Un dato che emerge dal primo mese di campagna elettorale per le presidenziali americane del 2024 è che Donald Trump non ha alcun rivale alla sua altezza all’interno del partito repubblicano. C’è solo un elemento che può smorzare o arrestare la sua marcia trionfale verso la nomination repubblicana alla convention nazionale che si svolgerà a Milwaukee, in Wisconsin, dal 15 al 18 luglio prossimi: le sue numerose vicende giudiziarie.

Perché una condanna potrebbe azzoppare l’ex inquilino della Casa Bianca? Non soltanto per la conseguenza più devastante, l’interdizione dai pubblici uffici, ma anche per i punti percentuali che potrebbe perdere tra l’elettorato indipendente. Perché le sue due prime convincenti vittorie in Iowa e New Hampshire non devono far dimenticare che erano consultazioni interne alla base repubblicana, per le quali il tycoon è ancora un portabandiera con uno status semidivino. A novembre, invece, voteranno anche persone sostanzialmente più tiepide che potrebbero anche essere interdette dall’opzione di votare per un condannato. Andiamo con ordine.

Il falso in bilancio e la pornostar

Il primo processo a essere partito, con gran fanfara mediatica, è quello riguardante il pagamento fraudolento della pornostar Stormy Daniels avvenuto nell’ottobre 2016. La cifra è stata versata usando un trucco contabile per far figurare i 130mila dollari in questione come un'altra voce nei conti della Trump Organization. Un reato di falso in bilancio, secondo la legge dello stato di New York, ma non solo.

L’accusa del procuratore distrettuale Alvin Bragg però è che Trump è stato al vertice di una cospirazione criminale per mettere a tacere, con quest’operazione finanziaria, la notizia della sua relazione avuta con Daniels nel 2006. Questo dovrebbe essere il primo processo a iniziare il prossimo 25 marzo e nonostante l’anno scorso la vicenda relativa all’incriminazione dell’ex presidente sia stata un caso mediatico, con tanto di diretta che riprendeva il corteo automobilistico diretto al tribunale per la prima deposizione del tycoon, avvenuta lo scorso 5 aprile, l’attenzione su questo procedimento è molto calata.

Non ci sono conseguenze gravi che possano arrivare, se non qualche punto perso nei sondaggi: anche ci fosse una condanna a una pena detentiva, la candidatura di Trump sarebbe comunque salva, in ossequio al precedente di un candidato minore. Ad aiutare Trump, in questo caso, la storia della candidatura del leader del partito socialista americano Eugene Debs alle presidenziali del 1920, avvenuta mentre si trovava in carcere per il suo boicottaggio dell’intervento americano nella prima guerra mondiale. Poche preoccupazioni, nonostante sia prevista un’audizione per il tycoon già il prossimo 15 febbraio, ma potrebbe essere posticipata come l’inizio vero e proprio del procedimento: il procuratore Bragg potrebbe aspettare l’arrivo di un’altra sentenza.

Il rovesciamento del voto

In questo caso dovrebbe essere la Corte d’Appello del distretto di Columbia, nella capitale federale Washington, a decidere se le azioni dell’ex presidente fossero coperte dall’immunità, in occasione del suo tentativo di rovesciamento del voto delle presidenziali. La lentezza della macchina burocratico-giudiziaria è corsa pure stavolta in aiuto di Trump: la data d’inizio del processo era fissata per il 4 marzo, il giorno prima delle primarie del Super Tuesday, quelle che coinvolgono ben sedici stati e che con ogni probabilità sigilleranno la nomination per novembre. Sul sito del tribunale la data è sparita. Si rimanda ancora. Di che processo parliamo, in questo caso? C’è il coinvolgimento diretto del dipartimento di giustizia attuale, che ha nominato il consulente speciale Jack Smith per indagare su un’altra cospirazione, di natura politica, lo sforzo tecnico dell’allora presidente di ribaltare l’esito del voto. Non soltanto tramite l’assalto dei manifestanti violenti a Capitol Hill il 6 gennaio 2021, mentre era in corso il conteggio dei voti dei grandi elettori, ma anche organizzando schieramenti di falsi grandi elettori per sostituire quelli legittimi e per inventarsi accuse fantasiose con cui fare ricorso nelle corti federali.

