Le violenze di Lagos riaffermano le contraddizione nigeriane. Duecento milioni, forse più: il numero di abitanti della Nigeria è un mistero come quello dei suoi milionari. È il gigante d’Africa, il paese che più produce in tutto il continente e che ha il maggior numero di straricchi, superando il Sudafrica. Solo che in Nigeria tutto è informale: l’economia è stimata, i dati ufficiali restano inaffidabili, scambi e commerci sono vorticosi e incontrollabili. Maestri di mercato continentale e globale, i nigeriani eccellono in tutto, nel bene e nel male. Il paese ha molte povertà ma anche punte di innovazione da fare invidia. La Nigeria ha un’agenzia spaziale, un settore manifatturiero sviluppato, un settore del lusso; produce film guardati ovunque; è diventata uno dei protagonisti del commercio globale. Ma ha un problema di governance e stato di diritto: con più organizzazione e meno disordine diverrebbe una potenza mondiale.

Di Nigerie ne esistono almeno due: quella impetuosa e ricca del sud e la tradizionale del nord. Solo al centro del paese (Abuja o Jos) i due paesi si incrociano. Superficialmente si potrebbe dire che al meridione ci sono i cristiani e al nord i musulmani ma non è vero: molti musulmani vivono a sud e numerosi cristiani al nord. La differenza è che a settentrione resiste ancora la Nigeria di una volta, dei clan e dei lignaggi, delle etnie, dell’agricoltura e pastorizia. Al sud invece, abbandonate le velleità secessioniste ormai tramontate con la sconfitta nella guerra del Biafra, il petrolio ha violentemente cambiato tutto, rimescolando i popoli e producendo una spaventosa ricchezza cresciuta al pari con l’inquinamento e l’accesso al mercato globale. I nigeriani hanno imparato tutto su competitività e sistema neoliberista (non quello mitigato d’Europa ma quello brutale).

Da tale dura scuola è uscito un popolo (perlopiù meridionale) capace di affrontare rischi, non vittimista né alla ricerca di aiuti. Tali nigeriani sono intraprendenti, viaggiatori convinti, abili commercianti, talvolta spietati: lo hanno imparato dal “vangelo della competitività”. Anche la loro religione si è adattata: i cattolici pur maggioritari hanno dovuto cedere spazio alle chiese pentecostali, paladine della teologia della prosperità, anti-islamiche e non sempre avulse dall’uso della violenza. Tali cambiamenti hanno reso la difformità tra nord e sud più ampia: mentre il sud si modernizzava tumultuosamente, dal 2000 gli stati del nord (la Nigeria è una federazione di 36 stati) iniziavano ad applicare la sharia, la legge islamica, anche come reazione all’aumento della corruzione. La divaricazione è cresciuta.

Gli scontri di questi giorni, con l’uccisione di decine di ragazzi a Lagos da parte di polizia ed esercito, seguono tale logica. Nell’universo turbolento del sud le giovani generazioni chiedono più diritti, tra cui la fine delle violenze di una polizia dura e corrotta. Il movimento è nato nel 2017 con una petizione, ha provocato manifestazioni e si è rafforzato questo mese con meeting di massa in città, in particolare a Lagos. Il fatto recente è che i giovani non smettono di manifestare da settimane e la società nigeriana li sostiene. Al nord tutto questo non accade anche se la violenza dei corpi dello stato è ugualmente grave. Per ora le proteste sono solo a sud. All’opposto tutte le violenze causate in questi anni dai Boko Haram riguardano esclusivamente il nord: al sud se ne disinteressano o addirittura le ignorano.

La Nigeria è paese di estremi che si polarizzano. La democrazia sostanziale si rafforza ma al contempo il paese si divarica: per paradosso, più democrazia significa meno collante nazionale e maggior sviluppo separato tra regioni, in particolare tra nord e sud. Alla fine degli anni Sessanta il nord vinse la guerra contro la parte di sud che voleva separarsi; un conflitto terribile con oltre un milione di morti. Oggi il sud ha scelto l’economia globale senza attendere un nord rimasto indietro e preda di altri demoni. I giovani nigeriani meridionali imitano i coetanei del mondo globale e chiedono più diritti, osando affrontare la violenza della polizia. A poche centinaia di chilometri i compatrioti del nord sono alle prese con le sirene del jihadismo. La globalizzazione avvicina i lontani e separa i vicini.

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