Ostaggi esibite su un palco a Gaza City e consegnate con tanto di gadget. Hamas e Israelesi accusano di violare i termini della tregua. Netanyahu vieta ai gazawi di tornare nelle loro case nel Nord della Striscia
Il secondo scambio di prigionieri tra Hamas e Israele è andato a buon fine. Anche questa volta, l’organizzazione palestinese ha architettato il suo piano mediatico per apparire forte, in salute e dimostrare al mondo intero che l’eliminazione del gruppo da parte dell’esercito israeliano è stato un obiettivo tutt’altro che raggiunto.
Secondo fonti del Congresso americano che hanno familiarità con i dati dell’intelligence dal 7 ottobre 2023 Hamas ha reclutato dai 10 ai 15mila giovani tra le sue file. C’è chi però dietro l’esibizionismo dei miliziani vede la disperazione di voler veicolare un messaggio tutt’altro che veritiero.
Indipendentemente da chi ha ragione o meno, ciò che conta è che per il momento la tregua a Gaza regge anche se con accuse reciproche di violazioni commesse durante la settimana.
Le soldate
Questa volta il bottino restituito dall’organizzazione palestinese sono state le quattro soldate: Karina Ariev, Daniella Gilboa, Naama Levy e Liri Albag. Prima del rilascio sono state trasportate a bordo di cinque suv arrivate nel centro di Gaza City dove è stato allestito un palco per l’occasione. Ai loro piedi una folla gremita di persone e un centinaio di miliziani di Hamas incappucciati e armati fino ai denti.
Una volta sul palco le quattro soldate, vestite con tute simili a quelle militari, hanno salutato e gioito del loro rilascio prima di entrare nelle jeep della Croce Rossa internazionale ed essere riportate nelle mani dell’Idf.
Nel palco dietro di loro i miliziani hanno esibito un enorme striscione con scritte eloquenti: «Palestina: la vittoria del popolo oppresso contro il sionismo nazista». E poi ancora una scritta in ebraico: «Il sionismo non vincerà». Alle soldate Hamas ha consegnato un modulo di rilascio dei prigionieri, un certificato incorniciato e un portachiavi con la bandiera palestinese.
Una mossa mediatica organizzata nei minimi dettagli mentre da Tel Aviv nei maxi schermi, i cittadini israeliani non potevano far altro che stare a guardare. Poco importa, ciò che conta è la liberazione delle quattro soldate. «È un momento molto felice che abbiamo atteso per molto tempo», ha detto il premier Benjamin Netanyahu incontrando i genitori di Liri Albag. Con loro il numero degli ostaggi liberati da quando la tregua è entrata in vigore domenica 19 gennaio sale a sette. Saranno in totale 33 quelli liberati entro la fine della prima fase che durerà 42 giorni.
Proprio come accaduto settimana scorsa, il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è intestato lo scambio come un suo successo: «Oggi il mondo festeggia che il presidente Trump abbia assicurato il rilascio di altri quattro ostaggi israeliani, per troppo tempo trattenuti contro la loro volontà da Hamas in condizioni orribili», si legge in una nota della Casa Bianca.
I prigionieri palestinesi
Mentre tutto il mondo assisteva al loro rilascio, l’esercito israeliano stava organizzando la liberazione di circa 200 detenuti palestinesi. Settanta di loro andranno in esilio, non potranno mettere piede a Gaza o in Cisgiordania perché accusati di reati gravi e condannati a pene severe, alcuni di loro anche all’ergastolo. Sono i termini dell’accordo firmato tra le parti. Per il momento sono stati rilasciati in Egitto. Ma anche qui, poco importa, in Cisgiordania e a Gaza si è festeggiata la liberazione di tutti quanti.
Appena scesi dal bus a Ramallah alcuni di loro sono stati portati in spalla tra la folla che li attendeva. In sordina, altri prigionieri legati al conflitto sono stati liberati dagli Houthi in Yemen. La Croce Rossa ha annunciato che i ribelli sciiti sostenuti dall’Iran hanno liberato 153 persone rapite nei mesi scorsi durante le loro operazioni militari nel Mar Rosso a sostegno di Hamas e contro le navi commerciali diretti nei porti israeliani.
Accuse
In mattinata il governo israeliano ha accusato Hamas di violare l’accordo perché non ha liberato Arbel Yehud probabilmente una delle ultime prigioniere civili rimaste vive.
I miliziani, invece, hanno risposto confermando che sarà liberata settimana prossima e ha accusato lo stato ebraico di violare i termini della tregua. L’Idf non si è ancora ritirata dal Corriodoio di Netzarim e non ha consentito ai gazawi di fare ritorno nel nord della Striscia. Netanyahu ha detto che questo non accadrà finché Yehud non sarà liberata.
Proprio nel corridoio Netzarim i soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro un gruppo di palestinesi che si stavano avvicinando all’area. Il bilancio: un morto e decine di feriti.
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