Questo è senz’altro il processo più pericoloso, ma pure quello da maneggiare con maggiore delicatezza da parte degli inquirenti: perché in caso di condanna, per Trump le porte della Casa Bianca sarebbero sbarrate. A quel punto scatterebbe l’applicazione del quattordicesimo emendamento della Costituzione americana, che proibisce a chi è stato coinvolto in eventi “insurrezionali” di occupare cariche pubbliche. Così si spiega il tentativo della difesa di puntare a una dilazione continua, che spinga sempre più in avanti le sentenze, con la speranza di giungere alla data delle elezioni senza un verdetto dei giudici.

I documenti di Mar-a-Lago e «i voti da trovare»

Anche per altri due processi potenzialmente devastanti è alquanto improbabile che tutto si concluda prima di novembre. Il 20 maggio inizieranno le audizioni nel distretto meridionale della Florida sulla sottrazione fraudolenta di documenti secretati, trasportati dalla Casa Bianca alla residenza di Trump in Mar-a-Lago. A calare sul tycoon sarebbero le conseguenze dell’Espionage Act, approvato nel 1917 per punire chi avesse passato informazioni riservati alla Germania imperiale o ai suoi alleati. A quel punto davanti a lui ci sarebbe l’opzione dilatoria e probabilmente gli verrebbe concessa, dato che a presiedere c’è la giudice Aileen Cannon, nominata dallo stesso Trump.

Ancora più tardi, addirittura il 5 agosto, invece, la procuratrice distrettuale Fani Willis ha fissato la prima udienza per l’accusa di aver tentato di forzare la mano del segretario di Stato Brad Raffensperger per «trovare circa ventimila voti». In questo caso ci sarebbe una prova sostanziosa, costituita da una celebre intercettazione telefonica pubblicata il 2 gennaio 2021 dal Washington Post, nella quale si udiva chiaramente il tono minaccioso dell’allora presidente. Qui la difesa potrebbe puntare a smontare l’impianto accusatorio che pone Trump al vertice di una cospirazione criminale composta da diciannove persone, di cui quattro già si sono dichiarate colpevoli. 

Il tentativo però sarebbe di difficile attuazione e si potrebbe pensare a un nuovo spostamento delle date del processo per ragioni di opportunità politica. Oppure perché verrebbe smontata la credibilità personale di Willis: avrebbe assunto nel suo ufficio un consulente, Nathan Wade, con cui intratteneva una relazione sentimentale. A quel punto entrerebbe in gioco la commissione giustizia della Camera dei Rappresentanti, guidata dal trumpiano Jim Jordan, che potrebbe incriminare la stessa Willis per una malversazione di fondi pubblici.

Il Maine e il Colorado

Infine, c’è un caso che riguarda la presenza di Trump alle primarie repubblicane di Colorado e Maine, dov’è stato escluso nelle scorse settimane per ragioni simili eppure diverse, ai sensi del già citato quattordicesimo emendamento. Qui si dovrebbe esprimere la Corte Suprema che però, come appare sempre più probabile, concederà a Trump la possibilità di essere presente sulla scheda elettorale, in assenza di condanne sul suo conto.

Sembra comunque che in nessuno di questi processi si vada avanti speditamente, perché c’è un elemento che accomuna tutte queste vicende giudiziarie: le conseguenze di un’incriminazione potrebbero provocare delle violenze contro le persone coinvolte nelle indagini e porterebbero i portavoce della campagna elettorale di Trump ad accuse personali nei confronti di procuratori che rispondono a un dipartimento di giustizia che funge da «braccio armato» di Biden.

«Roba da regime autoritario», spiegano spesso gli ospiti del network conservatore Fox News. In conclusione, da nessuna vicenda giudiziaria dovrebbero venire conseguenze immediate che intaccherebbero la possibilità del tycoon di essere candidato a novembre. Difficile invece sapere quanti elettori cambieranno idea su di lui e se questi saranno sufficienti a determinare la sua sconfitta nei confronti del presidente uscente Joe Biden.

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