Libia e Afghanistan: la cartina di Tornasole dell’ipocrisia feroce del governo italiano, dei governi d’Europa, e della comunicazione main-stream, da cui per fortuna il Domani quotidiano si distingue.

Sono terribili le immagini che ritraggono donne e uomini in fuga dai talebani tornati al potere dopo vent’anni di una guerra inutile costata migliaia di miliardi all’Occidente, nove miliardi solo all’Italia.

Ci mostrano persone che cercano di scappare con ogni mezzo, donne che affidano i loro bimbi ai militari in fuga dopo la sconfitta, code di ogni mezzo di trasporto possibile ai confini. Si racconta di frustate in piazza a chi non è vestito in modo confacente alla Shari’a (la legge) dei talebani, di liste di donne da dare in sposa ai combattenti vittoriosi, di vergini da distribuire come premio.

Quasi nessuno, invece, riflette sul fatto che se migliaia di miliardi fossero stati spesi non in armi ma in scuole, università, ospedali e infrastrutture non ci sarebbe l’ombra di un talebano. O se anche ci fosse non avrebbe il consenso popolare che, anche questo nessuno lo dice, i talebani hanno semplicemente perché riporteranno per le strade sicurezza, pace, lavoro, pane.

Poi c’è la Libia, un altro Paese islamico, con un governo molto vicino agli islamisti. Un altro Paese in cui molte donne vengono nella migliore delle ipotesi date in sposa, ma più normalmente violentate, torturate, vendute come schiave sessuali. In cui molti uomini, per la loro condizione di persone in fuga da persecuzioni religiose, da guerre o da povertà, vengono rinchiusi in campi di concentramento, torturati quotidianamente, venduti come uomini di fatica.

Anche in Libia l’occidente ha portato la guerra e l’ha perduta, lasciando il Paese nelle mani di partiti vicino agli islamisti e lasciando che lo Stato Islamico costruisse roccaforti e controllasse vaste porzioni di territorio con il benestare o nell’indifferenza del governo centrale.

I governi occidentali sembrano aver paura del nuovo regime talebano. E i media occidentali dedicano pagine sui presunti orrori che laggiù si compiono ai danni di chi ha collaborato nel passato con gli occupanti e ore di copertura televisiva alle immagini strazianti di chi cerca di scappare.

A chi è stuprato, torturato, venduto come schiavo in Libia non è dedicato un minimo di attenzione da parte della maggioranza dei mezzi di informazione. L’opinione pubblica del nostro Paese è tenuta all’oscuro del fatto che a qualche centinaio di chilometri dai nostri confini esistono campi di concentramento che assomigliano a lager nazisti. I governi occidentali, il nostro in particolare, coprono con decine di miliardi un regime che di tutto questo è responsabile. E regala a quel regime proprio le attrezzature militari che servono per mettere o rimettere nei lager persone che saranno torturate, stuprate, vendute. Si lascia che militari di quel paese operino al di fuori delle loro acque territoriali, in zone di competenza europea, compiendo reati gravissimi come ha recentemente testimoniato anche l’Ong ResQ con un filmato (https://fb.watch/7vy3M5043Y/) che testimonia un respingimento di massa della cosiddetta guardia costiera Libica in zona Sar maltese.

E chi opera per salvare dall’orrore libico le persone non viene ringraziato, ma trattato come delinquente e ostacolato in ogni modo. La verità è banale ma terribile: la liceità di un regime non è misurata sulla base del rispetto dei diritti umani, ma sul non mettere in discussione gli interessi e gli affari dell’occidente. E anche se noi ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti.

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