La battaglia per conquistare il voto delle donne nelle più grandi elezioni al mondo è in corso. Analisti e osservatori delle elezioni generali indiane, attualmente in corso, raccontano che il futuro politico del paese è indissolubilmente legato al voto femminile.

L’India si trova infatti nel bel mezzo di un pachidermico esercizio elettorale, della durata sei settimane, che secondo le attese riconfermerà il primo ministro Narendra Modi. La questione è, piuttosto, in quale misura avverrà questa riconferma: Modi profetizza una maggioranza schiacciante, l’opposizione spera di reggere all’assalto. Chiave di queste manovre, suggeriscono i dati più recenti, è una maggiore mobilitazione politica femminile.

«C’è stato un notevole aumento dell’affluenza delle donne alle elezioni statali e nazionali in India, soprattutto a partire dal 2007-2008 circa», spiega Anirvan Chowdhury, Postdoctoral Fellow al Weatherhead Center for International Affairs dell’università di Harvard.

«L’aspetto interessante è che prima del 2009 le fluttuazioni nell’affluenza alle urne maschile e femminile erano correlate. Ma dalle elezioni generali del 2009 l’aumento dell’affluenza delle donne alle urne si è verificato nonostante un calo del voto degli uomini. Oggi, tra uomini e donne, in termini di affluenza non c’è più alcun divario».

Un contesto particolare 

Ma va considerato il contesto indiano, in cui le donne sono ancora fortemente influenzate dal nucleo familiare: nel suo The Patriarchal Political Order, uscito lo scorso anno, Soledad Prillaman mostra che oltre il 70 per cento delle donne indiane è spinta a votare in linea con il voto familiare.

Eppure, secondo Rithika Kumar del Kellogg Institute for International Studies dell’Università di Notre Dame, che ha iniziato a studiare la possibilità per le donne indiane di esercitare una scelta di voto indipendente, le cose stanno cambiando: i dati rilevano che le donne nel paese più popoloso del mondo le donne sono progressivamente meno propense a dare ascolto ai consigli di famiglia, quando si recano alle urne.

Che si tratti di una crescita legata all’emancipazione? La storia ci ha mostrato che, mano che le donne ottengono l’accesso a una maggiore alfabetizzazione, all’autonomia finanziaria (grazie alla partecipazione alla forza lavoro) e ad una maggiore disponibilità di informazioni, il loro impegno politico tende a crescere. Ma mentre in India l’affluenza femminile è aumentata, la partecipazione alla forza lavoro è diminuita.

Il concetto di seva

Chowdhury parla piuttosto di un concetto attraverso il quale il Bjp è riuscito ad avere un impatto non solo sulle donne, ma sulle loro famiglie: quello di seva, o servizio disinteressato. In India, nota Chowdhury, le donne sopportano una quota sproporzionata del lavoro di cura, rendendo il seva un tratto identificato come femminile: basandosi su queste rappresentazioni morali, sin dall’ascesa di Modi nel 2014, il Bjp ha inquadrato il suo discorso politico intorno al principio del seva, facendo appello alla sensibilità morale degli elettori.

Non manca poi un approccio più materiale, ricorda il ricercatore: «C’è una corsa tra i partiti politici per ottenere il voto delle donne, e spesso cercano di farlo attraverso promesse elettorali o campagne basate su politiche di empowerment femminile». Nitish Kumar del partito locale Jdu, in Bihar, durante la sua campagna del 2016 promise alle donne che avrebbe bandito gli alcolici, cosa che ha fatto una volta eletto.

In Karnataka, il governo Congress alle ultime elezioni statali ha messo sul piatto gratuità sui bus pubblici e sostegni economici alle neolaureate disoccupate. In Orissa il forte partito locale del Biju Janata Dal promette in questi giorni il rafforzamento del progetto di microcedito statale, chiamato Shg.

Nel Bengala Occidentale, dove il governo statale è guidato dalla potente Mamata Banerjee dell’All India Trinamool Congress, è stato implementato un programma che offre biciclette alle donne e sono stati aumentati i compensi di base per le lavoratrici statali.

Le politiche di Modi

Ma è il Bjp di Modi ad aver fatto delle politiche a favore delle donne un segno distintivo della sua amministrazione, tra sussidi per le bombole di gas da cucina e l’accesso all’acqua corrente, passando per la costruzione di servizi igienici coperti nelle case dei villaggi e programmi mirati di inclusione finanziaria.

