Scudo aereo e intelligence, gli Usa pronti a fornire garanzie militari per Kiev

Kiev – Gli Stati Uniti fanno sul serio con le garanzie di sicurezza all’Ucraina. O almeno così sembra, al di là delle dichiarazioni contraddittorie di Donald Trump. A quanto rivela il Financial Times, negli ultimi giorni hanno assicurato agli alleati che forniranno tutto il supporto logistico e di intelligence necessario a quei paesi che nel paese schiereranno truppe di terra, compreso il supporto aereo, hanno confermato fonti diplomatiche a diversi media. Il famoso “backstop” Si tratta del famoso “backstop”, la “rete di protezione” americana chiesta dagli europei in cambio della disponibilità a mandare truppe di “rassicurazione” in Ucraina. Che è da sempre la principale richiesta che Kiev fa ai suoi alleati, la condizione essenziale per concepire qualsiasi concessione alla Russia. Con il Cremlino che negli ultimi giorni si è rimangiato quasi tutte le aperture fatte nelle ultime due settimane, mercoledì 27 agosto Zelensky ha ricordato che sul suo incontro con Putin da Mosca «arrivano solo segnali negativi», il progresso sulla fornitura di garanzie di sicurezza agli Ucraina è diventato il principale risultato raggiunto nelle ultime due settimane di intense trattative. Altro che Nobel o Trump, per la pace servono veri mediatori Per il momento siamo ancora alle indiscrezioni dei media e non c’è ancora alcun impegno nero su bianco. Ma i dettagli di queste garanzie, quanti soldati, dove, con quali regole di ingaggio e in quale quadro diplomatico, potrebbe iniziare a diventare più chiaro molto presto, forse già questa settimana. Proprio mercoledì, Steve Witkoff, inviato di Trump per la Russia, ha detto che incontrerà a New York una delegazione ucraina guidata dal braccio destro di Zelensky, il capo di gabinetto presidenziale, Andrii Yermak, e dal capo negoziatore di Kiev, l’ex ministro della Difesa, Rustem Umerov. In un’intervista al network Fox News, Witkoff ha detto che all’incontro si parlerà proprio delle garanzie di sicurezza, ma anche dell’incontro tra Putin e Zelensky, che secondo l’inviato di Trump «si farà». Dello stesso tema si discute anche tra gli alleati di Kiev. Dal suo intervento al Meeting di Rimini, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni spinge per la sua proposta, quella di un trattato che fornisca a Kiev garanzie «simili all’articolo 5» della Nato, che impone ai paesi che lo sottoscrivono un intervento a favore dell’Ucraina in caso di attacco. Meloni spinge per una soluzione che non preveda l’invio di truppe perché sa che la sua coalizione sul punto è fragile, con il leader leghista, Matteo Salvini, che continua ad escludere categoricamente l’idea di inviare soldati italiani nel paese. Ma non è la sola a voler sfuggire a un impegno militare diretto. Germania e Polonia, tra gli altri, si trovano nella stessa situazione. Il Cremlino nel frattempo continua a prendere tempo senza dire esplicitamente di no a nessuna offerta. Il portavoce di Putin ha ripetuto per l’ennesima volta che un vertice tra Putin e Zelensky andrà «preparato accuratamente», mentre allo stesso tempo assicurava che la delegazione russa e quella ucraina continuano a sentirsi, anche se non è stata fissata una data per il futuro incontro. Gli Usa vogliono l’energia russa: «Accordi discussi sottobanco» Sulle garanzie di sicurezza, dice che andrebbero discusse nei dettagli, direttamente con gli Stati Uniti e, possibilmente, in segreto: «Non vorremmo discutere di questo argomento in pubblico ora. Riteniamo che ciò non sia vantaggioso per l’efficacia complessiva». E in ogni caso, Mosca vede «negativamente» la presenza di truppe europee appartenenti alla Nato in Ucraina. In questa sequela di “ni” non manca il plauso per Trump, con cui il Cremlino non ha intenzione di tagliare i ponti. «Apprezziamo molto e speriamo anche che gli sforzi di pace, gli sforzi di mediazione da parte del presidente degli Stati Uniti, continueranno», ha detto Peskov. Proprio mercoledì, Trump ha ribadito ancora le sue minacce, parlando addirittura di «guerra economica» alla Russia. Se Putin non accetterà l’incontro con Zelensky «non ci sarà una guerra mondiale, ma una guerra economica – ha detto Trump – E una guerra economica sarà dura. Sarà dura per la Russia, e io non lo voglio». Intanto è stato approvato dal governo ucraino il decreto che autorizza l’espatrio per i maschi tra i 18 e i 22 anni, a patto che abbiano eseguito correttamente la loro registrazione presso gli uffici di reclutamento militare. Il decreto, voluto dal presidente Zelensky, era stato annunciato la scorsa settimana. Dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione, l’uscita dal paese era vietata a tutti i maschi tra i 18 e i 60 anni. Il divieto valeva anche per i minori di 25 anni, che non sono soggetti a mobilitazione nelle forze armate. Il mito (vuoto) dell’Occidente e le omissioni di Meloni Le scelte di Volodymyr La decisione di consentire l’espatrio ai più giovani è molto popolare nel paese e renderà la vita più semplice a numerose famiglie ucraine separate dalla guerra o che avevano fino ad oggi esitato a lasciare il paese. È anche una scelta che non aiuterà il reclutamento di nuovi soldati, sempre più in crisi, e che conferma che Zelensky ha anche altre priorità oltre a quella difendere il fronte. La decisione è considerata dalla maggior parte degli opinionisti una mossa per cercare di riguadagnare consenso tra la popolazione, dopo che le manovre contro l’indipendenza delle agenzie anti-corruzione si sono ritorte contro il presidente in maniera spettacolare, causando le prime proteste di piazza dall’inizio dell’invasione contribuendo alla progressiva erosione del suo gradimento.