«Restate al sicuro – e vi prego, prendetela seriamente». Karen Bass, che è la prima sindaca donna mai eletta a Los Angeles, e che all’epoca ha battuto un immobiliarista miliardario, è alle prese oggi con un’altra prima volta, e con ben altro avversario. Fino a lunedì l’uragano Hilary sconquasserà la California. I pericoli – come riportano i bollettini locali – sono senza precedenti.

«Non siamo avvezzi alla preparazione degli uragani»: lo riconosce la sindaca stessa. «Ma è un altro esempio di cambiamento climatico. Quindi dobbiamo essere preparati per eventi climatici a cui non siamo abituati».

L’America non ha ancora finito di fare i conti con i morti delle Hawaii, la politica non ha ancora chiarito tutti i punti controversi di quegli incendi. E l’impatto sul presidente – e candidato 2024 – Joe Biden è ancora tutto da perimetrare. Ma né il cambiamento climatico né gli eventi meteorologici estremi aspettano. Così, nelle stesse ore in cui la popolazione di Maui versava lacrime ai funerali, i californiani appoggiavano grandi sacchi di sabbia davanti agli ingressi di negozi e abitazioni.

Dinamica di un uragano

Nell’alba americana – il nostro pomeriggio – di sabato, il National Hurricane Center diramava quest’avviso: «Probabili inondazioni catastrofiche e potenzialmente letali sulla Baja California (in Messico, ndr) e sugli Stati Uniti occidentali fino a lunedì».

Assieme all’esortazione a prepararsi alle condizioni meteo estreme, c’è l’indicazione della dinamica di Hilary: «Ci attendiamo la presenza dell’uragano lungo la costa centroccidentale della penisola di Baja California sabato notte e domenica mattina. Sempre domenica, sono previste tempeste tropicali nel sud della California».

E giù di descrizioni degli andamenti dei venti, e di onde lunghe destinate a restare «nei prossimi giorni» con buona pace dei surfisti – «sono potenzialmente letali» – e dei nostri immaginari, abituati a evocare ben altri tipi di estati californiane.

La «frustata»

Le zone desertiche potrebbero ricevere – nel weekend di Hilary e delle sue tempeste tropicali – una quantità d’acqua pari a quella che di solito ricevono nell’arco di un intero anno. Altrettanto varrà in generale per l’area che va dalla costa californiana al sud del Nevada.

Mentre la California è conosciuta per gli incendi e per la siccità, dovuti alle temperature elevate, non se ne sente parlare per gli uragani, tanto che è di uso comune ritenere Hilary un uragano senza precedenti, proprio per l’eccezionalità della cosa. In realtà i più anziani ricordano che un uragano terribile e letale ha già colpito questo stato, più di ottantant’anni fa.

Era chiamato el Cordonazo, e fu soprannominato «la frustata di San Francisco» proprio per la violenza con la quale ha sferzato la zona nel 1939. La prima pagina del Los Angeles Times del 23 settembre di quell’anno porta stampato questo titolo: «La burrasca spazza via la costa – 29 per ora i morti». Poi si è arrivati a contarne una quarantina; le immagini dell’epoca mostrano case distrutte e allagamenti.

Le cicatrici del clima

Mentre Karen Bass prepara gli abitanti di Los Angeles, li invita a stare al sicuro e diffonde i contatti di emergenza, prevedendo anche black out, intanto l’intera California – governata dal democratico Gavin Newsom – fa i conti con Hilary.

E dalla guida diramata a livello statale emerge chiaramente come l’uragano di questi giorni si sommi pericolosamente con altri eventi estremi: gli incendi e l’uragano non si limitano ad alternarsi; gli effetti degli uni moltiplicano gli effetti dell’altro.

L’ufficio Emergenze del governatore della California lo spiega puntualmente: «Negli anni successivi a un incendio, aree lasciate carbonizzate dalle fiamme e prive di vegetazione possono rendere il terreno non permeabile; sono necessarie molte meno precipitazioni per produrre un'alluvione improvvisa. Il potenziale di frane e colate detritiche aumenta». Perciò le località prossime ai luoghi dove ci sono stati incendi sono «altamente vulnerabili».

Una questione politica

Le «burn scars» sono una sorta di cicatrici del clima.

Va detto che Gavin Newsom, il governatore dem della California, ha fatto del tema un punto chiave della sua azione (e comunicazione) politica. Blanca Begert, che è la reporter di Politico dedicata proprio a clima e California, è arrivata a ironizzare che Washington non può fare diplomazia climatica, visto che la fa già Newsom, un «mediatore di potere».

Il suo ruolo cresce parallelamente alle difficoltà di manovra di Washington nei confronti della Cina: «Il ruolo della California come governo ombra de facto sulla diplomazia climatica diventa più importante man mano che le tensioni geopolitiche aumentano e il Congresso rimane lacerato sul ruolo della Cina nella transizione verde», secondo la ricostruzione che ne fa Begert.

Resta da capire se quest’immagine resisterà all’uragano, e come resisterà la California, soprattutto.

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