«Tuttavia, spesso questi programmi sono pensati secondo un approccio top-down, il che significa efficacia discutibile e sfide di attuazione», continua Chowdhury, il quale insieme alla collega Khushdeep Malhotra, nel 2018 ha pubblicato un lavoro dedicato alle politiche promosse in uno stato del centro India, dal titolo cristallino: «Le elettrici del Madhya Pradesh vogliono un lavoro, non assorbenti e bombole di gas»: «Chiaramente, è necessaria da parte dei partiti una maggiore attenzione ai contesti e alle preoccupazioni intersezionali».

Non a caso, la stragrande maggioranza di queste promesse si basa su un’idea delle donne come uniche responsabili delle attività domestiche e del lavoro di cura.

Nella “cintura hindi”

I festeggiamenti di Chhath Puja a Noida, Uttar Pradesh (foto EPA)

Cresce quindi il voto femminile in tutta l’India, ma in particolare nella cosiddetta “cintura hindi” costituita dai nove stati indiani la cui lingua ufficiale è l’hindi standard, ufficiosamente considerati i più tradizionalisti e nazionalisti, che si estendono dall’Haryana al popoloso Uttar Pradesh, fino territorio della capitale nazionale di Delhi.

Questa ondata non è passata inosservata, ma nonostante gli sforzi generali, non tutti i partiti hanno avuto successo nel cavalcarla: secondo Chowdhury, il Bjp ci è riuscito abbandonando la sua immagine tradizionale, legata al nazionalismo hinduista Hindustva nella sua forma muscolare e maschile.

Non a caso il partito ha mostrato un notevole vantaggio di genere nel corso delle ultime elezioni statali in Madhya Pradesh e Uttar Pradesh, rispetto all’opposizione. Un altro aspetto sorprendente, continua, riguarda il voto di casta: l’opinione comune vuole che la casta determini il modo in cui i soggetti che le appartengono votano.

Ad esempio, si riteneva un tempo che i dalit, un tempo detti intoccabili, fossero un fedele bacino di voto per il Bahujan Samaj Party, attualmente guidato da Mayawati, ex prima ministra dalit dello stato dell’Uttar Pradesh.

Eppure, la bandiera color zafferano del Bjp si fa sempre più presente nelle roccaforti dello stato, così pure nell’Uttar Pradesh occidentale, bastione del Samajwadi Party di Akhilesh Yadav (cognome riconducibile ad una casta bassa locale), altro ex primo ministro dello stato più popoloso ed elettoralmente cruciale d’India: grande quasi quanto il Regno Unito, ha più residenti del Brasile.

«Quel che è interessante è che il Bjp ora ha un vantaggio di genere rispetto all’Sp in tutti i gruppi, ad eccezione degli Yadav dei musulmani. Un vantaggio particolarmente evidente tra le “caste oscillanti”, più piccole ma significative, che non costituiscono la base né dell’Sp né del Bjp».

È qui, spiega Chowdhury, che il Bjp guadagna terreno. «Il vantaggio sistematico del Bjp in quasi tutti i gruppi, suggerisce che il suo appeal è ampio e trasversale. Il che mi porta a supporre che il Bjp possa aver riscontrato un certo successo nel contrastare la mobilitazione basata sulle caste attraverso la mobilitazione basata sul genere».

Poche candidate

EPA

Nonostante la crescente partecipazione, il numero di candidate schierate dai principali partiti alle elezioni di quest’anno rimane basso: nel 2019 costituivano meno di un decimo del totale dei candidati. Lo scorso autunno il parlamento indiano ha approvato, a partire dalle prossime elezioni generali del 2029, una quota del 33 per cento dei seggi riservata alle donne.

Una volta che ciò accadrà, avremo ovviamente più rappresentanza, ci saranno più donne in parlamento ma dobbiamo sperare che ci sia una maggiore diversificazione, sia in termini di casta sia di classe, affinché che le donne che si sono fatte strada da zero non siano schiacciate da un soffitto di vetro.

Anche perché, spiega, il disegno di legge prevede un difetto di progettazione che «solleva la possibilità che la riserva femminile possa essere un veicolo per preservare il dominio delle caste superiori».

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