«Tengo a sottolinearlo, questa guerra illegale contro l’Ucraina riguarda tutti: riguarda il nord, il sud, l’est, l’occidente. Riguarda il mondo intero». Quando l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell pronuncia queste parole, mercoledì davanti all’assemblea generale delle Nazioni unite, sa di stare dicendo qualcosa di controintuitivo. I dati raccolti dallo European Council on Foreign Relations mostrano infatti che fuori dal perimetro dell’occidente – fuori da Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito – gli altri attori globali – a cominciare dalla Cina, passando per Turchia, India, Russia – interpretano il conflitto in corso proprio al contrario di come Borrell vorrebbe. Per loro questo è un conflitto marginale – cioè uno tra tanti, non un’eccezione su scala globale – che riguarda anche i timori di marginalità dell’occidente.

La maggior parte dei cinesi intervistati pensa che gli Usa sostengano l’Ucraina «per difendere il dominio occidentale», e che gli europei siano preoccupati per la loro sicurezza; solo gli americani – almeno uno su tre – ritengono che la ragione sia la difesa della democrazia ucraina. Mentre Usa, Ue e Regno Unito – o meglio le loro opinioni pubbliche – si saldano sempre di più fra loro, per il comune supporto a Kiev, intanto fuori da lì il quadro è molto più composito.

«Mentre americani ed europei si aspettano uno scenario bipolare dove ogni attore deve prendere posizione, paesi come India e Turchia al contrario sono attirati dal free-floating sovereigntism – il sovranismo in base all’occasione – e per questi attori ogni conflitto tra superpotenze diventa un’opportunità per affermare la propria rilevanza e la capacità di prendere decisioni in autonomia».

Sovranismo d’occasione

Timothy Garton Ash, che insegna all’università di Oxford e che è uno degli autori dello studio, invita a rivalutare il concetto di sovranismo: «Finora questa categoria è stata guardata con sospetto per i vari Le Pen e Farage», spiega. «Ma l’idea di sovranità risulta oggi un fattore chiave per attrarre altri paesi». Secondo Garton Ash, insomma, l’occidente dovrebbe «tornare sui suoi passi e attribuire alla sovranità una connotazione positiva».

Dietro questa rivalutazione di sovranità e sovranismo c’è una considerazione di tipo strategico: l’idea è che «all’occidente, e all’Ue, convenga elaborare piani diversi per ciascun attore piuttosto che rivolgersi a un generico sud globale». Ciò che Garton Ash ci sta dicendo è, in sostanza, che l’occidente rischia di rimanere vittima della sua stessa attitudine, perché polarizzare – chiedere di aderire a un blocco, rivendicare lealtà – in un contesto in cui gli altri paesi guardano all’occidente con diffidenza significherebbe favorire per paradosso la coagulazione di un fronte opposto. Meglio allora lanciare esche «con specifici piani di azione» a ciascuno degli altri attori, secondo lo studioso.

Logiche di schieramento

Perlomeno sul piano retorico, il fantomatico occidente – sempre che si possa considerarlo unito come sostengono gli studiosi di Ecfr – sta facendo esattamente l’opposto. L’amministrazione Biden continua a inquadrare la guerra come una lotta tra democrazie e autoritarismi, trascurando il fatto che molti attori globali hanno tutt’altro approccio: la Cina, vero rivale strategico per Washington, è considerata «una vera democrazia» dalla stragrande maggioranza degli intervistati cinesi.

E l’Europa? Non si può dimenticare una metafora alla quale Borrell ha fatto riferimento in più occasioni, ad esempio davanti all’Europarlamento: «L’Europa è un giardino. Il resto del mondo non lo è, e la maggior parte è una giungla che potrebbe invadere il giardino». Quando l’alto rappresentante ha azzardato lo stesso discorso al Collegio d’Europa, accademici e politici gli si sono scatenati contro, per l’attitudine «coloniale e razzista».

La trappola del perdente

Anche se la cattiva reputazione dei «sovranisti» rimane in voga, ormai in Ue il discorso pubblico è dominato dai concetti di «sovranità» e di «autonomia strategica», sotto i quali si maschera di frequente l’interesse nazionale di alcuni, Francia per prima.

La geografa politica Luiza Bialasiewicz, che insegna Governance europea ad Amsterdam, spiega che «la parola “sovranità” presume il controllo dei territori e dei flussi, rappresenta insomma un tentativo di prendere controllo di un contesto fuori controllo». Rincorrere l’idea di “sovranità” significa – dice Bialasiewicz – «rifugiarsi dietro un’illusione di protezione e sicurezza».

Dietro le metafore del «giardino» ordinato, la nuova veste “sovrana” dell’eurocentrismo rivela in realtà tutta la fragilità dell’occidente. Che infatti è sempre più unito ma anche sempre più isolato.

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