A Notre-Dame-de-Gravenchon lo storico stabilimento di ExxonMobile, tra i maggiori gruppi petroliferi americani, dà lavoro a circa 2mila persone, un quinto degli abitanti. Parte da qui il provvedimento annunciato dalla prima ministra francese Elisabeth Borne. I lavoratori della raffineria normanna, definiti “indispensabili al funzionamento” dell’impianto, sono sottoposti a precettazione. In altre parole si impone la fine dello sciopero, entrato ormai nella terza settimana.

Ma manifestanti e sindacati non arretrano di fronte alla linea dura scelta dal governo. «Ringraziamo Madame Borne per il suo rifiuto di mediare tra sindacati e management, sarebbe stato più facile requisire il nostro amministratore delegato per un ritorno al tavolo delle trattative». Da Gravenchon è questa la risposta, ironica, di Germinal Lancelin, segretario generale della Cgt di ExxonMobil. 

All’opposizione si compattano le critiche alla disorganizzazione del governo. Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, parla di «situazione fuori controllo».

Il paese bloccato

Un terzo dei distributori in Francia ha finito la benzina ed è costretto a restare chiuso. Colonne di automobilisti attendono il proprio turno nelle stazioni di servizio aperte e chi abita vicino ai confini spesso sceglie di andare fuori dal paese per rifornirsi. La polizia presidia le strade nel centro di Parigi, mentre cresce la rabbia sociale.

Il blocco è provocato in parte dalle difficoltà di approvvigionamento di gas dall’estero ma, principalmente, dalla protesta del personale nel settore petrolifero. Sei delle sette raffinerie in Francia sono in sciopero: le quattro di proprietà del gruppo Total Energies e le due di Esso-ExxonMobil. In funzione resta soltanto quella di Lavèra, del gruppo Petroineos.

Dopo 12 giorni di proteste, il governo ha abbandonato la posizione attendista il 10 ottobre, ordinando di revocare “senza indugio” i blocchi ai depositi e promettendo ai cittadini che le tensioni si sarebbero allentate “nel corso della settimana” grazie alla consegna di “scorte strategiche di carburante”.

Le richieste dei lavoratori

Il movimento è coordinato dalla Confédération général du travail, principale sindacato francese. I dipendenti TotalEnergies chiedono di rinegoziare l’aumento salariale dal 3,5 al 10 per cento nel 2022. Il 7 per cento per compensare l’inflazione – che crescerà di oltre 5 punti percentuali nell’anno in corso – il 3 percento per “condivisione della ricchezza”: il sindacato chiede alle compagnie energetiche di redistribuire gli extraprofitti anche ai lavoratori, oltre che a manager e azionisti.

I lavoratori Exxon-Mobil puntano a un incremento del 7,5 percento e a 6mila euro di bonus per la redistribuzione dei profitti che, nel solo secondo trimestre del 2022, ammontano a 18,43 milioni di euro.

Parla di “utili stratosferici” Eric Sellini, coordinatore Cgt del gruppo Total. L’azienda ha quasi raddoppiato l’utile netto nell’ultimo anno. «Sono quattro mesi che chiediamo l’apertura di una trattativa» spiega Sellini, «lo sciopero non è un fenomeno apparso dal nulla».

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