Nell’incendio sono morte 128 persone, mentre i dispersi sono 200. In un silenzio totale, si aspetta il proprio turno per deporre fiori, messaggi o regali. La polizia ha messo un freno all’ondata di solidarietà popolare. Alcune immagini ricordano i movimenti pro-democrazia, ma non è chiaro se riesca però a sfociare in un nuovo impulso politico, data la nuova legislazione contro le azioni organizzative indipendenti
Da sabato, Hong Kong ha cominciato a osservare tre giorni di lutto per le 128 vittime accertate e i 200 dispersi dell’incendio avvenuto nel distretto di Tai Po. Il lutto ufficiale è iniziato con tre minuti di silenzio da parte delle autorità locali, e con tutte le bandiere di Hong Kong, con un fiore di bauhinia bianca su campo rosso, e quelle nazionali cinesi, a mezz’asta.
Nei diciotto distretti della città sono stati approntati dei libri di condoglianze, che restano aperti tutto il giorno affinché chi vuole possa firmarli. Nel frattempo, nel corso della giornata di sabato diverse migliaia di persone si sono recate negli spiazzi davanti ai sette grattacieli bruciati, per depositare fiori e pregare.
In un silenzio totale, e per lo più vestiti di nero, con in mano fiori bianchi, i due colori del lutto, le persone si sono messe in una fila ordinatissima, e hanno aspettato il loro turno per deporre i fiori, insieme a qualche messaggio addolorato, o piccoli pupazzi o altri regalini dedicati alle anime di chi non c’è più.
Evitabilità
Il loro lutto ha sfilato sotto gli occhi attenti della polizia. Proprio da sabato, infatti, è stato messo un freno all’ondata di solidarietà popolare che si era andata creando fin dai primi momenti di questo disastro, che ogni giorno di più appare in tutta la sua evitabilità: le reti di protezione in plastica, avvolte alle impalcature in bambù non erano a norma, e ancor meno a norma erano le coperture dei vetri in polistirolo espanso, altamente infiammabili.
La polizia ha fatto sgomberare uno dei punti di distribuzione di aiuti gestito da studenti, che occupava un ballatoio davanti ai grattacieli bruciati, e mantiene una presenza massiccia e visibile davanti alle persone in lutto. C’è stato anche un arresto: Miles Kwan, uno studente universitario che aveva dato il via a una petizione affinché venisse fatta chiarezza sulle responsabilità per l’accaduto, ed è attualmente indagato per «sedizione».
La legge sulla sicurezza
Le autorità cinesi presenti a Hong Kong, del resto, hanno messo in guardia la polizia locale dal pericolo rappresentato da «individui anti-Cina e con cattive intenzioni pronte a mettere a repentaglio la stabilità di Hong Kong sfruttando il disastro».
Alcune delle scene che si vedono vicino ai grattacieli del complesso residenziale Wang Fuk ricordano da vicino il movimenti pro-democrazia del 2014 (anche chiamato il “Movimento degli ombrelli”) e del 2019, e la grande solidarietà fra studenti, in particolare, che si era formata.
E del resto, fra i problemi discussi anche nel corso di queste proteste popolari si trovavano proprio le collusioni fra potere e imprenditoria immobiliare, che tanto determina della vita di Hong Kong. Ma il movimento del 2019 si è concluso proprio con l’imposizione, da parte di Pechino, della Legge sulla sicurezza nazionale che ha introdotto il crimine di sedizione, e che è stata pensata proprio per prevenire un ritorno alle manifestazioni di piazza massicce e durature di cui Hong Kong ha dato prova in passato. Resta però da vedere fino a che punto la rabbia e il dolore che si sono sviluppati in seguito all’incendio possano davvero sfociare in un nuovo movimento politico, data la nuova legislazione che prende di mira proprio il dissenso e le azioni organizzative indipendenti.
il bambù
La disputa fra bambù e plastica, nel frattempo, continua: il capo dell’esecutivo, John Lee, ha annunciato che il bambù sarà decommissionato un po’ per volta, per passare alle impalcature in metallo – malgrado questa sia una scelta con decisamente poco sostegno fra la popolazione. Nei cantieri cittadini, nel frattempo, sono state tolte tutte le reti di plastica, in modo spontaneo, lasciando scoperte le impalcature di bambù: un’ammissione silenziosa che non è stato questo materiale naturale a creare la tragedia.
E se le dimostrazioni di dissenso pubbliche possono portare all’arresto, come è avvenuto con Miles Kwan, la rabbia che corre sui social ha molti meno timori a esprimersi. In molti filmano esperimenti in cui il bambù non brucia, anche se esposto a fiamme dirette, o postano fotografie e video di cibi fatti cuocere all’interno del bambù, messo direttamente sulle braci.
Intanto, il cordoglio continua, così come il tentativo di incoraggiarsi gli uni con gli altri: a Tai Po, alcuni studenti distribuivano fiocchetti neri da fissare agli abiti, dicendo a chi li prendeva di “ga yau”, ovvero, mantenersi determinati. Fra i fiori lasciati a terra, invece, si poteva leggere, su dei biglietti, la frase in inglese che ricorre fin dai tempi delle manifestazioni: Stay Strong, Hong Kong.
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