L’investigazione sulla presunta loggia segreta “Ungheria” si cui ha parlato l’avvocato Piero Amara prima ai magistrati di Milano e – più diffusamente – a quelli di Perugia è quasi conclusa. Il capo della procura umbra Raffaele Cantone, insieme alla pm Gemma Miliani e Mario Formisano, hanno lavorato per mesi per capire se la fantomatica associazione paramassonica fondata (secondo Amara) dall’ex capo del Dap Gianni Tinebra e composta da alti vertici della magistratura, delle forze dell’ordine e della politica esiste davvero, o è esistita in passato.

Le conclusioni dell’inchiesta si attendono a breve, ma a quanto risulta a Domani i riscontri capillari alle tante dichiarazioni fatte dall’ex legale dell’Eni avrebbero dato finora sempre esito negativo. Se Cantone dovesse chiedere presto l’archiviazione perché il fatto non sussiste o per insufficienza di prove (l’ipotesi di reato è violazione della legge Anselmi, principali indagati sono lo stesso Amara e il suo socio ed amico Giuseppe Calafiore, autodefinitesi «soldati» di “Ungheria”) è assai probabile che la storia non finisca del tutto: decine di personaggi pubblici tirati in ballo come presunti affiliati hanno già denunciato Amara per calunnia a Milano.

La procura meneghina, per esempio, ha già chiesto il rinvio a giudizio di Amara per «aver accusato infondatamente» il giudice Marco Mancinetti di induzione alla corruzione in merito alla vicenda della raccomandazione del figlio all’università di Tirana. Amara aveva detto che aveva saputo che Mancinetti aveva offerto 8mila euro ai rettori di Tor Vergata per una spintarella, una circostanza mai riscontrata da chi ha indagato. Unica colpa dell’ex ras della corrente Unicost, secondo Cantone che ha archiviato la sua posizione, è stata quella di aver chiesto all’ex amico Luca Palamara un «interessamento fattivo» per il rampollo. Fatto eticamente discutibile ma che non prevede, per i pm, conseguenze penali.

«Ungheria esiste»

In attesa di ulteriori sviluppi da Perugia, però, Domani è in grado di raccontare come - oltre ad Amara e Calafiore – altre tre persone hanno dichiarato sia ai magistrati milanesi sia a quelli umbri di essere stati a conoscenza dell’esistenza della loggia “Ungheria”.

Si tratta, in primis, di Maurizio Musco, ex pm di Siracusa destituito dalla magistratura per non essersi astenuto da un’udienza il cui imputato era assistito da Amara, con cui Musco aveva al tempo un rapporto di amicizia. L’ex magistrato, condannato in via definitiva per abuso d’ufficio, una volta scoppiato lo scandalo della loggia ha chiesto udienza a Cantone attraverso un lungo esposto. Oltre ad accuse contro l’ex ministro della Giustizia Paola Severino (subito archiviate), Musco ha fatto un cenno ad “Ungheria”. «Ai primi di luglio 2011 Tinebra mi invitò a partecipare a un viaggio a Lampedusa» si legge nella denuncia. «Una sera, al rientro da un’escursione a mare, Tinebra mi parlò di un’associazione chiamata “Ungheria” - invitandomi a farne parte – la cui attività, mi diceva, era finalizzata a perseguire e diffondere i principi e le idee del liberismo e del garantismo. Mi disse che ne facevano parte, oltre a lui, alcuni componenti dell’Opco (l’Osservatorio permanete sulla criminalità organizzata, animata a Palermo dallo stesso Tinebra, ndr) unitamente a personaggi delle istituzioni, imprenditori e politici...avendo capito la natura ambigua di tale associazione, io declinai l’invito troncando la discussione. In quel momento nella mia mente feci anche un collegamento con il fatto che il professor Morris Ghezzi, noto massone del Grande Oriente d’Italia, fosse componente del comitato scientifico dell’Opco e in strettissimi rapporti con Tinebra».

Musco scrive a Cantone che lui, della proposta avuta da Tinebra di entrare in “Ungheria”, non ha mai parlato a nessuno, «nemmeno ad Amara. Né terze persone mi hanno mai fatto riferimento a tale associazione».

Vecchi segreti

Esiste un altro documento finora segreto in cui un altro testimone ammette di essere stato a conoscenza di “Ungheria”. Si tratta dell’interrogatorio di Dauno Trebastoni, un giudice del Tar di Catania, sentito il 2 luglio del 2020 da Paolo Storari. Cioè il magistrato che ha raccolto le prime dichiarazioni di Amara sulla presunta loggia massonica, e che in seguito è stato indagato (ma poi archiviato) per rivelazione di segreto istruttorio per aver consegnato a Piercamillo Davigo alcuni verbali del faccendiere.

