Con poche parole ma estremamente esaustive Christian Lagarde mette, forse definitivamente, una pietra tombale sopra la proposta di David Sassoli di cancellare i debiti contratti dai Paesi europei per affrontare l'emergenza coronavirus.

La proposta, o meglio l'idea, l'aveva fornita il presidente del Parlamento europeo in un'intervista concessa pochi giorni fa a Repubblica, parlando di «un'ipotesi di lavoro interessante». Le sue parole hanno subito scatenato un ampio dibattito per un motivo molto semplice: la crisi sta determinando un boom dei debiti pubblici dei singoli Paesi e non solo di quelli con un maggior margine di manovra come la Germania.

Basti pensare alla Spagna o alla Grecia, che già deve affrontare il macigno di debito pubblico che ha portato Atene sotto la tanto temuta Troika composta da Commissione Europea, Bce e Fmi. E soprattutto all'Italia, da anni ormai osservato speciale dai mercati per la sostenibilità del debito.

I numeri parlano chiaro: nella nota di aggiornamento al Def, il Governo Conte ha inserito per il 2020 ben 194 miliardi di euro di debito in più rispetto al 2019. Un salto che, combinato con il crollo del prodotto interno lordo di quasi l'11 per cento, determinerà un rapporto debito/Pil di circa il 162 per cento e un deficit/Pil del 13 per cento, numeri molto lontani dai limiti imposti dai trattati e destinati a pesare, come da molti paventato, sulle generazioni future.

Ciononostante il famigerato spread continua ad aggiornare i suoi record grazie proprio alla Bce e al suo programma di acquisto di titoli di Stato. Tuttavia, per i prossimi anni, l'intervento della Bce o le risorse del Recovery Fund rischiano di non essere sufficienti a placare gli animi di mercati sempre pronti a trovare un anello debole da attaccare. Ne è un esempio quanto successo nel 2011 con lo spread a livelli tali da determinare la caduta del Governo Berlusconi e l'arrivo dell'esecutivo tecnico di Mario Monti.

Anche per questo si è guardato con interesse all'idea avanzata da Sassoli. La cancellazione, che tra l'altro non è un'ipotesi nuova essendo argomento spesso dibattuto e studiato ma rimasto sempre nell'ombra, alleggerirebbe il peso del debito sulle finanze pubbliche e ridurrebbe il rischio che l'Italia diventi una prossima Grecia.

Purtroppo non è un'ipotesi realizzabile e dalla Bce sono stati chiari. Due giorni fa ci ha pensato il vicepresidente Luis de Guindos: «Da un punto di vista giuridico credo che non ci siano le basi giuridiche per prevedere una cancellazione dei debiti. A vietarlo», ha spiegato, «sono i trattati europei e in particolare l'Articolo 123 che vieta esplicitamente "la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della Banca Centrale Europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri". E la cancellazione del debito si tramuterebbe proprio in una facilitazione creditizia a favore dell'Italia o di qualsiasi altro Paese».

De Guindos è stato dunque chiaro e ancor di più lo è stata Lagarde dall'alto del suo ruolo di presidente dell'Eurotower. «Seguo con molta attenzione il dibattito, ma devo dire che qualunque cancellazione dei debiti violerebbe i trattati costitutivi dell'Unione Europea», ha sottolineato l'ex ministra francese scrivendo, così, la parola fine su un dibattito non del tutto peregrino.

Il messaggio principale di Sassoli era tuttavia incentrato sulla necessità di riformare l'impalcatura dell'Unione Europea, per evitare poteri di veto su determinate questioni cruciali nell'attuale contesto emergenziale.

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