Il 21 aprile 1989 oltre 100mila studenti violarono il divieto delle autorità e invasero piazza Tiananmen per ricordare Hu Yaobang, il leader riformista, morto sei giorni prima, che nel 1987 i conservatori avevano costretto a dimettersi da segretario generale del partito comunista cinese (Pcc). I funerali di Hu coincisero con l’esplosione del movimento per la democrazia.

La scomparsa di Jiang Zemin, l’ex segretario generale del Pcc morto all’età di 96 anni, arriva in un momento molto delicato per la Repubblica popolare cinese (Rpc), dopo il XX congresso conclusosi con l’assegnazione a Xi Jinping di un inedito terzo mandato e la plateale marginalizzazione dei riformisti, e pochi giorni dopo che a Pechino, Shanghai e in altre metropoli i giovani sono scesi in piazza per protestare contro la politica “contagi zero”, scandendo slogan contro Xi.

Jiang, a differenza di Hu, non si batté per riforme democratiche. Tuttavia, la sua lunga segreteria (1989-2002) può essere valutata complessivamente come un’èra di apertura. E le sue esequie potrebbero rivelarsi un passaggio difficile per Xi, che sarà a capo di un comitato di 688 funzionari incaricato di organizzarle.

Segretario quasi per caso

(AP Photo/Ng Han Guan)

Jiang era segretario del partito a Shanghai quando Deng Xiaoping lo chiamò a Pechino. Venne eletto segretario generale il 24 giugno 1989: una figura di compromesso, un burocrate, considerato lontano tanto dai riformisti quanto dai conservatori che avevano ordinato all’Esercito popolare di liberazione di aprire il fuoco sui manifestanti. Un segretario generale destinato a vivere all’ombra del “piccolo timoniere”.

E invece “il rospo” – come era soprannominato – nato da una famiglia di intellettuali di Yangzhou (nella provincia del Jiangsu) è stato al centro del passaggio della Rpc da paria colpito dalle sanzioni internazionali nel dopo Tiananmen, a nazione in ascesa.

Sicuro di sé, vivace, spiritoso, Jiang Zemin aveva imparato l’inglese studiando Abraham Lincoln. Ne diede prova in una indimenticabile recitazione del Discorso di Gettysburg durante una puntata di “60 minutes” della CBS. Nel 1997, a Los Angeles, terminò un incontro ufficiale con la comunità cinese mettendosi a cantare a squarciagola.

Jiang è ricordato soprattutto per la sua teoria delle “tre rappresentanze”, inserita nello statuto del Pcc durante il XVI congresso (8-14 novembre 2002) che vide il passaggio del testimone a Hu Jintao. Tra le “tre rappresentanze” la grande novità fu la prima, quella secondo cui il partito deve rappresentare anche le “forze produttive avanzate della società”, ovvero i capitalisti.

Dopo oltre vent’anni di riforme, il mercato aveva assunto un ruolo fondamentale nell’economia cinese e il Pcc optò per la cooptazione degli imprenditori privati. La loro presenza sarebbe via via cresciuta anche nel comitato centrale, fino all’arrivo di Xi Jinping. La teoria di Jiang rappresentò una rottura per un partito la cui storia, identità e ideologia era stata fino ad allora strettamente legata al proletariato.

Da Hong Kong alla Wto

(Foto Zumapress.com via Agf)

Ma quella che è considerata il suo principale lascito teorico arrivò al termine di oltre due mandati e 13 anni nel corso dei quali Pechino ha messo a segno conquiste di grande valore simbolico, che ne hanno elevato lo status internazionale favorendone l’integrazione nell’economia globale: dal passaggio di Hong Kong dai coloni britannici alla Rpc nel 1997, all’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale per il commercio nel 2001.

Traguardi raggiunti anche grazie alla saggezza politica di Jiang Zemin, che seppe ricomporre i cocci di un partito spaccato e traumatizzato dopo il massacro di Tiananmen e mantenere vive le relazioni con gli Stati Uniti nonostante la Terza crisi dello Stretto (1995-96), il bombardamento dell’ambasciata cinese di Belgrado nel 1999 e lo scontro tra un caccia cinese e un aereo spia Usa nel 2001.

Gli ultimi quattro anni al potere di Jiang furono segnati da importanti riforme politiche (che proseguiranno con Hu). Elezioni con più candidati in lizza per i governi locali, promozione della “democrazia consultiva”, ingresso nel partito di intellettuali e imprenditori, fissazione di limiti temporali per le cariche politiche e di criteri per il pensionamento dei funzionari, allentamento del controllo sui media di stato e privati, crescita delle organizzazioni non governative e ingresso nei programmi scolastici cinesi di idee straniere. Eppure – chi l’avrebbe detto – Jiang fu tra gli anziani leader del partito che favorirono la volata di Xi verso la segreteria nel 2012.

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