«Ora basta! Nessuno sa se il Kenya resterà stabile e unito o crollerà nel caos come altre nazioni africane a causa delle vostre assurde incapacità a trovare un accordo per il bene del paese. Presidente William Ruto e signor Raila Odinga, 50 milioni di keniani dipendono da voi e seguono con paura gli eventi. Di certo avete in rubrica il numero l’uno dell’altro, parlatevi e chiudete questo ciclo pericoloso di tensioni prima che sia troppo tardi».

Iniziava con queste parole il durissimo editoriale trasmesso, qualche settimana fa sul canale Ntv, il popolare network del gruppo Nation Media Group Kenya, e subito divenuto virale. La speaker invitava con fermezza il presidente Ruto e il leader dell’opposizione Odinga, esattamente un anno dopo le elezioni più pacifiche della storia del paese, a trovare un accordo e mettere fine a un terribile periodo di violenze che hanno scosso il Kenya e rischiano di trascinarlo verso un’instabilità che sembrava ormai un lontano ricordo.

Dal 20 marzo scorso le manifestazioni convocate a cadenza settimanale dall’opposizione contro tasse e aumento dei prezzi (Odinga, sconfitto alle elezioni dell’agosto 2022, continua ad aggiungere ai motivi della protesta presunti brogli ndr), hanno reso sempre più tesi i rapporti politici e fatto salire il livello dello scontro.

E di certo non ha aiutato la reazione della polizia che, nel corso dei mesi, ha provocato oltre 30 morti tra i dimostranti. Gli attacchi alle proprietà dei leader politici e la rabbia di parte della popolazione hanno fatto temere un ritorno al terribile periodo post elettorale del 2007-2008, quando morti e feriti sono stati molti di più e il paese è precipitato nel caos.

La ricerca del dialogo

La coalizione di opposizione Azimio la Umoja, guidata da Odinga, accusa la polizia di un uso eccessivo della forza. Dall’altra parte il governo imputa ai leader dell’opposizione di fomentare le masse fino allo scontro violento e all’inevitabile uso della repressione armata.

A fare da affidabile contraltare alle accuse reciproche dei leader politici e alle susseguenti tensioni è la società civile che, unita a una grossa parte della stampa, sta esortando il governo e l'opposizione a risolvere pacificamente le loro divergenze e incontrarsi.

Anche i leader religiosi, estremamente allarmati, hanno fatto sentire la propria voce. In una dichiarazione congiunta, la Conferenza dei vescovi cattolici, il Consiglio nazionale delle chiese del Kenya e il Consiglio supremo dei musulmani del Kenya, hanno sollecitato un immediato dialogo nazionale raccomandando «un quadro definito e una piattaforma per tutte le componenti del paese capace di trovare soluzioni amichevoli» e proponendosi come «garanti della sostenibilità».

Alla fine di luglio il presidente Ruto ha offerto a Odinga la possibilità di incontrarsi («noi due soli»), ma il 78enne ex primo ministro ha dichiarato all’agenzia di stampa France Press che non lo farà a meno che non sia presente un mediatore terzo. «Non è una persona di cui ci si possa fidare», ha spiegato.  

I preparativi per i colloqui, iniziati nei giorni scorsi, proseguono e si pensa all’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo come facilitatore. I dubbi, però permangono. «Molti keniani – ha detto Timothy Simwa, giornalista di K24 ad Africanews – restano scettici sul fatto che questa possa essere un’idea praticabile e che possa portare frutti».

Altri credono che la sollevazione dell’opinione pubblica a cui si assiste da mesi, forzerà i leader politici a trovare una soluzione. Il paese, tra i più stabili d’Africa, con un’economia in crescita e grandi capacità nei campi dell’innovazione, è considerato un riferimento geopolitico in ascesa nel continente anche per la caduta in disgrazia dell’Etiopia, travolta da una spaventosa guerra terminata nel novembre scorso.

Un paese stabile

Inoltre gode di nuova fiducia internazionale come confermano la visita e le parole di Sergio Mattarella lo scorso marzo («il Kenya è un esempio di democrazia. Un pilastro di stabilità»). Così come la recentissima approvazione, da parte della comunità internazionale, dell’offerta di fare da capofila di una forza di polizia multinazionale per contrastare il dilagare delle gang ad Haiti (gli Usa hanno dichiarato che presenteranno una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu per autorizzare il Kenya a guidare la task force, ndr).

Per questo il governo di Nairobi e l’opposizione non possono permettersi ulteriori sbandamenti. Devono trovare una mediazione e tornare a percorrere la strada della stabilità politica e della democrazia che, seppur tra mille difficoltà e contraddizioni, ne hanno fatto un modello.

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