Dopo aver annunciato che la «guerra andrà avanti per mesi» Israele sta estendendo il conflitto in Cisgiordania dove è di almeno sei morti il bilancio di un attacco di droni israeliani nel campo profughi di Nur Shams a est della città di Tulkarem.

Nell’area si sono svolte battaglie tra le Forze di difesa israeliane (Idf) e la resistenza palestinese locale. L’emittente tv del Qatar, Al Jazeera, ha riferito che l’Idf ha condotto raid in diverse città e villaggi della Cisgiordania nelle zone di Tulkarem, Nablus, Hebron e Qalqilya.

Vero è che Yoav Gallant, il ministro della Difesa, ha sostenuto che Israele è impegnato in «sette fronti»: Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Yemen e Iran. «E noi abbiamo già risposto su sei di questi fronti», ha aggiunto, facendo intendere che all’appello mancherebbe ancora l’Iran.

Il ruolo dell’Iran

Al momento questa affermazione del ministro della Difesa, pare pura retorica a uso dell’opinione interna di Tel Aviv, anche se le sue parole arrivano dopo l’uccisione a Damasco di un alto comandante dei Pasdaran iraniani, Seyed Razi Mousavi.

I guardiani della Rivoluzione iraniani hanno affermato che l’attacco di Hamas in Israele è stata la risposta per l’uccisione del capo della forza Quds, Qassem Soleimani, in un raid americano del 2020 a Baghdad.

Hamas ha prontamente smentito le parole dell’Iran affermando che l’attacco a Israele è il frutto dell’occupazione. È molto probabile che l’Iran continuerà ad astenersi dall’entrare direttamente nel conflitto, evitando di enfatizzare l’uccisione di un singolo ufficiale, seppure importante.

Teheran non ha alcun motivo per cambiare la sua strategia manifestata dall’inizio del conflitto a Gaza che prevede l’appoggio politico ad Hamas, ma non il suo coinvolgimento diretto. In sostanza per Teheran i ribelli Houthi dello Yemen ed Hezbollah stanno agendo in proprio e senza coordinamento iraniano. Tel Aviv è di avviso contrario.

Il rischio escalation

Nel frattempo l’esercito israeliano ha esteso la sua offensiva di terra nella Striscia di Gaza, concentrandosi sui campi profughi nella parte centrale. L’obiettivo dell’esercito è far collassare Hamas al più presto perché l’opinione pubblica mondiale sta chiedendo a gran voce la fine immediata del conflitto.

Il bilancio delle vittime secondo, il ministero della Sanità di Hamas è salito a oltre 21mila persone dall’inizio del conflitto. Con questi numeri drammatici di morti civili, e con soli 9 ospedali su 36 ancora in funzione nella Striscia, il governo Netanyahu sta rischiando di perdere la guerra mediatica e di immagine.

A spingere per questa linea dura ci sono alcuni ministri nazionalisti del governo israeliano, tra cui quello della Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, che vorrebbe cogliere l’occasione per spingere fuori dai confini della Striscia il maggior numero di palestinesi.

Intanto testimoni hanno riferito di bombardamenti e raid nei campi di Nuseirat, Maghazi e Bureij. Sono tutti campi che ospitano le famiglie che sono fuggite dalle loro case durante la guerra del 1948. Ma c’è di più. Queste zone si sono popolate, da fine ottobre, di palestinesi che sono fuggiti dal nord di Gaza nelle prime ore dell’invasione israeliana proprio su segnalazione pressante dell’esercito di Tel Aviv, che prima le ha dichiarate zone sicure e poi, secondo un’inchiesta recente del New York Times e della Cnn sono diventate oggetto di attacchi che hanno provocato vittime civili, di cui due terzi donne e minori.

L’Idf ha confermato anche l’operazione «in profondità» a Khan Yunis, nel sud di Gaza dove sono state distrutte alcune infrastrutture di Hamas. Lo scontro continua anche sul confine con il Libano. Hezbollah ha rivendicato di aver lanciato almeno 18 razzi su Rosh Hanikra con l’obiettivo di distruggere una base navale israeliana nell’area.

Il futuro della Striscia

Non è ancora chiara l’exit strategy di Israele a Gaza. Secondo il quotidiano israeliano liberal, Haaretz, nei prossimi giorni una delegazione di funzionari dell’Autorità palestinese che non paga lo stipendio da due mesi ai suoi funzionari a causa della cessazione dei flussi finanziari, andrà al Cairo per discutere con l’Egitto il suo ruolo nel futuro della Striscia. Ma senza un chiarimento preventivo a tra Israele e Stati Uniti, le trattative sono destinate al fallimento.

© Riproduzione riservata