottobre 2023 ha anche dato ai reporter attrezzature di sicurezza e ha aperto gli uffici della sua organizzazione per fornire uno spazio di lavoro sicuro. È stato tra i primi giornalisti uccisi a Gaza dall’inizio della rappresaglia israeliana dopo gli attacchi di Hamas, prima di lui è toccato a una decina di giovani reporter freelance. Alcuni uccisi da cecchini e altri, invece, dai raid aerei.
Ahmed Mansour si trovava in una piccola tendopoli allestita fuori dall’ospedale Nasser a Khan Younis, quando intorno all’1.25 del 7 aprile 2025 un bombardamento israeliano ha colpito l’area. È morto a causa del rogo che ha bruciato gran parte del suo corpo. Faceva il giornalista e lavorava per l’agenzia Palestine Today, considerata da Israele vicina alla Jihad islamica.
Oltre a lui è stato ucciso anche il social media manager Hilmi al-Faqaawi. Nell’attacco sono state ferite altre otto persone tra giornalisti e operatori. Tra questi: Ahmed Al-Agha (collaboratore della Bbc Arabic); Mohammed Fayeq (fotoreporter freelance e dronista); Abdullah Al-Attar (fotografo freelance per l'agenzia turca Anadolu); Ihab Al-Bardini (operatore freelance); Mahmoud Awad (operatore di Al Jazeera); Majed Qudaih, (corrispondente di Radio Algeria); Ali Eslayeh (fotografo per il sito Alam24 con sede in Cisgiordania) e Abed Shaat (fotografo collaboratore con l’agenzia France-Presse).
Un attacco deliberato che ha preso di mira in oltre dieci persone, come affermato dall’esercito israeliano. Secondo l’Idf l’attacco aveva come obiettivo Hassan Eslayeh, accusato di essere presente durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre.
Numeri infiniti
Mansour è stato l’ultimo giornalista ucciso a Gaza a partire dal 7 ottobre 2023. Secondo la conta del Committee to protect journalists (Cpj) ne sono stati uccisi almeno 175, mentre 34 sono stati arrestati dalle autorità israeliane. Per ora rimangono stime al ribasso in attesa di conferme indipendenti. Ma secondo un report del progetto Cost of War del Watson institute for international and public affairs le vittime sarebbero molto di più.
Per i ricercatori sono stati uccisi 232 giornalisti. Un numero più alto rispetto alla somma di quelli morti durante la guerra civile americana, la Prima e Seconda guerra mondiale, la guerra in Corea, quella in Vietnam, in Jugoslavia e in Afghanistan dopo l’11 settembre.
Eppure, oltre all’indignazione mediatica delle testate internazionali e a qualche dichiarazione di condanna dei leader internazionali, i giornalisti continuano a essere presi di mira dall’esercito israeliano. Un numero così alto di vittime non può essere considerato una casualità. Fin dall’inizio del conflitto l’Idf ha vietato ai giornalisti internazionali di entrare a Gaza per documentare quello che accadeva. E chi è riuscito a entrare lo ha fatto embedded con i soldati israeliani, quindi con possibilità di azione limitate.
Le notizie vengono diffuse attraverso i reporter che lavorano per media locali come Wafa, Al Aqsa Tv, Press House – Palestine. Tra i media internazionali è nota, invece, la presenza di Al Jazeera. La testata qatariota è stata tra le più colpite. Il 15 dicembre del 2023 Samer Abu Daqqa, video reporter belga-palestinese che ha lavorato per Al Jazeera per oltre vent’anni, è stato ucciso a Khan Younis mentre indagava su un raid aereo contro una scuola. La famiglia ha annunciato di voler portare il suo caso di fronte alla Corte penale internazionale.
Il 31 luglio del 2024 il giornalista di Al Jazeera Arabic Ismail al Ghoul e il suo cameraman Rami al-Rifee sono stati uccisi in un attacco nel campo profughi di Shati, a ovest di Gaza. Anche loro si trovavano all’interno della loro automobile. Un’uccisione che ha fatto il giro del mondo. Le immagini della testa decapitata di al Ghoul sono state diffuse rapidamente sui social network.
Il 24 marzo del 2025, a pochi giorni dall’interruzione della tregua e dalla ripresa dei bombardamenti dello stato ebraico, Hossam Shabat, giornalista palestinese e collaboratore di Al Jazeera Mubasher, è stato ucciso in un attacco aereo israeliano che ha preso di mira la sua auto nel nord della Striscia.
Altri giornalisti, una decina, sono morti invece documentando il conflitto nel sud del Libano. Ben noto è l’attacco dell’esercito israeliano avvenuto contro un gruppo di reporter che si trovava ad Alma al Chaab. Tra questi è stato ucciso Issam Abdallah, di origine libanese e giornalista di Reuters con una lunga esperienza in zone di guerra.
Il sostegno
Il 1° febbraio del 2024 il Cpj ha stanziato 300mila dollari in un fondo di emergenza per sostenere i giornalisti. I fondi vengono erogati attraverso altre organizzazioni locali e regionali come il Sindacato dei giornalisti palestinesi e Arab reporters for investigative journalism e servono a coprire i costi per il cibo, acqua, vestiario, alloggio e sostituzione delle attrezzature danneggiate. Oltretutto nel loro sito sono attivi dei contatti di emergenza per fornire consigli su come tutelarsi ma anche per avere un supporto di salute mentale. Chi è sopravvissuto fa i conti con sintomi post traumatici da stress per ciò che ha visto e documentato o per la morte di dei loro famigliari.
Anche Reporter senza frontiere (Rsf) ha promosso corsi di formazione sulla sicurezza con l’obiettivo di indicare come usare in maniera corretta i dispositivi di protezione e tecniche per ridurre il rischio durante le operazioni sul campo.
Libertà di stampa
operatori sanitari uccisi il 23 marzo del 2025.
Attaccare i giornalisti durante un conflitto ed evitare che altri possano documentarlo è un grave limite alla libertà di stampa e ha un obiettivo chiaro: evitare che eventuali crimini di guerra e crimini contro l’umanità vengano denunciati attraverso i media. Nel “piccolo” significa anche ostacolare la capacità di raccogliere, verificare e diffondere informazioni in maniera indipendente e imparziale. Un esempio eloquente è la narrazione utilizzata dall’esercito israeliano nel caso dei quindiciOtto paramedici della Mezzaluna Rossa palestinese, sei membri della protezione civile di Gaza e un dipendente dell'Unrwa sono stati uccisi a Rafah, nel sud della Striscia, mentre tentavano di soccorrere le vittime di un precedente attacco. I loro corpi sono stati successivamente ritrovati in una fossa comune. Inizialmente, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno dichiarato che i loro soldati avevano aperto il fuoco su veicoli "sospetti" che si avvicinavano alle truppe senza fari o segnali di emergenza attivi.
Una versione smentita successivamente il 5 aprile dal New York Times, che ha diffuso un video girato tramite il cellulare di uno dei paramedici uccisi nel quale si vedono le ambulanze con le sirene spiegate e gli operatori ben riconoscibili. Di fronte alle prove l’Idf ha ammesso che la dichiarazione precedente era errata e ha accusato i soldati coinvolti di aver fornito dichiarazioni imprecise. Senza occhi di giornalisti indipendenti, casi come questi rischiano di non essere isolati.
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