La Louisiana e la Groenlandia non sono molto vicine, ma Donald Trump ha deciso di ridurre la distanza tra loro. Il presidente statunitense, infatti, ha scelto il governatore dello stato americano, Jeff Landry, come nuovo inviato speciale degli Stati Uniti sull’isola più grande del mondo. Una mossa che ha riacceso di colpo la tensione con la Danimarca riguardo Nuuk, dopo gli scontri verbali e diplomatici di mesi fa quando Trump aveva in più di un’occasione ribadito la volontà Usa di prendere il controllo, «in un modo o nell’altro», della Groenlandia.

L’inviato speciale

L’annuncio di Trump è arrivato sul suo social Truth: «Jeff conosce quanto sia essenziale la Groenlandia per la nostra sicurezza nazionale, e promuoverà con forza gli interessi del nostro paese per la salvezza, la sicurezza e la sopravvivenza dei nostri alleati, e quindi, del mondo». 

È stato lo stesso Landry, governatore della Louisiana dal gennaio 2024, a rincarare la dose. Dopo aver ringraziato l’inquilino della Casa Bianca, ha commentato emblematicamente: «È un onore servire in questa posizione da volontario per rendere la Groenlandia parte degli Stati Uniti». Rendere la Groenlandia parte degli Stati Uniti, più chiaro di così non poteva essere.

L’idea di Washington, di Trump e di JD Vance, quindi, è sempre quella. Ma si scontra con quella di Copenaghen, e soprattutto di Nuuk, tutt’altro contente di queste minacce.

La reazione danese e groenlandese

I malumori di Copenaghen, che dopo il viaggio di Donald Trump Jr di inizio anno e quello di Vance erano già esplosi, in questo caso sono stati veicolati dal ministro degli esteri danese Lars Lokke Rasmussen. Il ministro ha subito convocato l’ambasciatore statunitesne a Copenaghen per chiedere spiegazioni.

«È assolutamente inaccettabile», ha detto in un’intervista alla rete pubblica danese. «La nostra posizione è che abbiamo un ambasciatore presso il Regno di Danimarca e che sia lui la persona con cui intratteniamo i rapporti», ha affermato, aggiungendo come la scelta di Trump sia «qualcosa che mi turba profondamente».

La criticità maggiore, oltre al ruolo di inviato in sé, sono state le parole di Landry, di rendere la Groenlandia parte degli Stati Uniti. «Una dichiarazione del tutto inaccettabile da parte del nuovo inviato speciale, alla quale dobbiamo opporci a nome del Regno», che – ha ricordato Lars Lokke Rasmussen – è «composto dalla Danimarca, dalle Isole Faroe e dalla Groenlandia. E se si vuole cambiare questa situazione, le decisioni devono essere prese all’interno della comunità del regno».

Infine è arrivata anche la reazione groenlandese. Il premier di Nuuk, Jens Frederik Nielsen, che è sembrato accogliere la notizia con un misto di preoccupazione ma anche disinvoltura: «Ci siamo svegliati di nuovo con un nuovo annuncio del presidente degli Stati Uniti. Può sembrare una cosa importante, ma per noi non cambia nulla. Siamo noi a decidere del nostro futuro».

I groenlandesi sono in larga parte contro un apparentamento con Washington: circa l’85 per cento, infatti, si è detto contrario alla possibilità di finire dentro gli Stati Uniti. E sui social, sono già molti i groenlandesi che promettono di accogliere sul suolo di Nuuk con vibranti proteste l’inviato americano Landry.

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