Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ordinato all’esercito israeliano di prepararsi all'evacuazione di Rafah in vista di un’invasione. L’Idf sarebbe stato incaricato di presentare al governo piani sia per l'evacuazione della popolazione civile palestinese dal sud della Striscia di Gaza, sia per lo smantellamento dei battaglioni di Hamas nell'area di Rafah.

Secondo le forze di difesa israeliane, Rafah costituirebbe l’ultima roccaforte rimasta di Hamas. Il premier Netanyahu ha quindi sottolineato la necessità di una «operazione di massa» che possa portare a termine la campagna contro il gruppo militante islamico.

L’ufficio del presidente della Palestina Mahmoud Abbas ha rilasciato una dichiarazione in cui definisce i commenti di Netanyahu sul previsto assalto a Rafah una «minaccia reale» e parte di un piano israeliano per rimuovere con la forza i palestinesi dalla loro terra. Lo stesso presidente Abbas ha dichiarato che riterrà i governi di Israele e degli Stati Uniti responsabili delle conseguenze della prevista invasione. «È giunto il momento che tutti si assumano la responsabilità di affrontare la creazione di un’altra Nakba, che spingerà l’intera regione in guerre senza fine», si legge nella dichiarazione del presidente, che fa riferimento allo sfollamento di massa dei palestinesi durante la guerra arabo-israeliana del 1948. L’intervento si conclude con l’invito al consiglio di Sicurezza dell’ONU ad intervenire quanto prima. 

Intanto, secondo quanto riportato da Al Jazeera, due funzionari anonimi della sicurezza egiziana hanno dichiarato che da circa due settimane l’Egitto sta inviando mezzi corazzati nel nord-est del Sinai per rafforzare la sicurezza al confine con Gaza. Dall’inizio del conflitto, e in particolare ora che gran parte della popolazione della Striscia è confinata a Rafah, l’Egitto teme che le forze israeliane possano espellere la popolazione di Gaza nel Sinai.

La risposta di Biden

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è espresso circa la campagna militare israeliana condotta a Gaza definendola «esagerata». Si tratta della critica più aspra nei confronti di Israele da quando è iniziata l’operazione militare lo scorso 7 ottobre.

«Sono del parere, come sapete, che la condotta della risposta nella Striscia di Gaza sia stata esagerata», ha detto il presidente durante la conferenza stampa alla Casa Bianca. Biden ha poi confermato ai giornalisti di star lavorando per ottenere una pausa prolungata dei combattimenti per permettere il rilascio degli ostaggi. «Ci sono tante persone innocenti che muoiono di fame, molte persone innocenti che sono nei guai e muoiono, e questo deve finire», ha concluso.

Il presidente ha poi rivendicato di aver fatto pressioni sul governo israeliano e su quello egiziano per consentire l'ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Riferendosi erroneamente al presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi come al presidente del Messico, ha dichiarato che «non voleva aprire l’accesso per consentire l’ingresso di materiale umanitario. Gli ho parlato, l’ho convinto ad aprire l’accesso». 

Anche il portavoce del consiglio di Sicurezza nazionale Usa, John Kirby, ha affermato nella serata di giovedì che gli Stati Uniti non sono disposti a sostenere un’offensiva a Rafah, perché sarebbe un «disastro». La città nel sud della Striscia ospita al momento la gran parte degli sfollati palestinesi, fuggiti dagli incessanti bombardamenti nella vicina Khan Younis e nel nord di Gaza, intrappolati a Rafah in attesa della prossima offensiva israeliana.

A Rafah

A Rafah i palestinesi sono impossibilitati a lasciare il paese e vivono in rifugi improvvisati, privi di cibo e medicine. Da giovedì sono iniziati gli attacchi nella città, che hanno preso di mira due case, uccidendo 11 persone. Anche nella notte tra giovedì e venerdì, a poche ore dalle dichiarazioni di Joe Biden, alcuni attacchi aerei israeliani hanno colpito Rafah uccidendo almeno nove persone, tra cui diverse donne e bambini.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato che intensificare l’offensiva su Rafah non farebbe altro che «aumentare quello che è già un incubo umanitario», ostacolando ulteriormente «un’operazione umanitaria già limitata dall’insicurezza, dalle infrastrutture danneggiate e dalle restrizioni di accesso». L’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha rilasciato alcune dichiarazioni secondo le quali la diffusa distruzione di infrastrutture civili a Gaza da parte dell'Idf «equivale a una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e a un crimine di guerra».

L’Unicef ha invitato pubblicamente tutte le parti ad astenersi da un'escalation militare a Rafah, avvertendo che nella zona sono presenti più di 600.000 bambini. «Abbiamo bisogno che gli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici rimasti a Gaza rimangano funzionanti», ha detto Catherine Russell, direttore esecutivo dell'Unicef. «Senza di loro, la fame e le malattie saliranno alle stelle, uccidendo più bambini».

Intanto continuano le proteste israeliane per bloccare l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, diversi protestanti si sono radunati al valico di Nitzana con il confine egiziano, bloccando l’ingresso dei camion. Almog Booker, un reporter di Channel 13, ha pubblicato su X alcuni video delle manifestazioni.

Incontro a Riad

A seguito della visita in Medio Oriente di Antony Blinken, il ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha convocato a Riad un incontro con i ministri degli Esteri del Qatar, Egitto, Giordania ed Emirati Arabi Uniti, insieme al segretario generale del comitato esecutivo dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina Hussein al Sheikh, per discutere del conflitto tra Israele e Hamas.

I ministri arabi hanno sottolineato la necessità di aumentare gli sforzi per prevenire l'espansione del conflitto a Gaza e per arrivare a un cessate il fuoco completo che possa condurre verso l’attuazione della soluzione dei due Stati.

Due alti diplomatici hanno confermato a Times of Israel che durante l’incontro i ministri hanno deciso di portare avanti un piano per la riabilitazione della Striscia di Gaza e la creazione di uno Stato palestinese dopo la guerra.

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