Non c’è nulla da fare, a prescindere se il potere vada a destra o sinistra, se le scelte siano dettate da crisi economiche o da pandemie e altri tipi di crisi, l’Unione europea affronta la questione migratoria come fosse un popolo accerchiato da nemici da cui difendersi, sull’orlo di un’invasione epocale dagli effetti devastanti e secolari.

A nulla valgono le statistiche di studiosi, esperti, organismi internazionali che smentiscono ormai da decenni, con i numeri, l’arrivo di orde africane (l’85 per cento delle migrazioni dal continente nero sono intra continentali, una buona percentuale verso il Golfo ndr), asiatiche o di altri “barbari”: il picco più alto raggiunto in un anno si è toccato nel 2015, al culmine della crisi siriana, con poco più di un milione di ingressi in Ue. Da allora, non hanno mai superato i 500.000, con punte bassissime di 139.000 nel 2019. Una percentuale infinitesimale per una popolazione complessiva di 450 milioni di persone.

Il pensiero unico dominante è sempre lo stesso: “dobbiamo difenderci”. E come nelle migliori tradizioni di strategie di difesa, si cercano alleanze con eserciti e leader capaci di fornire mezzi, uomini e, soprattutto, metodi efficaci. Non importa se tra questi figurino alcuni tra i peggiori tiranni dell’epoca contemporanea.

Prima ci siamo rivolti alla Turchia affidando a Recep Tayyip Erdoğan sei miliardi di euro in cambio del blocco di tutti i profughi provenienti dall’oriente. Poi, capitanati dall’Italia e dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, nel 2017 l’Europa si è affidata alla Libia, nota in tutto il mondo per ospitare lager moderni ideati proprio per “gestire” i migranti. Ora, all’indomani di scelte autocratiche come l’esautoramento del parlamento e dell’esecutivo, di alcune esternazioni choc proprio sul tema dei migranti («è in atto un famigerato piano criminale per fare invadere il paese dai sub sahariani») che hanno dato il via a una caccia al profugo e, soprattutto, dopo le tante notizie di deportazioni di migranti nel deserto e trattamenti inumani, con un timing perfetto, Kaïs Saied è diventato il nuovo partner scelto dall’Europa per l’alleanza internazionale «contro i trafficanti».

Star a Roma

Accolto come una star durante la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni che domenica scosra ha inaugurato il meloniano «processo di Roma», trattato come un grande stratega delle migrazioni qualche giorno prima da Giorgia Meloni, dal premier olandese Mark Rutte e da Ursula von der Layen ricevuti a Tunisi per siglare un memorandum d’intesa, Saied, nel pieno di una gravissima crisi economica e di consensi, ha ricevuto subito 150 milioni di euro a sostegno del bilancio esangue, mentre altri 105 arriveranno come supporto al controllo delle frontiere.

Il memorandum e il generale atteggiamento dell’Europa non sembrano tener conto del profilo pesantemente autocratico di Saied. «Questo accordo – spiega il medico Rafik Boujdaria, attivista per i diritti umani e vicepresidente del Forum italo-tunisino per la cittadinanza mediterranea – è stato firmato in un momento in cui la Tunisia attraversa una grave crisi economica e politica e l’Italia vuole porsi come difensore dell’Europa contro la “minaccia” dell’immigrazione. Ma il punto fondamentale da notare in questo memorandum è l’assenza di qualsiasi richiamo ai principi di democrazia e libertà tanto cari all’Ue».

La Tunisia si è trasformata, nel frattempo, in una nuova Libia per i migranti sub sahariani. Alcune zone del sud, vicine al confine con la Libia come le città di Medenine e Zarzis, sono diventate di fatto centri di grande concentramento per i migranti intercettati o salvati dalla Guardia costiera. Sono frequenti le segnalazioni di sovraffollamento, epidemie, violenze fisiche e sessuali e i tentativi di suicidio. Condizioni aggravate dall’assenza di una politica migratoria ufficiale e di una legge sull’asilo, ora esacerbate dall’instabilità politica, dalla crisi economica e dalle ondate xenofobiche fomentate dallo stesso Saied.

Vista dall’esterno la Tunisia sembrerebbe l’ultimo paese con cui siglare un accordo sulle migrazioni. Come sostiene l’agenzia di stampa indipendente e senza fini di lucro The New Humanitarian, «l’Ue sta stringendo un accordo insensato con la Tunisia per ridurre la migrazione, con pochissimo riguardo per le vite umane, un approccio che senza dubbio si ritorcerà contro». A oggi la vita in Tunisia per un migrante si sta facendo sempre più dura. Se non può o non vuole tornare nel proprio paese d'origine, ha solo due opzioni: restare in un paese che non lo vuole o tentare l’affondo alla fortezza Europa. «La politica Ue dei visti – conclude Boujdaria – è disumana, una presa in giro della dignità umana e va contro i valori dell'Europa. Il problema dell’immigrazione può essere risolto solo con principi basati sulla solidarietà»

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