Donald Trump è stato uno shock per chi studia la politica e il diritto americani. Trump ha cercato, con un certo successo, di sostituire il diritto con la politica e la politica ordinaria con il populismo carismatico.

L’indipendenza giudiziaria è stata minata; il controllo degli stanziamenti da parte del Congresso è stato ignorato; le agenzie regolatorie sono passate ai sotto il controllo di chi era regolato; le agenzie di intelligence sono state subordinate agli interessi russi; è stato negato l’accesso al governo ai membri della stampa; la propaganda ha sostituito l’informazione; ci si è fatti beffa delle istituzioni internazionali e gli alleati tradizionali sono stati abbandonati. Le istituzioni politiche americane si sono rivelate inaffidabili.

Oggi queste istituzioni sono deboli perché i cittadini provano meno attaccamento nei loro confronti. Com’è possibile che gli americani si siano allontanati così tanto dalle pratiche e dalle credenze che hanno definito un progetto nazionale di autogoverno costituzionale? Che fine ha fatto l’ethos americano dell’impegno pubblico?

Che cosa si aspettano oggi i cittadini dal governo e come pensano alle proprie responsabilità? Affronto queste domande nel mio libro Democracy in Our America: Can We Still Govern Ourselves? 

Sulle orme di Tocqueville

Visitando l’America duecento anni fa, Tocqueville si convinse che una democrazia liberale poggia su abitudini di servizio volontario e formazione dell’opinione, sostenute da famiglie, chiese, scuole, associazioni civiche, partiti politici, lavoro e media.

Seguo le orme di Tocqueville nell’esaminare la politica nazionale attraverso il prisma di una piccola città del New England, il luogo in cui vivo: Killingworth, in Connecticut, 6.400 abitanti.

Tocqueville credeva che la pratiche e le credenze essenziali per una democrazia di successo partissero dal livello locale per arrivare a quello nazionale. Il governo locale era la scuola della democrazia.

Oggi la vita dei cittadini comuni non sostiene più le nostre pratiche di autogoverno. Si è formato un divario tra le nostre istituzioni politiche e la società civile. In questa distanza si frappongono nuove forme di mediazione che di fatto riducono la politica a intrattenimento.

Killingworth praticava l’autogoverno già da 150 anni quando Tocqueville vi arrivò nel 1832. Allora come oggi la città dipende dai volontari. Gestiscono i vigili del fuoco, il servizio di ambulanze, il banco alimentare, la biblioteca.

Si occupano della conservazione del territorio, della manutenzione del parco, della risposta ai disastri e dei servizi agli anziani.

I volontari prestano servizio nei comitati che si occupano di budget, sviluppo, sanità pubblica e istruzione. Alcune di queste posizioni sono assegnate mediante elezioni, altre per nomina.

Ma non c’è differenza, si tratta sempre di volontari. Se la città non potesse contare sui volontari, nel caso fosse rasa al suolo, non sarebbe in grado di portare i feriti all’ospedale.

La democrazia a Killingworth non riguarda il voto, ma l’azione volontaria. Le elezioni sono soltanto un meccanismo decisionale, non concludono nulla.

La crisi dell’autogoverno che la città oggi affronta dipende dall’invecchiamento dei volontari. I volontari più anziani non hanno sostituti. La maggior parte dei cittadini non pensa più che le responsabilità politiche vadano oltre il voto alle elezioni nazionali.

Consideriamo ad esempio l’assemblea cittadina, l’istituzione che Tocqueville vedeva come il cuore pulsante della democrazia americana: i cittadini riuniti in assemblea sono il corpo legislativo.

Oggi però è una forma vuota. A malapena i cittadini sanno di essere legislatori. E se anche lo sapessero, non gli importerebbe nulla. Sono impegnati in altro.

Con qualche eccezione, coloro che fanno parte dell’assemblea hanno un interesse immediato nell’ordine del giorno. Questo esercizio di democrazia diretta potrebbe essere il momento meno democratico nel governo cittadino, perché le decisioni vengono prese da una piccola fazione interessata.

