Il premier australiano, Scott Morrison, ha chiesto pubblicamente scusa a Brittany Higgins, una lavoratrice nello staff governativo del parlamento nazionale che aveva denunciato nel 2019 di avere subìto uno stupro da parte di un collega nell’aprile dello stesso anno. Higgins aveva raccontato di essere stata stuprata in un ufficio del parlamento stesso in cui un collega l’aveva condotta con la scusa di «prendere qualcosa». A quel punto la donna aveva perso conoscenza risvegliandosi con l’uomo intento a compiere la violenza. Higgins si era in seguito recata dalla polizia raccontando quanto accaduto, ma evitando di sporgere una denuncia formale per paura «di ricadute sulla propria carriera».

Solo il 15 febbraio di quest’anno la donna ha denunciato il reato subìto dicendo «vorrei che ci si attivasse affinché denunciare un abuso sessuale non ostacoli la carriera della vittima».

Non solo Australia

Recentemente anche altri paesi hanno dovuto confrontarsi con i propri retaggi machisti. In Giappone, una consigliera comunale è stata espulsa dal consiglio della propria città, Kusatsu, per avere denunciato uno stupro commesso da un collega. Secondo i cittadini, con la sua denuncia, la donna avrebbe «disonorato» la città. Anche l’ormai ex presidente del Comitato olimpionico giapponese, Yoshiro Mori è finito al centro di una bufera che ha portato alle sue dimissioni. L’ex premier giapponese aveva infatti detto durante una riunione di ritenere «fastidiosi» gli interventi delle donne nell’organo sportivo e aveva chiesto di ridurre i tempi dei loro interventi. Inoltre in India, la multinazionale H&M ha aperto un’inchiesta su una sua azienda fornitrice dopo che il corpo senza vita di una dipendente è stato ritrovato vicino alla fabbrica.

Secondo gli inquirenti e la famiglia della vittima, la donna sarebbe stata uccisa e violentata da un suo superiore. Un evento non isolato visto che dopo la sua morte, dozzine di dipendenti hanno denunciato di avere subìto violenze sul luogo del lavoro. 

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