Il governo israeliano ha approvato venerdì il tanto temuto attacco alla zona di Rafah, all’estremità sud di Gaza, malgrado gli appelli internazionali per evitare un’operazione militare nell’ultimo rifugio rimasto per i civili della Striscia.

Non si sa ancora quando l’attacco avverrà. Tuttavia, il governo ha fatto sapere che prima di ogni operazione militare nella zona dove si sono ammassati più di un milione di persone, o circa la metà degli abitanti dell’enclave, i civili verranno evacuati in «isole umanitarie» al centro della Striscia.

L’invasione

L’esercito israeliano (Idf) sta preparando la suddetta evacuazione, ma non è chiaro che cosa siano esattamente questi luoghi. I militari hanno detto solo che aiuti umanitari e alloggi temporanei verranno forniti ai civili evacuati da Rafah e ospitati in queste isole.

Il governo sostiene di non poter portare a termine la sua missione di eliminare Hamas da Gaza, senza invadere anche l’ultima zona rimasta della Striscia, dove presumibilmente si sono rifugiati anche i capi dell’organizzazione oltre a centinaia di migliaia di civili.

Ma sia le Nazioni Unite sia gli Stati Uniti hanno più volte avvertito che un attacco su vasta scala a Rafah potrebbe avere conseguenze catastrofiche e tradursi in una carneficina di civili. Apprendendo la notizia, la presidenza dell’Autorità palestinese, che governa in alcune zone della Cisgiordania ed è indicata come l’entità che potrebbe subentrare ad Hamas al governo della Striscia, si è rivolta agli Stati Uniti e alla comunità internazionale affinché blocchino l’operazione militare a Rafah.

«Permettere questa operazione porterà ad un altro massacro e ad un altro trasferimento forzato dei palestinesi. Il mondo deve agire per prevenirlo» ha dichiarato l’autorità guidata da Abu Mazen.

Anche le ong attive nella zona hanno reagito immediatamente alla decisione del governo. «Tutti questi discorsi sul cessate il fuoco da parte delle nazioni leader sono aria fritta se si permette al governo israeliano di facilitare il trasferimento di massa dell'attuale campo profughi più grande del mondo. Non si può permettere che questo accada e invitiamo i governi a fare in modo che non accada per il bene dell'umanità» ha dichiarato Riham Jafari, coordinatrice della comunicazione e dell'advocacy di ActionAid Palestina.

I negoziati

Nel frattempo, mentre gruppi sempre più nutriti di israeliani protestano contro il premier Benjamin Netanyahu, le trattative per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi continuano.

Il premier ha definito le richieste di Hamas – la fine permanente delle ostilità e il ritiro totale di Israele da Gaza - come «irrealistiche». Nonostante ciò, ha autorizzato la partecipazione degli emissari israeliani al prossimo round di trattative in Qatar.

Mentre la comunità internazionale continua a prodigarsi per far arrivare gli aiuti necessari alla popolazione civile di Gaza, almeno 20 persone sono morte al nord di Gaza mentre cercavano di accaparrarsi cibo mandato dall’estero. Secondo le autorità sanitarie della Striscia, queste persone sarebbero state uccise e altre 150 sarebbero rimaste ferite da attacchi mirati dell’Idf, mentre aspettavano la consegna di farina ed altri beni di prima necessità alla rotonda Kuwait di Gaza City, nel nord dell’enclave.

I feriti sono stati portati all’ospedale al Shifa nelle vicinanze, ma a causa dell’incapacità dell’ospedale di assistere così tante persone, alcuni sarebbero già morti, hanno fatto sapere le autorità di Gaza. L’Idf ha categoricamente negato ogni responsabilità per l’accaduto, dicendo che palestinesi armati avrebbero aperto il fuoco contro i civili che aspettavano il convoglio di 31 camion di aiuti umanitari.

Quando il convoglio è arrivato, ha aggiunto l’Idf, i palestinesi hanno continuato a sparare contro i civili che avevano iniziato ad assalire i camion. In più, l’esercito sostiene che alcuni civili sono stati travolti dai camion, mentre un esame dei vertici dell’esercito avrebbe escluso l’uso di qualsiasi arma da parte dell’Idf in quel frangente.

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