Sentito al telefono Trebastoni, che in questi mesi si sta difendendo da una grave accusa di corruzione in atti giudiziari per tutt’altre vicende in un processo a Catania, dice: «Il mio verbale fu segretato, ma essendo passati quasi due anni posso parlarne con lei. Confermo che io fui convocato a Milano da Storari, credendo di dover parlare di alcune questioni che riguardavano le aziende di Silvio Berlusconi e alcune pressioni che ebbi da alcuni miei colleghi del Tar che ho poi denunciato. Con mio stupore Storari mi chiese improvvisamente se avessi mai fatto parte di una loggia. Io gli dissi di no, ma aggiunsi che una quindicina di anni fa Gianni Tinebra, quando io ero nel consiglio scientifico dell’Opco, mi propose di diventare membro di un’associazione segreta. Storari mi chiese se ne conoscessi il nome, io non ricordavo bene. Mi pareva si chiamasse “Bulgaria”, o più probabilmente “Ungheria”. Dissi poi che Tinebra mi chiarì che era un’associazione in cui i membri si aiutavano a vicenda, dentro cui c’erano esponenti importanti della magistratura e della politica. A parte quello di Amara e di un magistrato siciliano, non mi fece alcun altro nome. Io fiutai i rischi della cosa, e declinai l’invito».

Trebastoni ammette pure che Storari, sospettoso, gli domandò se fosse stato proprio il legale siciliano a suggerirgli di rilasciare quelle dichiarazioni su Tinebra e “Ungheria”, in modo da avvalorare la testimonianza dello stesso Amara. «Gli dissi di non permettersi mai più di fare allusioni di quel tipo. Io non avevo parlato di quella proposta fattami da Tinebra con nessuno, nemmeno con mia moglie. E nemmeno con Amara. E se Piero – di cui non sono così amico come qualcuno pensa – dice che io e lui abbiamo parlato di “Ungheria”, mente».

Il giudice non è mai stato sentito da Cantone. «Gli direi le stesse cose. Io dico la verità, non ho nulla da temere». Il problema è che Tinebra è morto, e nessuno può chiedere ai defunti se quanto detto da Musco e Trebastoni sia vero o no. Entrambi, comunque, sono considerati dai pm vicinissimi ad Amara, «e dunque le loro affermazioni – spiega una fonte vicino all'inchiesta - vanno prese con le pinze».

Il mistero del “priore”

Infine, c’è un terzo uomo che ha dichiarato – stavolta davanti a Cantone in persona - di aver sentito parlare di “Ungheria” prima che la fantasmagorica loggia finisse sui giornali. Si tratta del lobbista Fabrizio Centofanti, anche lui ex socio di Amara.

Centofanti è considerato attendibile e «genuino» dai pm perugini in merito ad altri filoni di inchiesta. In particolare, sono state riscontrate quasi le sue dichiarazioni su Luca Palamara, accusato dai magistrati umbri di essersi fatto corrompere da Centofanti attraverso il pagamento di viaggi e cene. L’ex pm che sognava di conquistare la procura di Roma è a processo da qualche mese, mentre l'imprenditore ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi.

Davanti Cantone e alla Miliani che gli domandano se lui avesse mai saputo che «Amara e Tinebra facessero parte di un’associazione», Centofanti risponde secco: «Ricordo che Amara effettivamente mi chiese di far parte di un’associazione che io intesi potesse essere in qualche segreta. Ricordo che io ironicamente rispondevo che facevo parte della “loggia di Artena” (luogo di nascita del lobbista, ndr) rifiutando la proposta che mi venne fatta in due o tre occasioni, ma esclusivamente da Amara. Ritengo che l’associazione si chiamasse “Ungheria”. Io effettivamente ho sentito che Amara faceva riferimento a Tinebra come “il grande capo”, o a Sergio Pasquantonio come “il priore”, ma ho sempre ritenuto si trattasse di uno scherzo».

Se nello scandalo della loggia il nome dell’ex numero uno del Dap è tornato spesso, quello di Pasquantonio è inedito. Ma chi è Pasquantonio? Un professionista ottantenne quasi sconosciuto alle cronache, nato a Sulmona nel 1941, presidente dell’Università telematica San Raffaele che fa consulenze nel campo della sanità. Amara, però, lo cita in una parte di un verbale del 16 dicembre 2019: quando Storari e la pm Laura Pedio gli chiedono se «l’associazione Ungheria ha dei luoghi di ritrovo e segue un calendario di incontri», l’avvocato risponde: «L’associazione non ha una sede fissa. So per averlo saputo dai diretti interessati che con una cadenza mensile i vertici – o come li chiamiamo noi “i vecchi” - si riuniscono presso uno studio nella disponibilità di Michele Vietti (che a Domani ha già negato di conoscere Amara e di non afer mai sentito parlare della loggia Ungheria, ndr). Altra sede per le riunioni dei vecchi è la casa di Sergio Pasquantonio, associato fin dai tempi di Tinebra, massone, imprenditore/lobbista nel campo della sanità e delle banche».

Abbiamo contattato Pasquantonio, che cade dal pero: «Io “priore” di una loggia? Le dico solo che se è vero che conosco Vietti, non ho mai visto Amara in vita mia, non sono mai stato massone, e di Ungheria ho letto solo dai giornali. Se ero sindaco in una società di Centofanti, la Energie Nuove? Si ma di fatto me sono andato via subito dopo la nomina, prima ancora che lui fosse arrestato. Se Amara ha detto quello che lei mi riferisce, lo denuncerò per calunnia».

 

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