Una serie attacchi iraniani con droni e missili di precisione ha colpito Koya, a est di Erbil ì, nel nord dell’Iraq, le basi dei gruppi separatisti curdi ospitati nella regione del Kurdistan iracheno. A riportare il bilancio di almeno sette morti e 28 feriti è stato il ministero della salute del governo curdo.

L’attacco, da attribuire ai Guardiani della rivoluzione iraniana, ha avuto come bersaglio i gruppi di separatisti curdi-iracheni ritenuti responsabili di fornire sostegno a quanti in questi giorni stanno protestando per la morte di Mahsa Amini nel nordovest dell’Iran, area in cui vivono circa otto milioni di curdi.

I collegamenti con la morte di Mahsa Amini

Mahsa Amini, la ventiduenne morta lo scorso 16 settembre a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia morale iraniana per aver indossato il velo in modo “non corretto”, proveniva da Saqez. La città si trova nella regione del Kurdistan iraniano, proprio lì dove hanno avuto luogo le prime proteste, che ora si sono estese in tutto il paese raggiungendo anche la capitale Theran.

«I curdi hanno fatto loro la causa di Mahsa Amini e di contro il governo ha cercato di utilizzare il pretesto per colpire i gruppi curdi in Iraq, accusandoli di aver inviato armi e supporto, cosa che non è molto nelle disponibilità di questi gruppi», ha detto all’Agenzia Nova direttore dell’Institute for Global Studies (Igs) ed esperto di Iran, Nicola Pedde.

I precedenti attacchi

Il 27 settembre 2022, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa irachena Shafaq News, ad essere colpite erano state le città di Soran e Choman, situate a nordest di Erbil. L’obiettivo, come dichiarato dalla stessa agenzia di stampa, era quello di prendere di mira i gruppi curdo-iraniani come il partito Komala del Kurdistan iraniano e il Partito democratico del Kurdistan dell’Iran (Kdpi).

Il sindaco di Choman, Shakhwan Hussein, aveva detto che quell’attacco, pur lanciato con un drone-bomba, non aveva causato vittime. A Soran, invece, i Guardiani della rivoluzione iraniana avrebbero condotto l’attacco con l’artiglieria a lungo raggio, anche in questo caso senza causare vittime. Atta Nasir, membro del comitato centrale del Komala, aveva riferito di tre azioni di bombardamento iraniane contro il monte Halgurd «dove hanno sede le nostre forze».

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