Tymofiy Mylovanov è stato ministro dello Sviluppo economico e del commercio in Ucraina tra il 2019 e il 2020. È l’attuale presidente della Kyiv School of Economics e professore di economia all’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania.

Risponde al telefono mentre si trova nei sobborghi di Kiev e si sta occupando di questioni logistiche a sostegno delle forze civili ucraine. Ha dovuto lasciare la sua casa perché si trova in una zona più centrale della città, direttamente colpita da azioni militari. 

«Mi sono perso le sirene di un raid 40 minuti fa. Siamo in guerra, è un casino. Mi pare ovvio che i russi stiano puntando a obiettivi civili. Sarà orribile», dice. Al momento non sta combattendo, anche se due dei suoi più stretti collaboratori hanno preso le armi. «Mi sto occupando delle infrastrutture, di raccogliere fondi e procurare quello che serve», racconta.

Descrivendo la situazione attuale, spiega che «il sistema delle forniture regge, le stazioni di benzina funzionano e per ora c’è cibo, ma stiamo trasformando la nostra economia in un’economia di guerra». Questo, aggiunge, significa che alcuni settori manifatturieri hanno cambiato produzione per contribuire alla fornitura di materiale da guerra, e che sia la logistica che la catena dei rifornimenti è stata riorganizzata. «In generale ce la caviamo bene», afferma. «L’Ucraina è stata a lungo sottovalutata», aggiunge, toccando una questione che trova posto in quella che è stata definita anche una «guerra di narrazioni». 

Un paese sottovalutato

«Per troppo tempo l’Ucraina è stata trattata come se non fosse neppure parte della conversazione. Media internazionali descrivevano il nostro presidente (Volodymyr Zelensky, ndr), come un comico che non capisce come funzionano le cose. Stronzate». 

Mylovanov continua raccontando che un paio di giorni fa, durante un incontro online, uno specialista di sicurezza informatica della Northwestern University, in Illinois, «sosteneva di essere sorpreso del fatto che la Russia non avesse causato danni gravi al nostro sistema tramite attacchi cyber. Pensa forse che non abbiamo la cyber sicurezza in Ucraina? Che non possiamo difenderci? Che i nostri migliori ingegneri informatici siano peggiori di quelli russi? Sono forse meglio. Prima di parlare, l’esperto della Northwestern avrebbe dovuto farsi un’idea del settore IT in Ucraina». 

Un discorso simile è valso per un commento della moderatrice della discussione. «Mi ha chiesto se Zelensky riuscisse a comunicare senza difficoltà con gli altri esponenti del governo e le forze militari nonostante fosse in un luogo di cui non erano rese note le coordinate. Non mi avrebbe mai fatto questa domanda se fosse stato il presidente di un altro paese. Questi preconcetti sono offensivi. Ce la stiamo cavando meglio di come se la caverebbero altri paesi europei nella nostra situazione con migliaia di truppe russe sul territorio». 

A proposito dell’Europa, riferendosi all’ultimo appello di Zelensky rivolto al parlamento europeo, dice che «la candidatura è una questione politica e simbolica. Spero sia ovvio adesso – dopo che abbiamo pagato con le nostre vite – che l’Ucraina è una nazione europea, separata dalla Russia, che al momento è un paese buio. Il problema della corruzione è ciò che ostacola la nostra candidatura, ma qui c’è un intero paese che lotta per la democrazia».

Il coinvolgimento quasi inevitabile della Nato

Per quanto riguarda le sanzioni Mylovanov sostiene che è «difficile dire se le sanzioni siano efficaci. Efficaci per cosa? Per evitare quello che sta accadendo evidentemente no. Prevenire una escalation nel futuro? Sono state imposte già nel passato, per quello che è accaduto in Crimea e in Georgia, per gli avvelenamenti, ma non sono bastate come deterrente. Le sanzioni generano panico e crisi economica, ma nel breve termine anche la Russia conterrà gli effetti tramite la propaganda e un regime economico di guerra». 

Quello che farebbe la differenza, sostiene Mylovanov «sarebbe che la Nato riconoscesse di essere già direttamente coinvolta. La guerra con la Nato è già iniziata». Spiegando la sua affermazione, dice che «ci sono due scenari possibili. Il primo è che l’Ucraina non cada, e questo sarebbe fantastico. Il secondo è che cada interamente, o in parte. In questo caso i combattenti, i “gorilla fighters” ucraini, avranno bisogno di entrare nei paesi limitrofi per rifornirsi e riorganizzarsi. Cosa faranno in Ungheria, Polonia e Romania? Gli negheranno l’ingresso? Gli spareranno al confine? E cosa faranno di fronte alle truppe russe che proveranno a inseguirli? Quale sarà la risposta della Nato a quel punto? Il loro impegno è inevitabile, a meno che Kiev e l’Ucraina resistano».

Tornando alla prima delle ipotesi, ovvero che l’Ucraina – Kiev in particolare – resista e non cada, Mylovanov immagina solo due strade possibili poiché, dice, «non ci sono diplomatici che possano risolvere la situazione».

La prima è che il governo di Vladimir Putin collassi, ma perché questo accada Stati Uniti ed Europa dovrebbero «lavorare duramente» e la loro pressione diventare insostenibile, la seconda è che le forze militari e di civili ucraini riescano a respingere le truppe russe, ma questo sarebbe «un bagno di sangue».

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