«Aspettiamo primavera», dice l’Unione europea al summit con l’Unione africana. Il tema è ancora una volta l’accesso ai vaccini: da ottobre 2020 il Sudafrica chiede, con l’India e oltre un centinaio di paesi, di sospendere i brevetti. È passato molto tempo e Bruxelles ancora tiene in ostaggio quel piano. Nonostante i tentativi europei di spacchettare il fronte, al summit i paesi africani hanno mostrato una compattezza impensata fino a qualche settimana fa. Dopo un vertice teso, Ursula von der Leyen ha risolto così: «Riparliamone in primavera».

Il tempo diseguale

Ma il tempo non è una risorsa uguale per tutti. Oggi metà degli europei ha già fatto persino la terza dose, nei paesi ricchi tre persone su quattro hanno completato il ciclo vaccinale. Lo scenario cambia radicalmente nei paesi poveri: solo una persona su dieci ha avuto una dose; in sei su cento hanno completato il ciclo vaccinale, e il richiamo resta un’idea astratta. Solo lo 0,2 per cento vi ha avuto accesso. «Aspettare primavera» per sbloccare l’accesso ai vaccini non ha lo stesso peso per l’Ue e per l’Unione africana: il tasso di copertura vaccinale dei paesi più poveri di oggi è uguale a quello che i paesi più ricchi avevano a marzo del 2021.

Il grafico mostra la disuguaglianza di accesso alla somministrazione dei vaccini tra nord e sud del mondo. Dati Our World in Data Grafiche Filippo Teoldi

Strategia del rinvio

A ottobre 2020 India e Sudafrica hanno presentato all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) la loro prima proposta di sospensione dei brevetti. Il “Trips waiver”, la deroga all’accordo Trips che regola la proprietà intellettuale, prevede di sospendere alcune tutele che l’accordo garantisce su copyright, progettazione industriale, brevetti, segreti di produzione in virtù della pandemia. Ma per farlo serve il consenso dei membri, e l’Europa è tra i pochi che frenano. Quando in primavera gli Usa hanno aperto alla deroga per i vaccini, i nuovi equilibri hanno costretto Bruxelles al tavolo dei negoziati. India e Sudafrica hanno presentato una proposta aggiornata, per andare incontro all’apertura di Washington. Ma quando le trattative sono entrate nel vivo, l’Ue ha lanciato una propria proposta di «licenze obbligatorie». L’ostruzionismo europeo tiene fermo il piano da mesi. Per fine novembre 2021 era attesa una conferenza ministeriale della Wto con lo scopo di sbloccare la situazione.

Il paradosso Omicron

Ma quel vertice è stato rinviato, l’alibi era l’arrivo della variante Omicron. Joe Biden ha sottolineato il paradosso: «La notizia di questa nuova variante rende ancor più evidente che la pandemia non si risolve finché non sarà vaccinato tutto il mondo». Poi ha lanciato un appello: «Sostenere la deroga sui vaccini. Lo dico da aprile e muoversi è più urgente che mai». Eppure a tutt’oggi quella conferenza ministeriale non c’è stata. I promotori del waiver hanno chiesto che si tenesse in modalità ibrida, ma niente da fare: ora l’incontro è addirittura previsto per maggio. Continuano gli incontri su scala minore, la prossima settimana si terrà un «Consiglio Trips», ma per la svolta si aspetta ancora.

La posizione africana

Ieri il Sudafrica ha puntato i piedi. Il paese rappresenta un’avanguardia, sia come promotore del «waiver», che perché qui l’Oms ha inaugurato un polo di trasferimento tecnologico. In collaborazione con enti pubblici e privati africani, con Afrigen Biologics e Biovac Institute, è nato il primo vaccino concepito, sviluppato e prodotto nel continente africano. Ieri al summit è arrivato l’annuncio che da questo polo il trasferimento tecnologico arriverà anche a Kenya, Tunisia, Nigeria, Senegal, Egitto. Ma il successo sudafricano è osteggiato, sia da Moderna, che sta blindando il suo brevetto nonostante le promesse fatte in emergenza, sia da BioNTech, che tramite la fondazione Kenup ha cercato di bloccare il progetto. BioNTech e Kenup contano sul sostegno di von der Leyen.

Ieri il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha pronunciato parole dure: «La piena operatività del polo è ostacolata dalle barriere della proprietà intellettuale. I governi che parlano di accesso ai vaccini, se sono seri, devono assicurare che approveranno il waiver». Non bastano le donazioni: «Il punto è emanciparci». I paesi africani fanno blocco su questo.

L’ambiguità europea

A quel punto l’Ue ha rinviato ancora: von der Leyen vuol far incontrare tra qualche mese una commissione africana e una europea, per negoziare sul tema. Peccato che i negoziati siano già in stadio avanzato alla Wto, è l’Ue a tenerli in ostaggio.

Neppure il cambio di governo in Germania sblocca le cose. La parlamentare verde tedesca Deborah Düring spiega che «noi verdi abbiamo fatto pressione ma stare in coalizione richiede compromessi. Sono la prima a pensare che le iniziative volontarie di Big Pharma non bastino: il waiver andrebbe fatto». Draghi al summit non è neppure andato: ha delegato Macron. Quanto alla Francia, «dagli incontri che abbiamo fatto con l’Eliseo ci è apparso chiaro da subito, anche quando Macron a giugno ha aperto al waiver, che non si stava davvero battendo», racconta Sandra Lhote-Fernandes di Oxfam France. «Poi un paio di settimane fa all’incontro con l’Eliseo ci è stato detto che al summit sarebbe stato presentato un progetto di licenza globale. Ma in realtà era un rebranding delle licenze obbligatorie». Quella vecchia soluzione sotto nuovo nome si è scontrata ieri con un blocco africano compatto sulla deroga. A quel punto non è rimasto che un escamotage: «Parliamone in primavera».

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