A pochi giorni dai due mesi dall’inizio del conflitto a Gaza è più lontana che mai una soluzione pacifica del conflitto tra Hamas e Israele. E così, dopo la tregua momentanea della scorsa settimana, il bollettino quotidiano del ministero della Salute di Gaza controllato da Hamas ha ripreso a contare morti e feriti.

Sarebbero più di trecento i palestinesi rimasti uccisi e oltre quattrocento quelli rimasti feriti da quando sono riprese le ostilità. Numeri che nonostante non hanno un riscontro indipendente (impossibile averlo al momento) raccontano che si è di fronte a una nuova fase dell’offensiva militare israeliana su Gaza. «Stiamo continuando a parlare con il nostro nemico della possibilità di continuare a liberare gli ostaggi, stiamo parlando con il fuoco», ha detto d’altronde ieri il premier Benjamin Netanyahu. L’esercito ha annunciato l’inizio di un’operazione militare via terra nel Sud della Striscia, dopo che nel fine settimana intensi bombardamenti si sono concentrati a Khan Younis, considerata una delle roccaforti di Hamas nella Striscia. Quel sud dove si sono trasferiti centinaia di migliaia di civili dopo l’ordine di evacuazione che intimava nelle scorse settimane di lasciare rapidamente il nord di Gaza causando secondo le Nazioni unite circa 1.8 milioni di sfollati, circa il 75 per cento della popolazione.

Intanto, dentro la Striscia la crisi umanitaria peggiora di giorno in giorno e le condizioni igienico sanitarie favoriscono il proliferare di malattie. In una scuola dell’Agenzia Onu per la protezione dei rifugiati palestinesi (Unrwa) è scoppiata un’epidemia di epatite A e l’Oms teme che la situazione possa peggiorare. Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha terminato ieri la sua visita di quattro giorni in Israele e nei territori occupati. Khan ha invitato Israele e Hamas a rispettare il diritto internazionale e ha affermato che il suo ufficio intensificherà le indagini su potenziali crimini di guerra commessi da entrambe le parti.

L’operazione

I ribelli yemeniti houthi sostenuti dall’Iran hanno rivendicato ieri l’attacco contro due navi cargo nel Mar Rosso avvenuto con droni e razzi. Sarebbe stata colpita anche il cacciatorpediniere americano Carney che ha risposto al fuoco. Le forze armate israeliane hanno detto che durante l’operazione via terra su Gaza sono riusciti a individuare 800 tunnel di Hamas. Cinquecento di questi sono stati distrutti. La stessa fine è toccata a centinaia di infrastrutture e avamposti appartenenti al gruppo terroristico finiti nel mirino degli oltre diecimila raid condotti dal, 7 ottobre scorso.

Decine di vertici militari sono stati uccisi in blitz e raid aerei, mentre in Cisgiordania sono state arrestate centinaia di palestinesi e altre retate sono state condotte nel fine settimana. Uno sforzo militare imponente ma che non basta per annientare Hamas. Secondo il presidente francese Emmanuel Macron, per raggiungere l’obiettivo ci vorrebbero dieci anni. E Israele non può permettersi di affrontare un conflitto così lungo. Non soltanto per una questione economica ma anche perché prima o poi il gabinetto di guerra dovrà fare i conti con l’instabilità politica interna.

Bocciata la proposta Usa

Si cerca una disperata soluzione politica per quando l’operazione militare sarà conclusa, ma al momento il governo israeliano, come già dichiarato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha intenzione di far rimanere i suoi soldati nella Striscia per gestire la transizione post conflitto. Ieri Netanyahu ha anche risposto alla proposta lanciata a Dubai durante la Cop28 dalla vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, secondo cui la Casa Bianca vorrebbe affidare la gestione di Gaza all’Autorità nazionale palestinese previo un percorso di rafforzamento dell’organizzazione. Una proposta che però non ha trovato il favore del governo israeliano: «È un errore affidare all’Autorità Palestinese la responsabilità di Gaza perché ci ritroveremo con lo stesso risultato. Sono accomunate dal rifiuto dell’esistenza di Israele», ha detto Netanyahu.

L’incontro di martedì

Martedì è atteso a Doha in Qatar il vertice dei ministri degli Esteri dei paesi del Golfo. Gaza è il primo punto all’ordine del giorno. I leader arabi, che hanno preferito non esporsi tanto a livello mediatico, sono chiamati a rispondere anche alle domande della comunità arabo-musulmana che chiedono un loro maggiore coinvolgimento nel conflitto per arrivare a un cessate il fuoco permanente. Già ieri il premier qatariota, lo sceicco Mohammed Bin Abdulrahman al-Thani, ha chiesto una «indagine internazionale immediata, completa e imparziale» su presunti crimini di guerra israeliani sulla Striscia.

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