Il 20 gennaio si terrà il settimo vertice del Contact Group per la difesa dell’Ucraina, che riunisce i ministri della Difesa dei trenta paesi della Nato.

I rappresentanti si riuniranno nella base aerea di Ramstein, in Germania, sede del quartier generale alleato per le operazioni aeree. 

Proprio la Germania e il suo debuttante ministro della Difesa, Boris Pistorius, sarà al centro dlle richieste degli alleati che sperano di convincere il cancelliere Olaf Scholz a inviare i noti carri armati Leopard 2, sistema d’arma dall’alto potenziale tecnico e tattico. 

L’incontro segue la riunione del comitato militare dell’alleanza che ha riunito, alla presenza del vicesegretario generale Mircea Geoana, i capi di stato maggiore dei paesi alleati. 

Invitati al summit anche diversi osservatori, tra cui Israele, dal cui territorio è stata inviata parte dell’ultimo pacchetto di aiuti militari statunitensi all’Ucraina, e Finlandia e Svezia, attualmente candidati all’ingresso nell’alleanza.

L’agenda

L’incontro sarà centrale per riperimetrare la posizione occidentale sulla guerra iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione da parte di Mosca. 

Seppur indirettamente, si discuterà dell’obiettivo desiderato dai principali sostenitori dello sforzo bellico ucraino, tenuti, a circa un anno dall’inizio della guerra, a stabilire una strategia politica coerente per il futuro della collaborazione con l’Ucraina. 

Il focus sarà l’invio di nuovi aiuti militari a Kiev. Al centro della discussione ci sono i carri armati Leopard 2 di fabbricazione tedesca e pezzi d’artiglieria a lungo raggio attualmente in possesso delle forze armate di Washington.  

Lo scopo di gran parte degli stati membri è convincere il finora riluttante cancelliere tedesco a sbloccare i propri carri, così da fornire all’Ucraina una flotta di mezzi corazzati uniforme ed interoperabile.

I Leopard, infatti, sono già posseduti da una dozzina di paesi alleati, fattore che consentirebbe alle forze ucraine un adattamento più rapido ai nuovi mezzi. 

Alleati in pressing

Francia e Regno Unito si sono detti pronti a inviare al fronte i rispettivi carri armati, i Leclerc e i Challenger 2, al fine di mettere pressione a Berlino.

La Polonia, tra i paesi più espliciti nel sostenere l’invio di armi pesanti, ritiene, come detto dal primo ministro Mateusz Morawiecki, che il consenso tedesco al trasferimento dei Leopard sia secondario e, pertanto, invierà 14 mezzi del proprio arsenale a Kiev indipendentemente dall’esito del summit. 

La Germania ha stabilito come condizione per accettare le richieste alleate l’invio di carri M1 Abrams da parte degli Stati Uniti, finora restii a cedere questo tipo di corazzati ai difensori ucraini. 

Da un punto di vista meramente tecnico, però, l’Abrams presenta delle criticità legate alla complessità tecnica e alla difformità dalle altre piattaforme in rotta verso il fronte. 

Le ragioni di Scholz

Le cause della riluttanza del cancelliere tedesco a dare il via libera ai propri Leopard sono diverse.

Scholz si sta muovendo in modo cauto, se non addirittura esitante: il cancelliere teme che, al di là dell’aspetto tattico, l’invio di armi pregiudichi la posizione finora moderata tenuta da Berlino e rappresenti un ulteriore passo verso l’escalation della guerra. 

Inoltre, il suo partito, la Spd, ha una lunga tradizione pacifista che potrebbe risultare scomodo sfidare. 

A livello sistemico, l’invio dei Leopard comporterebbe l’assottigliamento dell’arsenale tedesco poiché costruire nuovi mezzi richiederebbe, a detta della Rheinmetall che li produce, circa un anno: troppo tardi perché i carri possano costituire la colonna portante della controffensiva ucraina. 

Armi politiche

Sussiste il difficile bilanciamento tra i due campi in cui è diviso il mondo occidentale secondo la classificazione del politologo Ivan Krastev: da un lato, il campo della “pace” a favore di negoziati rapidi e guidato dal principio umanitario; dall’altro, quello della “giustizia”, animato dall’obiettivo della vittoria militare ai danni di Vladimir Putin. 

Usa e alleati chiedono alla Germania di allinearsi alla posizione del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che a Davos ha detto: «L’Ucraina diventerà uno stato membro». 

La posizione degli Stati Uniti è coerente con questo approccio. La volontà di fornire all’Ucraina artiglieria a lungo raggio (Atacms e Glsbd, entrambi sistemi con 150-300km di gittata) deriva dalla percepita ma discussa necessità militare di colpire le basi russe in Crimea, roccaforte dell’esercito di Putin occupata illegalmente nel 2014. 

Questa capacità tattica assume, però, un significato strategico: colpire quello che i russi considerano parte inalienabile del proprio territorio sarebbe un messaggio politico forte capace di ridefinire l’obiettivo di Ucraina e alleati occidentali. 

L’apertura ai rischi di escalation legati alla decisione costituisce un chiaro segnale di come lo scopo sia, appunto, infliggere una sconfitta sul campo alla Russia, non solo al tavolo negoziale. 

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