A circa quattro mesi di distanza la Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha deciso di inasprire ancora di più la repressione nei confronti dei manifestanti che protestano contro il regime. L’ayatollah ha nominato ieri Ahmadreza Radan come nuovo capo delle forze di polizia. Radan prenderà così il posto di Hossein Ashtari, che lascia la guida dopo otto anni di servizio. Il suo operato non era più gradito a Khamenei che lo ha criticato per non essere riuscito a gestire le proteste che imperversano nel paese da settembre.

Nato a Isfahan nel 1963 Radan non è un volto nuovo per gli apparati della sicurezza iraniana. È stato vicecomandante della polizia nazionale dal 2008 al 2014 ed è stato anche capo della polizia di Teheran. Nella capitale è diventato famoso per la sua repressione nei confronti di chi non rispettava i codici vestiari della legge islamica imposti nel paese e i dettami della polizia morale. Radan ha avuto anche un ruolo nella “politica estera” iraniana dato che si è occupato dell’addestramento delle forze anti terroristiche irachene contro l’Isis.

Le sanzioni

Negli anni Radan è stato sanzionato più volte sia dal governo degli Stati Uniti sia dall’Unione europea. In un report per il Congresso americano pubblicato lo scorso maggio, Radan è stato inserito nella lista di persone «funzionari del governo iraniano o che agiscono per conto del governo iraniano, responsabili o complici, o responsabili di ordinare, controllare o dirigere in altro modo la commissione di gravi abusi dei diritti umani contro cittadini iraniani o loro familiari».

Secondo il governo americano, Radan ha avuto un ruolo essenziale nelle proteste in occasione delle elezioni presidenziali del 2009, che sono state represse con la violenza dalla polizia ed è anche considerato uno degli uomini chiavi nella formazione della «polizia della moralità», istituita dall’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2005.

Negli anni, la polizia della moralità è stata accusata di aver violato i diritti delle donne e di applicare una legge che lede i diritti e le libertà dei cittadini. Da settembre gli iraniani chiedono l’abolizione della polizia religiosa dopo le accuse di aver ucciso la giovane Mahsa Amini morta mentre era in custodia di alcuni agenti che l’avevano arrestata per non aver indossato correttamente il velo islamico, come invece previsto dalla legge nazionale fin dal 1983.

Le esecuzioni

«Mohammed Mahdi Karami e Seyyed Mohammed Hosseini, i principali responsabili del crimine che ha portato al martirio di Ruhollah Ajamian, sono stati impiccati questa mattina». Con un comunicato lapidario l’agenzia di stampa giudiziaria Mizan Online ha pubblicato nella mattinata di ieri la notizia dell’esecuzione della condanna a morte di altri due manifestanti. I due sono stati uccisi dopo un processo sommario a dicembre che li ha condannati a morte per aver assassinato un membro delle forze di sicurezza di Teheran a novembre. Ajamian, infatti, era un membro della milizia Basij incorporata alle Guardie rivoluzionarie e sarebbe morto lo scorso 3 novembre a Karaj mentre i manifestanti partecipavano a un picchetto in ricordo della morte di un altro manifestante.

Con le esecuzioni di Mohammed Mahdi Karami e Seyyed Mohammed Hosseini salgono a quattro le persone giustiziate dall’inizio delle proteste, mentre sono sono 14 i manifestanti condannati a morte dalle autorità religiose. Per due di questi la sentenza è stata confermata dalla Corte suprema, due invece hanno fatto ricorso in appello mentre i restanti detenuti sono in attesa di un nuovo processo. Ma con la nomina di Radan c’è il rischio che una nuova ondata di repressione colpisca i manifestanti, è quello che chiede l’Ayatollah insoddisfatto della violenza degli ultimi quattro mesi.

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