Oggi, più una procedura decisionale è vicina alle persone, meno è democratica. La debolezza democratica dell’assemblea cittadina ha portato a un maggiore ricorso ai referendum popolari, in particolare sulle questioni di budget.

I referendum abbandonano l’ideale della delibera, ma non sono riusciti a trovare un’alternativa nel modo in cui l’informazione viene distribuita. Senza informazione non c’è molto interesse.

Affluenza

Il tasso di partecipazione è più alto rispetto a quello di un’assemblea cittadina, ma è raro che si raggiunga persino il 20 per cento, molto meno dell’80-90 per cento che vota alle elezioni presidenziali nazionali.

Poiché i referendum sono quasi sempre incentrati sulle spese comunali, l’atteggiamento diffuso è che l’amministrazione riguardi le tasse.

I cittadini vedono le tasse come il prezzo per acquistare servizi e chiedono cosa avranno in cambio del loro contributo.

Chi non ha figli nelle scuole, ad esempio, penserà di dover pagare per un servizio di cui non ha bisogno. Chiederà uno sconto.

L’atteggiamento della tassa per un servizio rafforza nel cittadino l’idea che l’amministrazione sia una cosa fatta per lui, invece che una cosa che si fa insieme. 

Una democrazia diretta appiattisce l’autorità politica e invita allo stesso tempo altre forme di autorità. L’anamorfismo dell’assemblea cittadina un tempo era un luogo in cui l’autorità conquistata altrove poteva essere esibita.

La città era satura di autorità: il ministro della congregazione, professionisti locali, capi di famiglie allargate. Alla fine dell’Ottocento la città aveva tante piccole attività: mulini, negozi di mangimi, botteghe per la lavorazione del ferro, la conceria, negozi di attrezzature e di tessuti. Non è rimasto nulla di tutto questo.

Nessuno cerca una guida nelle figure religiose, leader aziendali, anziani o anche capi di partiti politici. Nessuno di questi si fa avanti per offrire una guida.

In assenza di un’autorità è improbabile che si sviluppino pratiche di responsabilità. L’autorità governativa oggi sta in piedi da sola, ma non è una struttura affidabile su cui basarsi.

La politica può diventare un forum per coloro che non hanno né autorità né rispetto. Le loro voci possono essere le più rumorose nella stanza; allontanano chi altrimenti potrebbe servire volontariamente.

Queste patologie democratiche riflettono cambiamenti più profondi nella vita dei cittadini. Le famiglie in città appartengono decisamente alla classe media, ma non possono permettersi la vita che conducono.

Non solo devono pagare un mutuo e le tasse, ma anche le due auto che servono per andare al lavoro, l’assicurazione sanitaria, le bollette, i telefoni e internet, i piani pensionistici e il dentista, l’oculista, il terapista, le lezioni di musica, i tutor. Poi c’è il costo della vita.

Se hanno figli piccoli, c’è il costo strabiliante degli asili. Il costo del college poi è frustrante anche per chi sta economicamente bene.

Le conseguenze politiche dell’ansia economica sono potenti quanto quelle della diseguaglianza economica. Queste famiglie sono sempre al limite: qualsiasi cosa la città chieda, è già troppo.

Non vogliono sentire che la città fa nuovi progetti; vogliono sapere cosa si può tagliare. Vogliono sapere cosa avranno per ciò che pagano; non amano le affermazioni secondo cui ci sono altri più bisognosi. I benestanti non stanno bene.

I costi sono solo l’inizio dello stress familiare. I cittadini più anziani ricordano ancora la città come un luogo in cui i bambini giocavano per le strade sotto la supervisione diffusa dell’intera comunità.

Ora sono i genitori ad organizzare le attività dei figli, lasciando poco tempo per gli altri. Questa gestione è poi probabile che li porti fuori città, ad esempio per i corsi di musica o per lo sport. Il risultato è che la genitorialità non è più un luogo che favorisce la creazione di amicizie tra adulti. 

