Hafez Gaddour (ex ambasciatore in Italia), Salha al Darawqi e Faraj Khaleil erano pronti a giurare come ministri degli Esteri, dell’Educazione e dell’Istruzione tecnica nel nuovo governo presieduto da Fathi Bashaga scelto dal parlamento libico di Tobruk.

Un giuramento che per loro non è mai arrivato. Secondo lo stesso Bashaga, citato da fonti locali, i tre sono stati rapiti da un gruppo affiliato all’attuale premier Abdul Hamid Dbeibah, designato dalle Nazioni unite lo scorso febbraio come capo del governo di unità nazionale di Tripoli e che ha fallito nell’indire nuove nuove elezioni nel paese entro il 24 dicembre scorso, come invece previsto dal programma di transizione politica.

In un discorso di fronte alla Camera dei rappresentanti, Bashaga ha detto che Dbeibah, il quale non ha intenzione di cedere il suo mandato nonostante la sfiducia del parlamento votata lo scorso settembre, ha chiuso lo spazio aereo libico e rapito i ministri che da Misurata erano in viaggio verso Tobruk per impedire il giuramento. 

Il rapimento sarebbe avvenuto dopo un conflitto a fuoco intorno alle 7 della mattina di giovedì 3 marzo. Già a febbraio il premier Dbeibah era stato vittima di un attentato di cui è uscito illeso.

A 18 mesi dal cessate il fuoco raggiunto in Libia, riprendono le tensioni militari. Secondo Reuters gruppi armati affiliati all’attuale primo ministro e quelli che sostengono Bashaga si sono mobilitati a Tripoli, comprese forze legate a potenze straniere come Turchia e Russia.

Le accuse di Bashaga

Il nuovo premier scelto dal parlamento di Tobruk si è rivolto al procuratore generale al quale ha detto: «Abbiamo ricevuto informazioni che il precedente governo, il cui mandato è scaduto, si è approfittato dell'autorità, in quanto non esiste una legge per chiudere completamente lo spazio aereo libico: questa è una chiara violazione del diritto di movimento costituzionalmente garantito e un attacco alle autorità costituzionali e politiche, che impedisce loro di esercitare i propri doveri e di svolgere i propri compiti».

Una condotta che secondo Bashaga è punibile anche con la pena di morte per aver impedito al capo dello stato di esercitare i propri poteri.

La Libia rischia di sprofondare di nuovo nel caos e avere due diversi centri di potere, come era accaduto già nel 2014, uno in Tripolitania e uno nella Cirenaica, con Fayez al Sarraj da una parte e il generale dell’esercito nazionale libico, Khalifa Haftar, dall’altra.

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