La ferma condanna dell’Autorità nazionale palestinese riguardo l’attentato avvenuto ieri a Gerusalemme – nel quale sono morte sei persone e ferite altre venti – ha un duplice significato. Da una parte mandare un messaggio politico alla Comunità internazionale per sottolineare la sua distanza da Hamas, dall’altra è un tentativo di parare la prossima reazione delle autorità israeliane.

«La presidenza palestinese dell'Anp ha ribadito la sua ferma posizione nel respingere e condannare qualsiasi attacco contro civili palestinesi e israeliani e ha denunciato tutte le forme di violenza e terrorismo, indipendentemente dalla loro fonte», si legge in una nota ufficiale. «La presidenza – prosegue il testo – ha sottolineato che la sicurezza e la stabilità nella regione non possono essere raggiunte senza porre fine all'occupazione, fermare gli atti di genocidio nella Striscia e fermare il terrorismo coloniale in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme occupata». Per Hamas, invece, i due giovani poco più che 20enni autori materiali dell’attacco avvenuto in una fermata del bus hanno compiuto un’«azione eroica».

La presa di posizione dell’Anp, tuttavia, non evitato la dura reazione del ministro delle Finanza, l’esponente dell’ultradestra Bezalel Smotrich secondo cui l’organismo «deve scomparire dalla carta geografica. Israele non può accettare un'Anp che alleva ed educa i suoi figli a uccidere gli ebrei».

All’interno dell’Anp il clima è sempre più teso. Si temono ritorsioni più gravi nei confronti delle sue sedi e dei suoi membri da parte dei servizi di sicurezza israeliani. Per lo Stato ebraico, invece, si profila l’occasione per porre fine alla soluzione politica di due popoli e due Stati. Mettere da parte l’Anp significa che in assenza di un ulteriore rappresentanza politica non ci c’è un’altra organizzazione in grado di “governare” uno stato palestinese.

Per il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar «questo attentato dimostra la necessità di impedire la creazione di uno Stato palestinese sotto l'Anp. L'Europa e la comunità internazionale devono scegliere se stare con Israele o con i jihadisti».

Spalle al muro

Negli ultimi due anni l’Anp vive uno dei suoi periodi più bui. Si è ridotta a un organismo accusato di corruzione, divenuto altamente impopolare tra i palestinesi, con poca trasparenza e con una leadership diventata establishment. Mahmoud Abbas, che ne è presidente dal 2005, è considerato da molti come un leader usurato e piegato alle forze occidentali. Oltre a un rimpasto di governo, l’Anp non è riuscita a rinsaldare la fiducia con parte del suo popolo. Di sicuro non ha giovato a livello politico l’operazione «Proteggere la Patria» durata a cavallo tra dicembre 2024 e gennaio 2025 «per riportare legge e ordine ed eliminare il caos a Jenin e nel suo campo profughi».

Un ciclo di arresti, pestaggi e violenze per far vedere all’Occidente che i servizi di sicurezza dell’Anp riusciranno un giorno a mantenere la sicurezza all’interno di Gaza. Ma è stata una mossa pagata a caro prezzo.

Negli ultimi due anni era chiamata a dimostrare solidità per raccogliere l’eredità politica della Striscia, ma ora è sempre più in difficoltà. Dagli Stati Uniti il presidente Donald Trump da una parte spinge per ottenere il controllo territoriale di Gaza e costruirci la Riviera, mentre dall’altra revoca i visti alla delegazione dell’Anp per la partecipazione alla prossima Assemblea generale dell’Onu.

A livello politico Abbas e i suoi uomini sono deboli nonostante incontri e strette di mano con i vari leader europei. Ma l’Ue finora ha assistito inerme di fronte a ciò che sta accadendo a Gaza. Il primo reale impulso è arrivato ieri dal premier spagnolo Pedro Sanchez.

Le misure di Sanchez

«Quando i media internazionali potranno entrare a Gaza, ci renderemo conto che stiamo assistendo a uno dei momenti più oscuri del XXI secolo. La storia sarà implacabile. E giudicherà l'indifferenza come complicità».

Con parole dure il primo ministro spagnolo ha annunciato l’introduzione di un embargo sulle armi contro Israele e ha invitato anche gli altri paesi europei ad adottare misure simili. Immediate le accuse di antisemitismo da parte del ministro degli Esteri israeliano che hanno spinto Madrid a richiamare il suo ambasciatore a Tel Aviv per consultazioni.

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