Il declino della famiglia

Il declino della famiglia come comunità è una delle caratteristiche principali nel nostro tempo. Da quando la casa è diventata un portale internet, la famiglia non opera più come gruppo. Ogni membro è davanti al proprio schermo.

La cena in famiglia è scomparsa perché i genitori lavorano fino a tardi e i bambini sono seppelliti nei loro schermi. A dire il vero i genitori hanno più controllo sui propri figli sul campo da calcio che nelle loro camere con i loro smartphone. Quello che un tempo era il luogo più privato è diventato il più accessibile.

Sono in pochi a pensare che i propri figli rimarranno in città; rimangono poche famiglie allargate. L’impegno intergenerazionale per la città è scomparso.

L’attività volontaria non si fa più con il pensiero rivolto ai figli e ai nipoti. La famiglia ristretta incide anche sul ruolo delle chiese. Nei primi 250 anni della vita della città la chiesa congregazionale dominava la comunità. Oggi è la più piccola delle tre chiese principali.

L’appartenenza alla chiesa si è ridotta al 10 per cento della popolazione, per lo più gli anziani. Solo la chiesa evangelica cresce. Sorprendentemente questa chiesa è a Killingworth, ma non di Killingworth. I suoi membri non hanno un legame particolare con la città.

Il divario tra religione e città corre in parallelo a quello tra commercio e città. Le aziende agricole e le attività commerciali di supporto sono scomparse. Dottori e avvocati si sono uniti a studi più grandi altrove.

La professionalità dei cittadini avrebbe potuto dare un contributo di valore all’autogoverno locale, ma invece li porta via. Vanno negli uffici, laboratori, università di città più grandi.

Non ritornano a casa se non la sera tardi. Amazon è senza dubbio la maggiore impresa commerciale della città.

Il viaggio giornaliero per andare al lavoro è tra le pratiche più distruttive per la politica americana. Non solo sposta la comunità locale fuori dal proprio campo visivo, ma crea anche una bolla di informazione.

Da solo, il pendolare ascolta gli attacchi al vetriolo senza fine degli agitatori di destra oppure l’apologetica dei commentatori progressisti. Le persone non imparano la loro politica in uno spazio comune, ma da sole, con insegnanti faziosi.

Fino a tempi molto recenti, la qualità e la quantità delle informazioni erano inversamente proporzionali alla distanza. Si conosceva la gente e le problematiche della città perché la città formava un naturale nesso di comunicazione.

La cattiva versione era il pettegolezzo; la versione buona era l’amicizia civica. Venticinque anni fa esistevano ancora i giornali regionali. Oggi ciò che è vicino si vede male o non si vede affatto. È molto più difficile sapere cosa è successo in una riunione locale che in una a Washington.

Senza conoscere il livello locale, si perde la misura che l’esperienza reale può dare alle convinzioni politiche. Non sappiamo più a cosa credere o chi stia parlando in modo veritiero.

Per un breve periodo si è sperato che i social media potessero diventare il luogo dello scambio di informazioni locali. Ci sono stati tentativi di creare questo scambio in città, ma sono entrati i troll politici.

I forum politici sono diventati rapidamente luoghi per attacchi aggressivi, minacciosi e falsi. La versione digitale dell’assemblea cittadina diventa un forum per estremisti.

Il discorso politico è diventato propaganda. C’è stata un’omogeneizzazione dei diversi tipi di comunicazione, inclusa l’espressione politica. Tutto sembra e si sente uguale a come arriva sullo smartphone. Tutto diventa intrattenimento. Non si chiede all’intrattenimento di essere vero. Il suo scopo è di mantenere l’attenzione.

Per avere successo, la politica come intrattenimento si modella sulla pornografia nella sua tendenza ad andare agli estremi e nel disprezzo per gli altri. Il discorso politico si svolge sul confine tra sesso e violenza.

Con Trump c’è sempre un’allusione all’aggressione sessuale, allo scandalo sessuale e alla violenza. Una politica dell’oltraggio è sempre in atto fino al momento in cui qualcuno se ne scorda e tira fuori una pistola.

