I ministri degli Esteri di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica si riuniscono a Città del Capo nel Hotel dei dodici apostoli davanti al quale si toccano i due oceani, per preparare il prossimo vertice di fine agosto dei capi di stato dei Brics. I leader non si incontrano in presenza dal 2019 a causa della pandemia che aveva costretto a sospendere tutte le riunioni faccia a faccia.

Così il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, è potuto tornare in Sudafrica dopo la visita dello scorso gennaio, cogliendo anche l’occasione per visitare Kenya, Burundi e Mozambico. A causa della guerra in Ucraina, il Sudafrica è in piena contraddizione con sé stesso e la sua storia, stretto tra la necessità di rispettare il diritto internazionale (il rispetto dell’intangibilità delle frontiere) e quella di incarnare un’alternativa all’occidente che per troppo tempo (come pensano all’African National Congress) ha sostenuto il sistema dell’apartheid e certamente non è visto di buon occhio.

L’immunità

Non si può dimenticare che in Africa australe i sovietici hanno sempre sostenuto la “linea del fronte”, cioè i paesi e movimenti (politici e armati) che combattevano i vari aspetti della colonizzazione e dell’apartheid. La storia della decolonizzazione portoghese di Angola e Mozambico, così come quella contrastata della Rodesia/Zimbabwe, sono strettamente legate alle vicende sudafricane e molto più ravvicinate nel tempo di quello che si percepisce in Europa.

Bruciano e restano aperte ancora molte ferite, avvantaggiando l’attuale tentativo russo di costituire un fronte anti-occidentale, sfruttando anche i Brics. Restare stupiti dell’atteggiamento non allineato del Sudafrica con l’Europa e gli Stati Uniti sulla questione delle sanzioni alla Russia, ad esempio, significa non conoscere a fondo la storia recente sudafricana e le posizioni politiche dell’Anc.

Non è sufficiente partecipare al mercato globale e al sistema finanziario mondiale per essere politicamente schierati (come d’altronde dimostra la Cina stessa). Per tali ragioni il governo sudafricano ha fatto votare una legge che garantisca l’immunità diplomatica ai partecipanti delle riunioni dei ministri degli Esteri e del vertice dei capi di Stato dei Brics.

Un sistema mondiale diverso

AP

I media hanno subito visto tale decisione come una manovra per consentire a Vladimir Putin di atterrare in Sudafrica senza timore. In realtà si tratta più che altro di un gesto simbolico, secondo molti giuristi neppure sufficiente a coprire i ricercati dalla Corte penale internazionale. 

Sta di fatto però che Pretoria ci tiene a restare neutrale tra i due schieramenti che si oppongono attualmente, condividendo la posizione cinese e cercando di influire sul resto del continente. Il 16 e il 17 giugno sette leader africani incontreranno prima Zelensky e poi Putin. Il tema della presidenza di turno sudafricana è molto incentrato sulle necessità continentali: “Africa e Brics, una partnership per una crescita reciproca accelerata, lo sviluppo sostenibile e il multilateralismo inclusivo”.

I paesi Brics sono particolarmente interessati all’area di libero scambio africana delineata in seno all’Unione africana ma ancora non partita. Si tratta di uno dei tasselli per una globalizzazione che prosegue. Significativa anche la citazione del multilateralismo: un segnale all’occidente e una strizzatina d’occhio alla Cina le cui autorità non fanno che ripetere il loro sostegno a un sistema mondiale in cui non siano solo gli occidentali a dettare la linea (unilateralista cioè).

Un’alternativa

Molti stati africani sono stati invitati ad osservare in quanto “amici dei Brics”, come la Repubblica Democratica del Congo, le Comore (presidente di turno dell’Ua), il Gabon, l’Egitto o l’Algeria (questi ultimi entrambi candidati ad entrare nell’organizzazione). L’apertura ai paesi “amici” dimostra l’interesse che cresce per tale alleanza.

Non si tratta tanto della questione russa – un’ossessione soprattutto occidentale – ma della costituzione di un blocco alternativo in grado di negoziare con l’occidente sulle maggiori sfide globali, come desidera Pechino.

In questo senso i Brics possono diventare un soggetto politico importante per rispondere alle difficoltà economiche in cui continua a dibattersi il continente, ma senza i condizionamenti in tema di diritti umani e di governance democratica richiesti dall’Europa e dagli Stati Uniti. 

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