La scelta del governo di inviare armamenti all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa sta creando malumori nel M5s e nella Lega, ma anche all’interno del Partito democratico, sebbene questi ultimi siano quasi invisibili all’esterno per via della decisione con cui il segretario Enrico Letta ha affrontato la questione.

Le preoccupazioni nascono dal comprensibile timore di contribuire alla proliferazione di armamenti e di fomentare il prolungamento del conflitto.

Sono remore condivisibili in linea generale, ma infondate in questa situazione specifica. Hanno senso, infatti, solo se è vero un presupposto: che l’aggressione russa all’Ucraina sia il frutto avvelenato di una controversia tra i due paesi, come ad esempio la divergenza sull’ambizione di Kiev ad entrare nella Nato, il trattamento dei russofoni nel Donbass o altro ancora, e che pertanto l’attuale conflitto potrebbe cessare se solo si riuscisse a negoziare in buona fede una soluzione equilibrata che soddisfacesse gli obiettivi minimi di entrambi.

In un tale scenario inviare armamenti significherebbe effettivamente fomentare la guerra. Ma lo scenario non è questo.

I limiti del negoziato

L’attuale tentativo del Cremlino di occupare i gangli vitali dell’intera Ucraina, infatti, implica che l’obiettivo di Mosca sia trasformare il paese in un vassallo, come la Bielorussia, e negarne l’ambizione, liberamente espressa dal popolo ucraino, di far parte dell’occidente (qualsiasi cosa sia).

Un obiettivo meno ambizioso di questo non potrebbe mai giustificare la scala dell’attacco. Se, ad esempio, Mosca avesse solo voluto impedire l’ingresso di Kiev nella Nato, avrebbe dovuto semplicemente continuare ad occupare il Donbass e la Crimea: un’Ucraina invischiata in un “conflitto congelato” non sarebbe mai entrata nell’Alleanza atlantica.

Questa non è dunque una guerra che si possa fermare con un negoziato che soddisfi le necessità minime di entrambi, perché gli obiettivi sono totalmente incompatibili: Kiev vuole rimanere indipendente, Mosca la vuole soggetta.

Di fronte a questa realtà, la decisione di sostenere militarmente l’Ucraina con l’invio di armamenti appare moralmente giusta e politicamente necessaria.

Moralmente giusta, perché si tratta di aiutare un paese a difendersi da un’aggressione imperialista. Come recita la Costituzione italiana all’art. 11, l’Italia ripudia la guerra «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

L’articolo 21 del Trattato sull’Unione europea àncora l’azione dell’Unione sulla scena internazionale, inclusa la politica di sicurezza e difesa, al rispetto dei diritti dell’uomo e delle  libertà  fondamentali, e  dei  principi  della  Carta  delle  Nazioni  unite  e  del  diritto  internazionale.

La guerra scatenata da Putin è precisamente un’offesa, nuda e cruda, alla libertà di un altro popolo, e quella combattuta dagli ucraini è la resistenza al tentativo di un invasore di opprimere le libertà.

In tali circostanze, una decisione grave e carica di responsabilità come quella dell’invio di materiali di armamento a un paese in guerra deve essere considerata pienamente legittima dal punto di vista etico e morale.

Necessità politica

È inoltre una scelta politicamente necessaria. L’ambizione di trasformare l’Ucraina in un secondo stato vassallo dopo la Bielorussia, infatti, va inquadrata in una strategia di lungo periodo che mira a ricostruire lo status di grande potenza della Russia, agendo contemporaneamente su due direttrici.

Da un lato, si tenta di indebolire quello che Putin considera il “nemico” (cioè noi, l’Ue, la Nato, l’occidente) con la propaganda politica, la disinformazione, gli attacchi informatici, la corruzione, le attività spionistiche, eccetera, mirando a seminare instabilità all’interno degli stati e dissidi tra di essi.

Dall’altro, si tenta di consolidare un proprio “blocco” sostenendo i dittatori filorussi, come in Bielorussia, e tentando di portare dalla propria parte – con le cattive – gli altri paesi dell’est Europa come l’Ucraina.

Si tratta di un progetto imperialista che rappresenta una minaccia diretta alla democrazia e alla sicurezza europee. È un progetto, pertanto, che siamo chiamati a contrastare. Un’eventuale vittoriosa resistenza dell’Ucraina potrebbe infliggergli un duro, e forse decisivo, colpo.

Sostenere questa resistenza, anche mediante l’invio di armamenti, è giusto due volte, moralmente e politicamente.

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