Anche a Killingworth i cittadini parlano della necessità che la polizia sia presente alle assemblee cittadine.

Per un cittadino ordinario il partito politico locale è stato sostituito dal partito nazionale. Le campagne elettorali nazionali non hanno più bisogno di nulla da parte dei partiti locali. Grazie a internet hanno accesso diretto agli elettori.

L’identità del partito ora si forma nel dramma della politica presidenziale. Davvero questo potrebbe essere tutto ciò che la maggior parte della gente conosce di politica: politica significa partito e partito significa candidato presidenziale. Molti cittadini ben intenzionati vedono la politica come una pratica degradata e degradante.

La loro conclusione è che la politica non appartiene alla sfera pubblica. Vogliono il servizio pubblico senza la politica. Abbandonano la loro affiliazione politica diventando indipendenti.

Chi si occuperà dunque di individuare e formare i futuri leader? Senza partiti forti e locali persone senza esperienza credono di essere in grado di governare. Non sopportano l’idea che la politica sia una pratica appresa attraverso anni di partecipazione.

Qualcuno pensa che il governo dovrebbe essere gestito come un’azienda, una posizione ancora oltre l’atteggiamento di tassa per un servizio, che è in realtà la morte dell’autogoverno democratico.

La funzione essenziale della società civile – e in questa sono comprese famiglie, chiese, associazioni, partiti, attività e scuole – era quella di educare alla cittadinanza. Ma la società civile e la scuola di democrazia di Tocqueville non ci sono più.

Dove imparano oggi le persone a essere cittadini? Imparano a fare i pendolari da soli nelle loro auto, guardando Fox News, seguendo i social media o in rete. Non c’è un apprendere insieme all’interno di una vera comunità.

Nessuno insegna le abitudini di civiltà necessarie all’autogoverno. Le virtù del carattere che un tempo erano date come condizione di base per l’autogoverno collettivo non vengono più insegnate perché non sono più riconosciute.

Killingworth racconta una storia che vale per le piccole e le grandi città d’America. Le nostre istituzioni politiche non sono più adatte alle nostre vite. Il problema fondamentale non è l’accesso al voto, ma l’incapacità di assumersi le responsabilità dell’autogoverno: l’attività volontaria.

Una democrazia di elettori che non sono anche volontari potrebbe non essere affatto una democrazia.

I cittadini non faranno attività volontaria a meno che non siano interessati, e non lo saranno se il governo locale è invisibile nella loro vita reale. La visibilità incomincia con l’istruzione. Le scuole devono smetterla di trattare la politica come se fosse una forma di credenza religiosa da tenere fuori dallo spazio pubblico, laico. La politica dei partiti deve essere abbracciata e insegnata come il motore dell’autogoverno. Agli studenti si dovrebbe chiedere di prendere parte nell’amministrazione locale, dall’assemblea cittadina ai servizi di pulizia. E se non vogliamo arruolare i giovani nel servizio, abbiamo una responsabilità ancora maggiore di introdurli a una vita di impegno pubblico.

L’educazione alla cittadinanza inizia nelle scuole, ma non finisce lì. Il governo locale dovrebbe essere considerata come un’educazione continua degli adulti. La funzione primaria del governo locale oggi non è quella di occuparsi della complessità delle norme, ma di offrire l’opportunità di un’educazione civica attraverso la pratica. Diventiamo cittadini migliori solo assumendo il compito di governarci.

I nostri problemi di autogoverno saranno curati solo quando mostreremo ai cittadini che la partecipazione democratica produce effettivamente una vita migliore.

La politica non è solo una responsabilità; è una forma di vita con le sue virtù. Queste virtù non si trovano nell’erogazione efficiente dei servizi. L’autogoverno è invece fine a sé stesso se perseguito nel modo giusto.

Ci siamo allontanati da quella via, ma forse non siamo così lontani da non poter cominciare a immaginare una pratica virtuosa nelle nostre comunità e per i nostri figli.

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