Presto Taiwan perderà uno dei pochi paesi che intrattengono relazioni diplomatiche ufficiali con Taipei e non con Pechino. La presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, ha comunicato in un tweet, infatti, di aver incaricato il ministro degli Esteri Eduardo Reina dell’apertura delle relazioni ufficiali con la Repubblica popolare cinese. 

La presidente ha inquadrato la decisione in un «piano di governo» già annunciato durante la campagna elettorale del 2021. Reina ha motivato la scelta sulla base del «pragmatismo» e del «beneficio per il popolo honduregno». 

Sembra, infatti, che la Cina possa ottenere la conduzione di un progetto per la costruzione di una diga nel paese, elemento tipico della strategia di cooperazione allo sviluppo cinese sin dal secolo scorso.

Il governo honduregno non ha dichiarato di voler interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan, ma questa appare una scelta obbligata dal momento che il riconoscimento del governo di Taipei contrasterebbe con le rivendicazioni politiche di Pechino. 

Il gioco diplomatico

Il ministero degli Esteri di Taiwan ha immediatamente emesso un comunicato in cui chiede all’Honduras di non cadere nella «trappola cinese» e di ritornare sui propri passi. Consultate da Dw, fonti anonime vicine al governo taiwanese riferiscono di diversi incontri tra il governo di Tegucigalpa e i diplomatici cinesi avvenuti in segreto in Brasile e in Spagna. 

Oltre alle ricche promesse cinesi, la decisione deriverebbe anche da un mancato assenso di Taipei all’avvio di nuovi progetti di assistenza finanziaria per l’ampliamento dell’infrastruttura energetica honduregna.

È, inoltre, possibile che gli Esteri taiwanesi fossero già consapevoli del riorientamento deciso dalla presidente Castro, poiché l’Honduras non era stato incluso nell’itinerario dei paesi che Tsai Ing-wen, la presidente di Taiwan, visiterà durante il suo imminente viaggio nel continente americano. 

Taiwan e Stati Uniti si interrogano ora sulla reversibilità della decisione. Infatti, potrebbe esserci una minima possibilità che l’influenza americana sul vicino Honduras e l’aumento dell’aiuto finanziario al paese da parte di Taiwan possano invertire il processo avviato con un tweet dalla presidente Castro. 

Qual è la “vera Cina”

A partire dall’entrata della Cina popolare nelle Nazioni unite nel 1971, con l’assegnazione del seggio al governo comunista di Pechino a scapito di quello nazionalista rifugiatosi a Taipei, il numero di paesi che riconoscono Taiwan come la “vera Cina” si è andato progressivamente riducendo. 

Prima dell’annuncio dell’Honduras, erano quattordici i paesi che ancora intrattenevano relazioni diplomatiche ufficiali con quella che la Cina considera una «provincia ribelle». A oggi questi paesi sono il Belize, il Guatemala, Haiti, la Città del Vaticano, le isole Marshall, Nauru, Malau, il Paraguay, Saint Lucia, Saint Kitts and Nevis, Saint Vincent e Grenadine, e-Swatini e Tuvalu.

Si tratta soprattutto di paesi del sud del mondo originariamente allineati alla posizione statunitense che prevedeva il riconoscimento del governo nazionalista di Taipei. Nonostante il mutamento nella “China policy” di Washington nel 1979, diversi governi hanno continuato a riconoscere Taiwan come “Cina” grazie allo sviluppo di fiorenti legami per la cooperazione allo sviluppo che variano dall’assistenza medica e scientifica a quella alimentare e finanziaria. 

È proprio grazie alla propria crescita economica che la Cina ha ingaggiato una fruttuosa “corsa al riconoscimento” con Taiwan nell’ultimo decennio. Dal 2016, includendo l’Honduras, nove paesi hanno rivisto la propria posizione in favore di Pechino. Nel 2021, ultimo paese prima dell’Honduras, il Nicaragua aveva scelto di stringere relazioni con Pechino soprattutto in funzione dell’acquisizione da parte del governo di Daniel Ortega di una posizione antistatunitense. 

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