Le incriminazioni nei tribunali ordinari e quelle suscitate dallo special counsel non hanno finora intaccato la possibilità di Donald Trump di ricandidarsi alle elezioni ed eventualmente vincere contro il presidente Joe Biden, che appare ogni giorno più debole, impopolare e confuso. La decisione della Corte suprema del Colorado, invece, cambia tutto.

I giudici hanno estromesso Trump dalle primarie repubblicane (che sono condotte su base statale) decretando che Trump è squalificato dai pubblici uffici perché incitando l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 si è reso colpevole di una “insurrezione”, parola che sentiremo molto spesso nelle prossime settimane e mesi.

Chi ha giurato di proteggere la Costituzione e commette atti di “insurrezione” e “ribellione” contro di essa diventa ineleggibile alla presidenza ed è interdetto da qualunque altro incarico pubblico: così dice il 14esimo emendamento alla Costituzione, la base legale su cui si è espressa la Corte suprema del Colorado.

In sostanza, la Corte dice che il presidente che aveva promesso di difendere la Costituzione è colpevole di aver tentato di sovvertirla, cosa che lo mette elettoralmente fuori gioco prima ancora di passare all’esame gli altri livelli giudiziari in cui Trump è coinvolto.

Tra l’altro, soltanto uno dei quattro procedimenti che lo riguardano ha a che fare con il tentativo di cambiare il risultato delle elezioni vinte da Biden e anche in quel caso, nella contea di Fulton, in Georgia, il capo di imputazione è vago: aver tentato di convincere un pubblico ufficiale a violare il suo giuramento.

La strada scelta dai giudici del Colorado supera tutto questo a va dritta al punto: Trump ha violato la Costituzione? In questi termini, la questione è giuridicamente limpida ma politicamente complicata e potenzialmente molto rischiosa anche per gli avversari di Trump. Vediamo perché.

Il regno dell’interpretazione

Il 14esimo emendamento prevede la squalifica dagli uffici per insurrezione o ribellione contro la Costituzione, ma non specifica quali fatti specifici possano effettivamente soddisfare questi requisiti.

Appoggiare una libera manifestazione politica che poi si trasforma in un assalto equivale a un’insurrezione? Occorre che l’incitamento sia animato dall’intenzione di assalire e sovvertire? Come si dimostra l’intenzione? Servono anche pianificazione e organizzazione per configurare un’insurrezione, oppure, nel caso del presidente, basta una generica chiamata a raccolta di individui potenzialmente sediziosi? 

Siamo nel regno dell’interpretazione, la vasta prateria della common law in cui cavalcano liberamente ipotesi e scuole interpretative, ed è in questo campo aperto e rischioso che i giudici del Colorado portano la contesa.

Da anni i costituzionalisti discutono nei convegni e sulle riviste accademiche dell’ipotesi che Trump abbia violato il 14esimo emendamento, ma non si è creato un consenso chiaro. Anzi, anche giuristi molto autorevoli divergono in modo radicale sulla questione. Non sarà certo la sentenza del Colorado a chiudere la disputa.

Trump farà appello e il caso finirà inevitabilmente all’attenzione della Corte suprema federale, che con la sua supermaggioranza conservatrice e di scuola originalista e testualista ha già dimostrato la sua inclinazione per il cosiddetto judicial restraint, la filosofia di evitare decisioni che la Costituzione – non un testo vivente ma un corpo «morto, morto, morto», come diceva il giudice Antonin Scalia – non contiene in modo inequivocabile. 

Anche senza considerare le inclinazioni politiche della maggioranza, non è irragionevole immaginare che la Corte possa contraddire quanto decretato dal Colorado. La cosa avrebbe l’effetto primario di confermare l’eleggibilità costituzionale di Trump e quello secondario di indebolire l’effetto politico di tutti gli altri procedimenti giudiziari a suo carico. Sarebbe un lasciapassare definitivo che rende inefficaci altre strategie di indebolimento e logoramento.

Chi coltiva la speranza di eliminare Trump dalla corsa per via giudiziaria oggi può esultare solo con trepidante, preoccupata moderazione.

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