Un carro armato israeliano ha ucciso due palestinesi a ovest di Rafah, a sud della Striscia di Gaza. L’attivista Hammoudi Hurreini: «Dopo l’accordo di tregua a Gaza, tutta la violenza si è concentrata qui»
La violenza continua a crescere in Cisgiordania e comincia la grande fuga da Jenin. Tutto questo in uno scenario che somiglia sempre più a uno spostamento del fronte dopo il cessate il fuoco entrato in vigore domenica scorsa a Gaza. Dall’inizio dell’anno sono stati istituiti nei territori palestinesi occupati in Cisgiordania 898 nuovi check point, mentre sono state posizionate 18 nuove barriere di metallo si strade palestinesi.
A Jenin e nel resto della Cisgiordania prosegue l’operazione “Muro di ferro” il cui obiettivo dichiarato ma evidentemente generico sarebbe quello di «sradicare il terrorismo». Centinaia di persone sono fuggite dal campo profughi di Jenin «dopo che l'esercito israeliano, utilizzando altoparlanti su droni e veicoli militari, ha ordinato loro di evacuare il campo». Lo riferisce il governatore della città, Kamal Abu al-Rub, aggiungendo che «non sapevano di alcun ordine di evacuazione per i residenti di Jenin».
Ancora morti
Sempre oggi sono state uccise due persone a Jenin, che secondo le dichiarazioni dell’esercito israeliano erano ricercati in quanto affiliati della Palestinian Islamic Jihad. Non solo. Un carro armato israeliano ha ucciso due palestinesi a ovest di Rafah, a sud della Striscia di Gaza. A quanto pare si tratterebbe dello stesso episodio attribuito in precedenza a un attacco di artiglieria.
Questo mentre a sud della Cisgiordania si registra un aumento delle aggressioni da parte dei coloni, ora al riparo anche dalle sanzioni statunitensi dopo l’ordine esecutivo firmato il primo giorno della presidenza Trump. In particolare, si segnalano attacchi nei villaggi in zona C. Sia da parte dei coloni, spesso protetti dalla presenza delle forze di occupazione, che dall’esercito stesso. Nel villaggio di Tuwani, dove è attivo dagli anni 90 il movimento di resistenza nonviolenta Youth of Sumud, l’esercito ha effettuato un raid entrando nelle case di diversi residenti.
Una spirale di violenza in continua crescita, a seguito di una situazione già drasticamente deteriorata dopo il 7 ottobre. Dall’inizio dell’invasione di Gaza anche qui sono stati uccisi più di 800 palestinesi. Un’emergenza estrema a cui la popolazione locale è paradossalmente abituata. «I coloni in questa zona commettono continuamente crimini di guerra e violazioni dei diritti umani», commenta Hammoudi Hurreini, attivista di Youth of Sumud. «Succedeva anche prima del 7 ottobre e non smetteranno ora. La differenza è che adesso, dopo il cessate il fuoco a Gaza, la violenza dell’occupazione è concentrata solo qui in Cisgiordania». Mentre parla, sta seduto nel soggiorno della casa della sua famiglia ad At-Tuwani. Fuori dalla porta passano le camionette dell’esercito, mentre in cucina si inizia a preparare la cena.
Città come ghetti
E ancora. «Con il coprifuoco imposto di fatto di questi giorni in tutta la Cisgiordania, le città che si trovano in zona A secondo gli accordi di Oslo sono di fatto diventate prigioni a cielo aperto, dei ghetti, in modo simile rispetto a Gaza, ma anche questo è parte di un progetto che Israele ha da tempo: non si può uscire e non si più entrare senza un permesso dell’esercito, mentre in zona B e C viene data mano libera ai coloni perché compiano attacchi e occupino sempre più terra, per rendere la vita impossibile qui, in modo da spingere le persone in zona A, dove poi appunto vengono chiuse e infine evacuate», dice ancora Hurreini scandendo con attenzione le parole.
Continuano nel frattempo le demolizioni: «Ora stanno cercando di far passare una nuova legge che dovrebbe imporre ai palestinesi le cui case vengono abbattute di pagare tutti i costi delle demolizioni». Un’ulteriore violenza in cui la capacità di autosostentarsi e avere un’indipendenza economica è già resa quasi impossibile dagli attacchi continui ai campi e dalla limitazione di movimento.
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