La seconda fase del piano Mattei in Africa di Giorgia Meloni si apre con l’imbarazzo dei giornalisti presenti a Tunisi e degli inviati partiti insieme alla premier da Roma che si sono visti annullare la conferenza stampa programmata dopo l’incontro con le autorità tunisine di ieri. Un’annullamento motivato dalle tempistiche strette visto che alle 16 di Meloni doveva partecipare a un altro evento nella capitale. Il viaggio lampo, da toccata e fuga a Tunisi, evidenzia un dato principale: nella gestione migratoria l’Italia continua a trattare il tema come tutti gli altri governi. Il piano Mattei tanto decantato dalla premier si è trasformato nella classica gestione emergenziale delle problematiche. Inizialmente l’obiettivo era quello di risolvere la crisi energetica e quindi affidarsi a paesi come Algeria e Libia (gran parte merito del governo Draghi), poi, successivamente, si è passati a implementare accordi per il contrasto e la prevenzione dell’immigrazione irregolare in vista dell’estate e il mare calmo. Ne è consapevole anche la società civile tunisina che ieri ha manifestato davanti al teatro municipale della capitale.

«Meloni non sei la benvenuta in Tunisia», recitano i cartelli dell’ong Forum tunisino per i diritti economico sociali (Ftdes) mentre le agenzie stampa battevano notizie sull’incontro lungo e cordiale durato quasi due ore tra Meloni e il presidente della Repubblica tunisina Kais Saied e il caffè preso in terrazza insieme.

Il progetto che già c’era

Nel suo discorso alla stampa la premier Meloni ha parlato di investimenti nel paese nordafricano, non menzionando mai la deriva autoritaria assunta da Saied negli ultimi due anni che ha portato a un indebolimento dello stato di diritto nel paese e delle sue istituzioni democratiche. Tra i punti principali del discorso di Meloni c’è il progetto Elmed, «su cui – ha detto la premier – l’Italia ha fatto un lavoro importante affinché venissero garantiti i finanziamenti». Elmed è il progetto di costruzione di un cavo sottomarino che dalla Tunisia arriverà in Sicilia e servirà per trasportare l’energia elettrica tra le due sponde del Mediterraneo. Il costo stimato complessivo è di 600 milioni di euro, con l’Unione europea che lo scorso dicembre (con il governo appena insediato) ha accettato di finanziarne la metà. Un progetto ambizioso, vantato come un successo da Meloni ma che in realtà ha radici più lontane che affondano nel 2007 con interruzioni varie a causa dell’instabilità del paese.

La conferenza che già c’era 

Ieri la premier Meloni ha anche preso l’impegno di organizzare a Roma una grande conferenza con i paesi africani del Sahel e dell’area subsahariana per discutere di progetti di sviluppo e nuovi finanziamenti. Una conferenza simile si tiene dal 2016 a Roma in forma biennale e nelle ultime edizioni hanno preso parte già oltre 46 paesi rappresentanti del continente a sud del Mediterraneo.

Nulla di nuovo, quindi, a parte l’intenzione di Meloni di voler ampliare la platea dei partecipanti inglobando anche i ricchi paesi del golfo arabo che non vedono l’ora di ottenere importanti investimenti a basso costo ma ad alto rendimento in Africa. Infine, dal palazzo di Cartagine a Tunisi la premier ha fatto riferimento a un importante «pacchetto di sostegno integrato di finanziamenti e opportunità importanti a cui sta lavorando Bruxelles».

Per questo, spera di tornare da Saied accompagnata dalla presidente della Commissione europea Ursula von Der Leyen. In attesa della prossima visita, a Roma Meloni riceverà oggi il premier ad interim libico Abdel Hamid Dbeibeh, in un viaggio già annunciato lo scorso maggio dopo che le autorità italiane avevano incontrato il generale libico Haftar.

Finora, il piano Mattei per l’Africa rimane una semplice operazione di “marketing politico” usato dal governo a ogni occasione utile.

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