Prendendo a prestito le parole pronunciate di recente dal cardinale ciellino Angelo Scola per il suo 80esimo compleanno, il futuro di Comunione e liberazione è un «misto di gioia e dolore». Il movimento, nato nel 1954 dall’intuizione di don Luigi Giussani da ieri non è più guidato dal suo erede, il sacerdote spagnolo Julián Carrón.

Con una breve lettera ha abdicato a un mandato lungo 16 anni «per favorire che il cambiamento della guida a cui siamo chiamati dal Santo Padre si svolga con la libertà che tale processo richiede». Il riferimento è al decreto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita che impone ai leader dei movimenti, con l’eccezione dei fondatori, di non avere un mandato superiore ai dieci anni. La Santa sede ha dato tempo fino a settembre del 2023 per riformare in questo senso gli statuti e rinnovare gli organi di governo.

Alberto Savorana, portavoce di Cl, conferma che non sono ancora noti i prossimi passi di Carrón. Nell’annuncio ufficiale, il movimento spiega che le sue dimissioni vogliono garantire «da subito il processo di cambiamento richiesto alle associazioni internazionali di fedeli riconosciute dalla Santa sede». Una tempestività che collide con i due mesi già passati dall’entrata in vigore del decreto. Sessanta giorni in cui si è consumato uno scontro fra il dicastero e i vertici del movimento, non un processo pacifico di collaborazione, concluso con quella che appare come un rimozione traumatica della guida della Fraternità. La situazione era aggravata anche dal commissariamento dei Memores domini, l’associazione di laici consacrati del movimento. Il papa ha nominato commissario l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, anche lui legato all’esperienza di Cl.

Il carisma in gabbia

Malgrado le dimissioni di Carrón fossero inevitabili entro i prossimi 22 mesi, il precipitare degli eventi è l’esito di una logorante battaglia della Santa sede per strappare il carisma profetico che don Giussani ha impresso al movimento a un eccessivo personalismo della sua figura apicale.

Il teologo spagnolo ha guidato Cl dalla morte del fondatore – che lo ha indicato come guida del movimento – incarnandone in toto l’eredità e la prospettiva. Eppure, la visione di papa Francesco sui movimenti, incluso Cl, era già nota da tempo.

All’incontro con i membri del movimento nel marzo 2015, il pontefice aveva utilizzato parole dure: «Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una spiritualità di etichetta: “Io sono Cl”. Questa è l’etichetta.

E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una ong». Il rischio, paventato allora da Bergoglio, si è negli anni cristallizzato con la governance di Carrón, riconfermato nel 2008, nel 2014 e nel 2020 con un mandato di ulteriori sei anni.

Per la Santa sede una prospettiva insostenibile. Per evitarla, lo scorso 11 giugno il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita ha promulgato il decreto “Le associazioni internazionali di fedeli”, in base al quale tutti i leader di movimenti che hanno superato i limiti di mandato dovranno dare le dimissioni entro il 2023.

Un silenzio che fa rumore

Come già accaduto con l’ex priore di Bose, Enzo Bianchi, la linea intransigente di papa Francesco su chi guida i movimenti non va intesa come un repulisti, ma il tentativo di preservare il carisma della comunità. È ancora una volta il papa a ricordarlo a chiare lettere nell’incontro con le associazioni di fedeli e i movimenti ecclesiali svoltosi lo scorso 16 settembre: «Cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento; oppure quando, ritenendoci indispensabili, facciamo di tutto per ricoprire incarichi a vita; o ancora quando pretendiamo di decidere a priori chi debba essere il nostro successore».

All’incontro, organizzato dal dicastero guidato dal cardinale Kevin Joseph Farrell, a rappresentare Comunione e Liberazione c’erano il vicepresidente della fraternità di Cl Davide Prosperi e il responsabile del centro internazionale del movimento, Roberto Fontolan. L’assenza di Carrón e Antonella Frongillo – quest’ultima presidente uscente dei Memores domini – a un incontro che ha visto la partecipazione stessa del papa, è stata interpretata come un forte segnale dalla Santa sede. Da lì a pochi giorni, Francesco ha commissariato i Memores iniziando una guerra fredda con alcune figure del movimento.

La liberazione di Cl

Il 25 settembre il Vaticano ha pubblicato il decreto di commissariamento, nominando un delegato speciale secondo la volontà della Sede apostolica. Il decreto ha carattere disciplinare: riguarda, cioè, la disciplina del movimento, non ne intacca il carisma. Lo dimostra a scelta del delegato speciale Santoro, che viene dallo stesso movimento.

Come Santoro ha detto in diverse occasioni, la linea del papa non è azzoppare un movimento che raccoglie una preziosa eredità della chiesa post conciliare, ma anzi custodirne il carisma e preservare l’unita dei membri, evitando i personalismi.

È forse questo ciò che lo stesso Carrón definisce nell’incipit della sua lettera di dimissioni come un «momento così delicato della vita del movimento»? Intanto, se il futuro di Comunione e liberazione resta incerto, è ancora più oscuro è quello del presidente uscente Carrón.

Al momento, non è noto se terrà il prossimo incontro della scuola di comunità – il principale momento educativo per chi aderisce a Cl – in videoconferenza, come da prassi, né se rimarrà a Milano, senza responsabilità di governo ma comunque al centro delle turbolenze del movimento. «Non si sa», riferisce il portavoce di Cl.

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