Costretto a difendersi in un’aula di tribunale dall’accusa di aver comprato il silenzio di una pornostar, Donald Trump ha pensato di sviare il discorso paragonandosi a Gesù Cristo. È un modo come un altro di vivere la settimana santa. 

L’altro giorno ha rilanciato un messaggio mandato da un suo ammiratore sul social Truth: «È ironico che Cristo abbia affrontato la sua persecuzione la stessa settimana in cui stanno cercando di rubarti le tue priorità», ha scritto, alludendo al sequestro dei beni minacciato dal tribunale di New York. 

A questo ha aggiunto un passo del salmo 109 che da anni la destra religiosa americana usa per descrivere l’attacco pretestuoso di cui crede di essere oggetto: «Mi hanno assalito con parole d'odio
e mi hanno fatto guerra senza motivo. In cambio della mia amicizia,
mi accusano, e io non faccio che pregare. Essi mi hanno reso male per bene, e odio in cambio di amore. Suscita un empio contro di lui, e un accusatore stia alla sua destra. Quando sarà giudicato, esca condannato, e la sua preghiera gli sia imputata come peccato. Siano pochi i suoi giorni: un altro prenda il suo posto».

Per Trump la Pasqua è l'occasione imperdibile per presentare il suo percorso di condanna, passione, morte, resurrezione e possibilmente rielezione a novembre.

Il racconto contiene tutti gli elementi narrativi che gli servono: un processo pretestuoso, testimoni corrotti, un traditore prezzolato, una giuria parziale, una condanna a furor di popolo e il deep state che se ne lava le mani. Il sacrificio della vittima innocente è la parte che gli piace di più.

Già lo scorso anno i suoi seguaci avevano organizzato veglie di preghiera e processioni in cui le vicende giudiziarie venivano apertamente paragonata alla flagellazione e alla crocifissione di Gesù. «Come Cristo è stato crocifisso, ed è risorto il terzo giorno, così farà anche Donald Trump», aveva scritto su X un avvocato che difende alcuni assaltatori del 6 gennaio 2021.

Quest’anno ha aggiunto anche la campagna promozionale per vendere a 60 dollari al pezzo un’edizione della Bibbia da lui personalmente approvata.

Il trumpismo è una forma di messianesimo che si inserisce in una tradizione americana che inizia quando i Padri pellegrini leggono l’insediamento nel Nuovo mondo come il momento della ricostruzione dell’alleanza fra Dio e il popolo d’Israele.

Ma per l’ex presidente in cerca di resurrezione evocare il Messia è diventato un meccanismo di attivazione di una parte dell’elettorato cristiano che necessita di particolare cura. I sondaggi dicono che il nucleo degli evangelici praticanti è stabilmente fedele e a novembre lo sosterrà con inflessibile convinzione.

Però il panorama cristiano dell’America è vario e frammentato. Ci sono i cattolici politicamente divisi, la galassia inafferrabile dei non-denominational, i fedeli raffreddati, i delusi dalle istituzioni religiose, ci sono quelli che non vanno in chiesa ma hanno importanti dialoghi interiori con il Signore.

Trump vuole ricordare a queste categorie che lui interpreta il suo servizio politico come una salita al Golgota. E intende portarle a votare, eventualmente anche con il naso turato.

Tucker Carlson, anchorman scaricato da Fox News anche per via dei suoi eccessi messianici, ha spiegato di recente il meccanismo della “guerra spirituale” che si sta svolgendo dietro all’apparenza terrena delle elezioni politiche. Lo scontro in atto non è una «questione di carne e ossa», ha detto a un evento di fundraising in Texas, cogliendo il messaggio che Trump si sta sforzando di comunicare nei suoi sermoni pasquali.

© Riproduzione riservata