Basterebbe aver seguito le immagini delle celebrazioni della giornata della Vittoria degli anni scorsi per capire che Vladimir Putin avrebbe mantenuto i toni e i contenuti del suo discorso nell’ambito della tradizione russa.

Sono rimaste disattese tutte le aspettative della stampa e delle analisi occidentali riguardo all’annuncio di una guerra totale, di una mobilitazione generale, dell’annessione del Donbass e della sfilata dei prigionieri di guerra. Certo, non sono mancati i doverosi riferimenti alla situazione del conflitto in Ucraina, ma in un’ottica di continuità con il significato storico e politico della vittoria sul nazismo di Josif Stalin.

Il richiamo al sacrificio

Ne è prova il richiamo al sacrificio dei soldati russi che stanno sacrificando la vita per la difesa e la sicurezza della Russia: «State combattendo per la Patria, per il suo futuro, perché nessuno dimentichi le lezioni della Seconda guerra mondiale. In modo che non ci sia posto, nel mondo, per carnefici, punitori e nazisti».

Il presidente russo ha, inoltre, ribadito che era inevitabile uno scontro con i pericolosi «neonazisti e banderisti», anticipando una «decisione forzata, tempestiva e giusta» (ovvero l’aggressione), propria di un «paese sovrano e forte».

La narrazione sulla “operazione militare speciale” non si è discostata da quella diffusa in questi mesi e, semmai, ha trovato una sua ritrovata enfasi in una giornata che rappresenta una delle celebrazioni civili più significative e sentite dall’intera popolazione.

L’impressionante spettacolo del reggimento immortale lungo le vie di Mosca compensa, in parte, qualche modifica dell’ultima ora nel programma, come l’annullamento della parata aerea a causa delle «condizioni meteo inadeguate». Tuttavia, il cielo “di sole e di azzurro” di Mosca ha lasciato intendere che il timore di possibili attacchi di sabotaggio avesse prevalso sulla spettacolarizzazione scenica dell’evento.

Stati Uniti e Nato

Non sono mancati gli attacchi agli Stati Uniti, che non avrebbero consentito a una rappresentanza americana di partecipare alla celebrazione, e alla Nato che non ha accettato di elaborare un disegno di difesa strategica con la Russia di Putin perché «avevano altri piani».

Una Russia che, nelle parole del presidente, «ha sempre fatto in modo che esistesse un sistema di sicurezza uguale e indivisibile, proprio che sia quello della Comunità internazionale, (…) nel dicembre dell'anno scorso abbiamo chiesto di concludere un accordo per le garanzie di sicurezza, abbiamo cercato di aprire un dialogo sincero per cercare delle decisioni e prendere delle decisioni di compromesso che andassero bene per tutti, era tutto molto semplice».

La parata è proseguita con la sfilata prima dei soldati a piedi delle varie branche delle Forze armate russe e, quindi, dei mezzi militari, per poi onorare le vittime delle guerre e promettere un ulteriore aiuto finanziario alle famiglie, dopo il decreto presidenziale firmato nei mesi scorsi.

Il passaggio sul Donbass è significativo perché lascia trapelare quanto era già emerso nel Consiglio di Sicurezza antecedente all’invasione: l’intenzione di annettere l’oblast (regione) alla Federazione russa. Putin afferma, infatti, che «oggi nel Donbass, le Forze armate russe insieme ai rappresentanti del Donbass stanno lottando per il loro territorio, proprio in quel luogo dove i nostri eroi della Grande guerra patriottica: Nicolaj Vatutin, Sidor Kovpak, Lyudmila Pavlichenko, tanti altri hanno lottato, (…) e a tutti coloro che lottano nel Donbass voi state lottando per la Patria».

Tuttavia, il fatto che non vi sia stato nel discorso di Putin nulla di politicamente significativo o “aggressivo”, non ci rassicura affatto per il futuro. Nel frattempo, l’unica certezza è che un anniversario, così partecipato e simbolico nella Russia e nello spazio post sovietico, sia diventato un momento divisivo nella storia della liberazione dal nazismo.

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