Due modelli radicalmente opposti per il futuro del Cile, e una manciata di voti che deciderà da che parte andrà il paese. Se già dopo il primo turno dello scorso 21 novembre era difficile prevedere chi tra il candidato ultraconservatore José Antonio Kast e l'esponente di sinistra Gabriel Boric avrebbe più tratto vantaggio dalla forte radicalizzazione espressa dal voto, per il ballottaggio di domenica è una scommessa impossibile.

I sondaggi - proibiti per legge ma alla portata di tutti - parlano di pareggio statistico perfetto. Kast al 48,5 per cento e Boric al 48,4, mentre gli indecisi, già un quarto dell'elettorato, si sarebbero ridotti a un risibile 2-3 per cento. È come se in Cile, dove pure il voto è facoltativo da qualche anno e la partecipazione è molto diminuita, stavolta sia impossibile non avere una posizione, tanto forte è la differenza tra le due proposte. Nei giorni scorsi altri sondaggi informali indicavano invece un leggerissimo vantaggio per Boric.

Un padre nazista

Electoral workers joke with a stickers that read in Spanish "President" while preparing a school to be a polling station for the presidential run-off election in Santiago, Chile, Friday, Dec. 17, 2021. Chile will hold the vote on Dec. 19. (AP Photo/Esteban Felix)

In questo mese si sono verificati in Cile due fenomeni tipici delle votazioni a doppio turno. Gli attacchi personali per screditare l'avversario e le indicazioni di voto degli esclusi al primo giro, o di personaggi rilevanti della politica che non erano in gioco. Sono venute chiaramente a galla le imbarazzanti origini politiche di Kast, per esempio.

Il padre, scappato dalla Germania dopo la guerra, non era soltanto un soldato della Wehrmacht, ma è saltata fuori anche una tessera di iscrizione al partito nazista, scelta non obbligatorio all'epoca. Finora Kast ha sempre sostenuto che il padre non fosse nazista ed essere reclutato a 18 anni per la guerra non è certo un’opzione.

Ma non c'è nemmeno bisogno di andare così indietro nel tempo, perché sono note e confermate le simpatie del candidato di destra per la dittatura di casa propria, cioè quella di Augusto Pinochet. Soprattutto sulla politica economica liberista di quell'epoca. Sempre sul piano delle accuse personali, nell'ultimo dibattito in tv, Gabriel Boric ha dovuto tirar fuori in pubblico un test antidroga negativo, per rispondere alle insinuazioni del rivale. Mossa che alla fine si è rivelata controproducente, perché ha sollevato dubbi sulla data dell’esame, che coincideva con il periodo durante il quale Boric era bloccato in casa dal Covid.

Verso il centro

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Sul piano politico, invece, Boric ha portato a casa l'appoggio di Michelle Bachelet, già due volte presidente del Cile di grande popolarità e oggi con un incarico importante all'Onu. Non scontatissimo, e infatti arrivato all'ultimo, un suo faccia a faccia con il candidato della sinistra ha suscitato le proteste di Kast.

«Non è corretto che un alto commissario delle Nazioni unite intervenga così sulle elezioni. Capisco le sue preferenze personali, ma penso che dovrebbe riunirsi con tutti i candidati».

Nel frattempo, dovendo entrambi convincere milioni di elettori più moderati, che hanno preferito altri candidati al primo turno, Kast e Boric hanno dovuto per necessità convergere verso il centro. L'ex leader degli studenti ha incluso nel suo discorso le preoccupazioni sull'immigrazione clandestina e il narcotraffico, due problemi relativamente nuovi per il Cile, ma che sono stati alla base del trionfo di Kast sul versante conservatore dell'elettorato e in alcune regioni del paese afflitte da problemi di ordine pubblico.

Kast ha invece cancellato una proposta economica radicale, come la privatizzazione della Codelco, il colosso pubblico del rame, prima fonte di valuta per il Cile, che nemmeno Pinochet aveva voluto togliere allo stato. Sempre in termini di moderazione, Kast ha respinto le critiche di omofobia dichiarando, per esempio, che alla festa di matrimonio della figlia c'erano molte coppie dello stesso sesso.

E ha dovuto far marcia indietro sull'aborto, legalizzato parzialmente in Cile da soltanto tre anni, e che aveva detto in precedenza di voler cancellare.

Prime volte

Nonostante questo non è stato facile per la destra democratica cilena accettare di far confluire i propri voti su un volto così controverso. Il candidato che la rappresentava, Sebastian Sichel, arrivato quarto al primo turno con il 12,7 per cento dei voti, prima di cedere ha sollevato la questione del “rispetto assoluto per i diritti umani”, in merito alle proposte sbrigative di Kast sull'ordine pubblico. 

Tra due outsider assoluti e imprevedibili, un post fascista e un ex studente da barricata, nel gioco del “meno peggio” alla fine è Boric colui che è riuscito a convincere più personaggi della politica tradizionale. Oltre a Michelle Bachelet, gli è giunto l'appoggio incondizionato del Partito socialista e persino quello della Democrazia cristiana. Nel gioco dell'indecisione diffusa sono fattori che contano.

È la prima volta dal ritorno della democrazia nel 1990 che in Cile non si contendono la presidenza due candidati di centrosinistra e centrodestra. E se dovesse prevalere Boric sarebbe la prima volta che vince un candidato arrivato secondo nel primo turno.

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